Quando vai in gita con un gruppo CAI che ancora non conosci,  cerchi di presentarti bene:   essere puntuale all’appuntamento e non dimenticare nessun pezzo di attrezzatura. Sulla prima ti agevolano: sono in ritardo loro.

Gente simpatica, fisici atletici, quattro chiacchiere, tre ore di auto, un panino e via. Ognuno con il suo passo. I primi ti seminano in men che non si dica, già lo sapevi.

Il sentiero che attraversa il vallone della Selle inizia dolcemente tra fiori e ortiche, continua più divertente con  valanghe perenni e torrenti più o meno grandi da attraversare: come un video gioco a livelli.

Al livello 2 un asse di legno traballante anzi “rimbalzante” è l’unico modo per attraversare un fiume .  Sei nuova, sei donna, anche se non sei gnocca qualcuno si fermerà pur a vedere se hai bisogno di mano, no ? No, quello davanti a te passa con neanche troppa sicurezza, si gira a guardarti perplesso e prosegue. Bene. Tu attraversi tenendo il fiato. Quando rimetti entrambi i piedi a terra noti la fila di spettatori cento metri più avanti, fermi a controllare l’esito come pensionati al cantiere: chissà se per senso di responsabilità o per scommessa. Non chiediamocelo, ormai è andata e poi hanno ragione: devi sapertela cavare.

Qualcuno ha scritto che il Rateau è una gita di grandi emozioni. Vero: la prima  è quando arrivi al rifugio e vedi che lo scarico della toilette en plein air  si tuffa proprio in quel fiume da cui hai bevuto acqua per ore salendo. Bene.

Si cena, si chiacchiera. Qui son tutti esperti, ti devi far coraggio a chiedere “Ragazzi, non mi ricordo come si fa la longe per la doppia, giochiamo a farla?”
Un volontario c’è: grazie Marco!

Chi studia l’itinerario inforca gli occhiali con una serietà impressionante, i commenti che si scambiano i “bravi” non sono tranquillizzanti: “Ho parlato con chi l’ha fatta oggi, la Breche non è in ottime condizioni: è  più impegnativa che altri anni. ” Bene.   Già il fatto che la chiamino con il suo  nome francese “Breche” e non con il generico italiano lascia pensare. Il dubbio di aver scelto una gita oltre le tue possibilità ti viene ma ormai sei lì, meglio andare a dormire e non pensarci più.

Sveglia alle 3 di notte: un cielo puntinato di  stelle ti strappa il primo sorriso della giornata, il secondo arriverà due ore dopo quando le luci dell’alba inizieranno a colorare la meraviglia che hai intorno.

La temuta Breche viene superata in fretta, con l’energia del mattino e senza particolari difficoltà.  La cresta invece incute qualche timore in più, forse perchè ormai la luce del sole rende evidente tutto ciò cui si sta andando incontro. Quando i passaggi sono un po’ più ostici, il capo cordata ti da due dritte fondamentali e vai avanti liscia. Nei tratti in cui si sale su nevaio, devi chiedere pietà: a lui sembra di andar piano, ma purtroppo per te non è mai piano abbastanza.

L’ultimo tratto di cresta per la cima è  a senso unico. Non sai se sia il più difficile,  per te  sicuramente è il più emozionante. Quando arrivi, c’è già chi sta tornando indietro, come Noemi che ti dice scuotendo la testa “Io non la voglio più fare una cosa così” ma lo sai che sotto sotto è felicissima.
La voce della coscienza fa dire a qualcuno “Ma possiamo anche fermarci qui”, solo che nessuno sembra ascoltarla. Una fettuccia, un moschettone: sicurezza è fatta,  avanti senza storie.
Qualcuno prosegue in piedi, qualcuno a quattro zampe e venti unghie, poco importa. Arriviamo in cima e in sicurezza.

Il mondo è sotto di noi: a lui  regaliamo il nostro terzo sorriso. Quel sorriso che dopo una gita così ti rimane stampato in volto per ore, per giorni. O almeno fino al prossimo weekend.

Grazie ai ragazzi del Cai di Pinerolo, che hanno il coraggio e il piacere di proporre gite belle come questa.

Randagia, che la prossima volta spera di avere anche le energie per la pizza in compagnia.

Clicca qui per il sito del Cai di Pinerolo: www.caipinerolo.it

Clicca qui per la descrizione della gita: https://www.gulliver.it/itinerario/11176/