Si chiacchiera in pausa pranzo.
– Che fai nel weekend?
– Domani andiamo alla Cialma.
Il collega partenopeo, con una recente passione per l’escursionismo invernale, mi chiede:
– “Beh dov’è? Nelle Graie?”
– Ma che domanda, è qui vicino, a un’ora da Torino…
– Ah, quindi nelle Graie.

Ussignur, qui non ci faccio una bella figura, con un napoletano poi! Passi per il valdostano, sciatore esperto, che ad ogni gita mi fa credere che passiamo da una valle che è da tutt’altra parte e incrementa la mia collezione di figuracce, ma con il napoletano, ciaspolatore alle prime armi, dovrò ben tenere un po’ di dignità, no?

Ricordo ancora bene la filastrocca che ci insegnavano alle elementari:
MA COn GRAn PENa LE REti CAlaN GIU’.
Solo non so esattamente dove “sillabare” sulla cartina. L’iniziale di ogni parola è il nome di un settore delle Alpi, da Ovest a Est: Marittime, Cozie, Graie (siamo noi!), Pennine, Lepontine, Retiche, Carniche, Noriche (queste sconosciute) e Giulie.

La maggior parte di noi è cresciuta con questa filastrocca in testa, convinta che le Alpi fossero tutte italiane: in effetti questa ripartizione fu introdotta nel 1926, durante il regime fascista ed è decisamente italocentrica. Invece no, le Alpi non sono tutte nostre, peccato.

Le Graie interessano oltre al Piemonte anche la Val d’Aosta, ma ripetiamocelo: non sono solo italiane. Le condividiamo con la Francia, e ne diamo un tuchetin anche alla Svizzera. I dipartimenti francesi della Savoia e dell’Alta Savoia e il cantone svizzero del Vallese fanno infatti parte delle Graie.

E se proprio dobbiamo dirla tutta, anche il nome non è italiano: deriva dai Graioceli, una tribù celtica che abitò la zona.

Salendo a Punta Cia, Alpe Cialma da Carello

Torniamo alla nostra meta di oggi e cerchiamo di capire dove ci troviamo. Siamo in quella sezione piuttosto ampia delle Graie chiamata “Alpi di Lanzo e dell’Alta Moriana”: con le Valli di Lanzo come confine orientale e la Maurienne francese ad ovest. In mezzo c’è il mondo, il nostro mondo.

Siamo in Valle dell’Orco, scappati da Torino verso Cuorgnè e Locana, da dove iniziano a comparire i cartelli marroni per “Alpe Cialma”.
Non riesco a definire l’Alpe Cialma come una località sciistica, ma in realtà lo è e lo è stata. Negli anni ’60 vantava una cestovia: i suoi bidoni appesi al filo, antenati delle moderne seggiovie, attraevano sciatori da Torino e da Ivrea. Adesso i due skilift con il tapis roulant e le tre piste di discesa vanno benissimo per chi vuole iniziare, ma poi i grandi comprensori hanno la meglio. Oltre allo sci in pista, qui vengono ciaspolatori e scialpinisti che, senza sfruttare gli impianti, risalgono le piste e proseguono poco oltre, fino ai 2183 metri della Punta Cia.

Alpe Cialma, Punta Cia: per gli amici “La Cialma”. Se il Musinè è la palestra di Torino, la Cialma è il Musinè degli scialpinisti. Per un itinerario dettagliato, affidatevi a gulliver.it.

Negli ultimi anni hanno ristrutturato anche il bar ristorante degli impianti, con notevoli investimenti. Se intendete provarli, fate solo attenzione a dove mettete i piedi: leggende metropolitane dicono che il pavimento non sia proprio da montagna…

Molto “da montagna” è invece il vicino Rifugio Santa Pulenta: un paio di tornanti prima degli impianti, una strada ben innevata e adesso percorribile solo a piedi porta a questo bel rifugio a gestione familiare. Più che un rifugio uno chalet: romantico e non spartano. Ottima cucina, ottima accoglienza, prezzi non proprio “spartani”. Clicca qui se vuoi saperne di più.

Randagia, che di sicuro ha sbagliato qualcosa e verrà presto redarguita, ma ci ha provato.