Puntuale come una massaia svizzera, ogni martedì mattina alle 7.15 mi aspetta sotto casa con il motore acceso: salto su, con le classiche borse da supermercato vuote. Siamo ancora addormentate mentre attraversiamo veloci la città, dirette verso una Porta Palazzo, Porta Pila per i torinesi, che si sta svegliando. Alle 7:30 la tettoia dei contadini mette già in mostra tutti i suoi banchi, tutti tranne il siciliano che per natura e per età se la prende comoda.
A quest’ora non serve il distanziamento sociale, siamo tre o quattro clienti in tutto su una trentina abbondante di banchi. Iniziamo il giro di ricognizione: in pochi minuti “scansioniamo” tutta la merce, non abbiamo un venditore di fiducia, ci piace cambiare in base all’offerta o alla simpatia del momento.
Qui troviamo solo frutta e verdura di stagione: niente fragole a dicembre, pomodori solo da maggio a ottobre, mele e cavoli quando vuoi, banane mai. Questa è l’offerta a Torino: noiosa per chi è abituato alle varietà esotiche dei supermercati, meravigliosa per chi sa apprezzare le stagioni.
Mi emoziono quando tra febbraio inoltrato e marzo compare il primo mazzetto di Barba di Frate, che spicca con il suo verde brillante e vivace: potrebbero chiamarla Barba di Papa tanto e’ alto il prezzo! Non ti porti a casa un mazzetto con meno di 5 euro ma si sa son le primizie, tempo quindici giorni e costeranno meno. E’ come comprarsi un vestito firmato prima dei saldi: lo paghi di più ma te lo godi prima e la barba di frate da più soddisfazione al palato di quanto un jeans griffato ne dia al fondoschiena, per lo meno al mio. Con la primavera sbocciano anche gli asparagi, nascono con prezzi da gioielleria e vanno regolarmente in saldo nel giro di tre settimane. Fanno capolino le zucchine con i loro solari ciuffi gialli: ne trovi di piccolissime, più’ piccole di un mignolo, talmente sode da pretendere di essere addentate crude.
Quest’anno non è andata così. Quest’anno abbiamo congelato la primavera al 9 marzo: la tettoia dei contadini #restaacasa, lo ha deciso il comune a seguito dei vari decreti relativi al coronavirus, non ci sono le misure per renderla fruibile. Ah sì? Strano, perché c’è molto più spazio qui che nel disorganizzato reparto ortofrutta dei supermercati. Qui ogni banco potrebbe essere distanziato dall’altro e ogni persona verrebbe servita da un coltivatore diverso, con calma e distanza mentre al supermercato ogni badola (perché questo siamo) salta in testa all’altro per accaparrarsi il pomodoro più rosso o l’insalata meno appassita, rimpinguando le casse della grande distribuzione.
Porta Pila mi manchi. Mi consolo con il mercato sotto casa, dove i coltivatori diretti sono pochi, forse un paio ma li riconosci: sono quelli dove non c’è coda o almeno non c’era, fino a ieri. Non c’è coda perché loro coltivano, loro raccolgono, loro vendono: loro sanno quanto costa produrre un mazzetto di asparagi e non si svendono. Il prezzo non piace a tanti. Già ma “tanti” non si sono accorti che con quel prezzo le zucchine che prendi, rimangono sode per 10 giorni perché Francesca le ha raccolte quella mattina alle quattro, le ha caricate sul suo furgoncino e ha guidato un’ora per portarle qui al mercato. Non c’è stato bisogno di chiamare Mohammed, Abdul e tanti altri che, per una paga da fame, le raccolgono e mettono in una cassa caricata su un trattore e poi su un camion che percorre 600 chilometri quando va bene per arrivare ai nostri mercati generali, da cui poi riparte su un furgoncino per arrivare al mercato. Intanto il tempo passa.
Porta Pila mi manchi, ma i coltivatori piemontesi non esistono solo da te, esistono a Borgo Vittoria, esistono online, basta cercarli ora ma anche dopo.
Porta Pila mi manchi, mi manca il caffè sotto la Galleria Re Umberto dove senza appuntamento incontravo spesso un’amica della zona, che mi ha fatto scoprire il piacere di lasciare una colazione “sospesa”.
Porta Pila porta pazienza, se va bene ci rivediamo con le fragole…