Un inizio soft non puó iniziare da Delhi

Atterriamo a Delhi avvolte dalla nebbia: tutto sto giro, per ritrovarci ancora in Val Padana? Ma il caos che abbiamo attorno non è quello della Val Padana. Welcome to India! Abbiamo chiesto il servizio di pick up all'albergo: infatti ecco un ragazzo con "HotelGrandParkInn – Miss Randagia and Socia". Mentre lo seguiamo verso la macchina, mille ragazzetti si aggrappano ai nostri zaini (già, zaini meravigliosamente non smarriti a sto giro). Pretendono di aiutarci, quando di aiuto non ce n'è bisogno. Vengono non troppo gentilmente scostati dal nostro Ambrogio locale. Con l'esperienza in loco, scopriremo che un Ambrogio che ti scosta gli scocciatori è affidabile, uno che li lascia fare no. O almeno credo. Incastrare i nostri zainoni su una bella Tata Indica non è operazione da poco: ce la si fa, sempre. Everything is possible, you're in India. L'hotel è carino, in Karol Bagh. Zona che tanto carina non sembra. Sono senza soldi perché faccio sempre così. Un viaggio inizia da un ATM, sempre. Un po' sbattute dal fuso azzardiamo una doccia e poi fuori. Madan Pai, il gentilissimo titolare dell'hotel, ci dà un paio di indicazioni, tra cui l'ATM appunto, giusto dall'altro lato della strada. La socia attraversa senza ritegno sfidando auto-rickshaw, macchine, moto e mucche. Io sono ancora un po' sul titubante, ma ci riesco, con un notevole distacco. Ecco l'ATM, occupato. Attendo il mio turno ed entro: i miei occhi incontrano quelli di una doppietta. Ah sì, qui il bancomat non me lo clonano facile. Non so se ho più paura a prelevare a porta palazzo di notte quando non c'è nessuno, o qui che c'è un (forse) ufficiale armato a guardarmi mentre metto il PIN. L'uomo armato sorride, io molto meno. Sarà interessante questa città. Tutti ci avevano avvisati: usate la cartina e le vostre forze, non date retta ai locali, non ascoltate nessuno. Che è come chiedermi di volare. Già in Messico l'anno scorso la Lonely diceva di stare alla larga dai locali che attaccano bottone, con gran disperazione della mia socia dell'epoca che mi tuonava: "Come faccio a stare attenta ai locali che attaccano bottone, se sei tu che attacchi bottone per prima con i locali! A te devo stare attenta!". Un difetto che ancora non ho perso, né mi sto impegnando troppo a perdere, ma magari prima o poi.. Per primo ci affianca Kumar, un bel giovine dall'aria pulita, forse solo l'aria. Kumar ci aiuta ad attraversare la strada: detto così fa molto vecchietta e boy scout, ma attraversare la strada a Delhi è un'avventura. Kumar dice di studiare inglese e andare a ballare tutte le sere. Non ci chiede soldi, chiacchiera e basta. Però non ci porta al Tourist Info dove volevamo andare, ma ad un'agenzia viaggi, come voleva lui: e sai qual è la novità? Che ci sentiamo perse, e non è solo una sensazione, è un dato di fatto. Siamo perse. Credevamo di essere a Connaught Place, siamo a Golden Market, che ancora ora non so dove sia esattamente. La socia ha più testa di me, manda a stendere Kumar, mi obbliga a guardare una cartina e riportarmi a un punto noto. Fosse facile. Un autista di rickshaw che ci ha seguite da un pezzo continua a ulrarci di andare da lui che per solo 10 rupie ci porta dove vogliamo. Ma invece di portarmici, non mi puoi dire dove cavolo siamo su questa cartina? Perché no? A Delhi c'è la metro, gran salvezza del turista medio: nelle stazioni della metro c'è sempre una cartina con il pallino rosso. YouAreHere. Eccola, la cartina: il turista medio è salvo, o almeno crede. Rimiri la cartina per qualche secondo, per capire come sei girata. Tempo scaduto: ti si accosta uno che decide che ti sarà d'aiuto: ti dice dove pagare i biglietti, quanto pagarli, a che fermata scendere e magari anche con che piede. Se sosti un attimo a guardare la piantina a muro per cercare di farla tua, lui ti si affianca e in silenzio aspetta. Ha deciso che in quella tratta lui sarà il tuo angelo custode, inutile dirgli che ne hai già uno che sta facendo il suo sacrosanto dovere da 35 anni: lui non se ne andrà. Inutile che provi a liberartene, sorridi a lui e alla vita e tienitelo fino alla prossima fermata, magari spera che abbia un'urgenza, magari un'operazione a cuore aperto, così ad un certo momento si staccherà. Non contarci però. Speraci ma non contarci. Certo, per entrare in metro si passa dal metal detector: farai l'abitudine tanto a lui quanto all''angelo custode intercambiabile: ti sembrerà di essere in un paese in guerra, invece sei solo in un paese che straripa. Straripa di gente, di fregature e di emozioni: auguri a gestirtele!
Certo, arriviamo al Tourist Info al numero 8 di JanPath: "senza chiedere info", come mi ero appuntata sul quadernino. Peccato che l'utilità del posto sia stata nulla: se sei a Delhi e non sai come spostarti, puoi andarci, ti trovano una macchina in un attimo e sei servito, ti pianificano tutto. Se invece sei a Delhi, sai che vuoi spostarti in treno, ma ti serve qualche consiglio su tourist quota e waiting list, lascia stare, non te ne sapranno dare. Però hanno una bella toilette pulita.
Lasciamo perdere, proviamo a goderci questa città. Andiamo a Chandi Chowk: il cuore della città vecchia. Gente, gente, gente, divertente. Arriviamo miracolosamente alla Jami Majid, la moschea. E addio scarpe: vedi di abituarti, che ogni scusa è buona per togliersi le scarpe in questo paese. Lascio le mie Rebook da interrail all'ingresso, confidando di ritrovarle: il fatto che siano le mie scarpe da vacanza da 13 anni a questa parte riduce alla grande le probabilità che qualcuno osi portarmele via. Alla moschea incontriamo Ale e Paola: con loro e il loro driver turbantato, andiamo al mercato delle spezie. Qui mi si apre un mondo: Ale sgancia un biglietto da 100 al primo vecchietto che incontra, chiedendogli di portarci sul tetto. Sali su scale strette e buie, su cui si affacciano alloggi senza porte. L'odore del curry ti è entrato nel naso, misto allo smog. I tetti qui sono terrazze, terrazze popolate da ragazzini che giocano con gli aquiloni. Aquiloni: colore e libertà. Giocano, proprio come nel libro. Ragazzini corrono con mosse decise e precise, macchie di colore si muovono nel cielo grigio della città piena di smog. Respiri smog e libertà. Non scenderesti più da quel tetto, staresti ore a guardare gli aquiloni in cielo. Non lo sai ancora, ma questa è la cosa che più ti affascina dell'India: gli aquiloni in cielo. Minchia, sarai mica diventata romantica ora? No no, solo un po' rintronata dal fuso. Scendiamo dal tetto e le spezie ci tolgono il fiato. Quattro ebeti tossiscono sorridendo: siamo noi, inebetiti da smog e spezie. No, non ce le siamo fumate le spezie.
Decidiamo che come prima giornata è sufficiente e cerchiamo di rientrare in albergo: intuiamo che non sarà facile, ma ce la facciamo, alla grande.

Oggi abbiamo imparato ad attraversare la strada.

Randagia, che gli aquiloni in cielo e la testa anche oltre…