Il Sentiero dei Franchi dai piani del Frais all’Alpe Toglie
Svegliarsi nel verde senza ancora il mal di schiena da tenda è una bella sensazione: un the caldo e la nostra unica confezione di biscotti per iniziare la giornata. Questa volta abbiamo deciso di non patire la fame, al contrario di quanto avevamo fatto nella nostra prima esperienza in Patagonia, ma allora eravamo giovani… Peccato solo che ora tutti i viveri li porti io, acqua inclusa. Avere nello zaino materiale soggetto a consumo ha il vantaggio che il carico diminuisce di giorno in giorno, ma i primi giorni non diminuisce mica. E l’acqua poi? Quella tutti i giorni costante.
Una sosta alla fontana del Frais, di fronte al posto tappa Albergo Belvedere regolarmente aperto.
Continuiamo a scendere nel grigiore ma ostinati seguiamo le indicazioni per il punto panoramico. Siamo al piccolo santuario di Madonna della Losa che ogni anno a ferragosto è meta di pellegrinaggi a piedi scalzi per un voto contro la peste del 1598, chissà se in questo 2020 da pandemia…
L’associazione dei villeggianti racconta la storia della borgata con un’interessante galleria fotografica sul loro sito: Losa Team.
Mentre ci guardiamo intorno una coppia si sente in dovere di darci indicazioni: “Per Meana di là, una discesa lunghissima… ” . Peccato che prima della discesa lunghissima ci sia una salita altrettanto lunghissima, accompagnata dalla solita predica: “Non devi mai chiedere indicazioni, la gente cosa vuoi che ci capisca… ti dicono della discesa e poi guarda che salita trovi, ma dove la vede la discesa? Non avrà mai fatto un giro più in là del suo santuario! Cosa hai bisogno te di chiedere indicazioni, abbiamo il GPS, abbiamo me!” Io lo lascio parlare ma son certa che dopo questa salita, ci sarà una discesa ammazzagambe: chi ci ha dato indicazioni magari era una che corre in montagna e le salite neanche le sente. Quindi in fondo l’uomo ha ragione: meglio non chiedere indicazioni. Con il senno di poi il tratto da Losa a Meana è quello che ci è piaciuto meno.
La discesa arriva e come previsto non è troppo simpatica ma superabile. Arriviamo nella bella borgata di Suffis, apprezziamo le fontane, un carretto azzurro mette in mostra un villaggio in miniatura e, cosa vedono i nostri occhi? Una bella pianta di ciliegie. L’uomo appoggia lo zaino e inizia a servirsi: “E’ sulla strada e poi non vedi che la casa è disabitata? Mica le raccolgono!” Le finestre sono aperte e ci sono giocattoli sparsi nel giardino ma per lui è disabitata. “Vedi come è tenuta male?! Non c’è nessuno da mesi”. E delle due macchine parcheggiate in giardino cosa vogliamo dire? Ah, adesso ammette che forse non è disabitata, ma ormai un chilo di ciliegie l’ha spazzolato.
Deviamo verso la cappella di San Michele di Assiere, perfetta per una pausa pranzo panoramica e relativa pennica. Scendiamo a Menonzio e Mattie: qui davvero i rumori della Val Susa che ci hanno accompagnati il primo giorno non si sentono più.
Si inizia a salire, parecchio. La meta dovrebbe essere il Rifugio Amprimo, ma 1300 metri di dislivello e 22 chilometri ci sembrano sufficienti per la giornata, ci fermiamo alla Cappella delle Toglie. Quando le nuvole glielo permettono la Punta di Mezzodì fa capolino dietro l’Alpe Toglie. Piacevole constatare come l’alpeggio sia l’ultimo a salutare il sole la sera e il primo a scaldarsi ai suoi raggi al mattino: mica costruiscono a muzzo.
La nostra tenda è andata in ombra molto prima ma poco importa. La posizione vicino alla tettoia della chiesetta ci da una certa sicurezza in caso di pioggia. “Lasciamo le scarpe fuori stasera?” No, si bagnano. “Ma sotto la tettoia?” No, se proprio vuoi lasciaci le tue. Non si fida, le scarpe le ritira ma i bastoncini li lascia per verificare se dico il vero. Effettivamente sotto la tettoia la famigerata umidità della notte non fa danno, lo sappiamo per la prossima volta, ammesso che che ne ricordiamo…