Un amico ha scritto un libro, di carta. Ecco, di nuovo: l’ha scritto lui e non io. Metto da parte l’invidia e prendo gli occhiali: divano, copertina e libro.

Il titolo è “Trail degli invicibili, lo sport incontra la storia”: si parlerà di gladiatori e leoni? Dopo le prime pagine, è già chiaro che il divano e la copertina lasceranno il posto alle scarpette e allo zaino. Vien da toccare con piede le meraviglie decantate dal primo capitolo. Andiamo in Val Pellice, a Bobbio, un’oretta di macchina da Torino.
Il percorso del trail è un anello di venti chilometri e 1100 metri di dislivello (dal sito si può scaricare la traccia GPS in vari formati). L’abbiamo percorso il giorno prima della gara.

E’ la classica giornata uggiosa di fine settembre, in auto abbiamo riletto la dettagliata descrizione dell’itinerario: le borgate con i loro forni, gli imponenti monoliti e le relative leggende sulla fertilità. La descrizione è troppo dettagliata per ricordarcela tutta, dobbiamo portarci dietro anche il libro.

Seguiamo le chiare indicazioni per il laghetto Nais e parcheggiamo l’auto sotto un bel noce: convincerci a iniziare a camminare invece che continuare a raccogliere i frutti, non è cosa facile.

La partenza dal laghetto ci obbliga ad un tratto su statale, ma per fortuna è breve e subito si inerpica tra le borgate. Ci sorpassano un paio di macchine, i cui autisti vestono spiccatamente Montura: partiranno qualche tornante più su, dove termina la strada.

Dopo aver attraversato la borgata Meynet, un sentiero ben segnalato parte a sinistra e sale deciso. Difficile perdersi con le bandierine della gara che delimitano il percorso. Sotto i nostri piedi lucide castagne e spinosi ricci, ma non si raccoglie nulla prima del quindicesimo chilometro.

La parte dura della salita è nei primi chilometri, poi “spiana”. Siamo nel Vallone di Subiasco, detto appunto il Vallone degli Invincibili.

Il percorso è per gran parte lastricato e “scollina” più volte, regalandoci spelndidi scorci tra nebbia e foliage.

Ci fermiamo di tanto in tanto a rileggere la descrizione: quassù c’è il monolito, qui dovremmo vedere Rocca Chabert, lì le vie di arrampicata. Un mondo ricchissimo e fantasioso che ci possiamo solo immaginare, perché la nebbia avvolge tutto. Tutto tranne i colori dell’autunno, che spiccano vivaci tra le rocce e lungo i fiumi, e quel sentimento storico, in memoria dei tanti valdesi che su questi sentieri cercarono la loro salvezza.

Arriviamo al quindicesimo chilometro. Il grosso è fatto, ora è caccia aperta: possiamo mangiare il panino e raccogliere il bottino.

Per noi gente di città, raccogliere bacche e frutti è un tuffo nel passato, un senso di libertà, una goduria. E’ vero, forse abbiamo “rubato” qualche castagna, ma in cambio regaliamo questa gustosa ricetta: Zuppa di Castagne e Porri.