Vedi Parigi e poi muori, ma anche no.

Cena
in famiglia, comunico ai miei trasferta di lavoro a Parigi. E subito me ne
pento: gli occhi di mia madre si illuminano "Bambin, andiamo al Louvre!
Sai che a papà non piacciono i musei!?". Eh già. Invece a me.. Le  ricordo che io sono quella che si è persa
il museo di Van Gogh ad Amsterdam per un coffee shop di troppo? No, non è il
caso di ricordarlo ad una madre. Magari le ricordo che al Guggenheim di Bilbao
cercavo, senza successo, il mio Picasso e quando il socio di mille viaggi mi
supplicava di lasciar perdere e uscire a bere una birra, tuonavo, in una sala
piena di italiani: "Senti se non lo troviamo non è colpa mia, sarà
piccolo… mica li ha fatti tutti come i Girasoli!!!", e  il socio, prendendo la porta
direzione birreria rispondeva "Guarda che i Girasoli non sono suoi, e tu
di arte capisci niente. Allora, sta birra?". E uscivamo, tra le risate
generali.


glielo ricordo, ma non serve a niente: ha l’occhietto lucido, s’ha da portarla.
Me l'aveva già chiesto tempo fa. Il marito  non è da musei, non è da città:
montagna, natura e gnun
rumpabale
. Stavolta tocca proprio a me portarcela. Il marito,  quando ha finito di ridere della mia
sventura se ne esce con un innocente “Ma io, cosa faccio a casa da solo? Vengo
anch’io…”. Ecco, ciula in due.

Bon,
Parigi con i genitori. Tre joly. Tre badola. Prenoto online una camera con
lettone e lettino, e mi fa un certo effetto vedermi, superati i trenta, nel
lettino. Chissà se mi compreranno le caramelle. Almeno si andrà a dormire
presto, spero. Ed infatti è così. Ma quanto ci si alza presto? 14 ore tour de
force, no pause. Ma come trottano questi? Quasi non gli rimanesse più gran che
da vivere e volessero sfruttare ogni momento. 

Il
senso dell’orientamento non rientra nelle doti di famiglia: ci perdiamo ad ogni
uscita della metro, andiamo lunghi ad ogni incrocio. Ma possibile che di tre
non uno? Cerca il fiume per orientarti: già ma trovalo prima! E la Senna quando
alla fine la trovi, sta balorda si biforca e sei fottuto di nuovo. Bella Ile
St.Luis. Belli i negozi in Ile St.Luis. Se devi fare un regalo ad una ragazza,
vai da “mi amor & sic amor”, proprietaria
simpaticissima, stradina centrale per la bigiotteria, o da Gran de Sable, proprietaria
stronza, stessa stradina per cappellini, guanti accessori vari: magari spendi
un ciulo, ma poi 10 a 1 che lei ci sta: se non è un tipo classico, sennò meglio
che risparmi.

Il
Louvre è il Louvre, la sua giornata se la mangia. La Vergine delle Rocce,
Leonardo. Bella. Se ne esce mia madre “Ah questo! Questo è famoso perché ne parla
Dan Brown”. No mamma, questo è famoso a prescindere, a prescindere dalle boiate
che ha scritto Dan Brown. Con amarezza quando ripassiamo davanti al quadro, una
coppia fa lo stesso commento: sì un errore costante non è un errore, ma questo
è dolore.

Un po’
di ponti sulla Senna, percorsi in modo bustrofedico: cioè a S, da pirla, come
quelli a cui piace fare i ponti. In seguito gli amici colti mi spiegano che
bustrofedico deriva dai movimenti dei buoi nell’aratura, mi spiegano che c’era
la scrittura bustrofedica. Ma ad S, da pirla, rende meglio.

Eccoci
alla Tour Eiffel. Code a palla, ad ogni ingresso. Tranne l'ingresso sud, da lì
non c'è nessuno. Sarà chiuso? Chiuso non è, ma non c'è l'ascensore. E
aggiungiamoci un bel chissenefrega. Passo il controllo sicurezza, passa il mio
vecchietto e la guardia si sente in dovere di dirgli “Qui non c’è l’ascensore,
lo sa?” E capisco da chi ho preso l’incontenibile spirito di competizione misto
orgoglio: questo certo che lo sa, mi parte in quarta, che mica è vecchio lui! E
stacci dietro se sei capace.

Coda
zero, fantastico. Bel panorama, che potrebbe essere qualunque altro posto
perché il panorama di Parigi, senza la mole, non lo distingui, ed essendo sulla
mole, veniva duro distinguerlo. La Mole Eiffel appunto, per deformazione
piemontese.

Pere-Lacheise.
Il cimitero. I miei vecchietti non ci si trovano, a me piace un sacco. Forse
sono un po’ macabra: dopo avergli fatto fare testamento orale in quella chiesa
di Barcellona, stavolta li ho portati al cimitero. Devo rivedere gli itinerari,
o inizieranno a sospettare che io sia la versione femminile di Pietro Maso.

La
tomba di Oscar Wilde, è un graffito. Un graffito di baci: labbra con rossetti
di tutte le sfumature si sono spiaccicati sul marmo di una tomba che sembra
fatta apposta per essere pacioccata, un muro bianco, originariamente. Alla
faccia della H1N1. Ma guarda quante donne han baciato sta tomba. Ma chi ti
dice che son donne? 

E per
quest'anno, il regalo di Natale alla famiglia è fatto. 

Randagia,
meravigliosamente persa