Basta

Meno dieci. Meno quindici. Vento. Buio. Neve. Triangoli di luce alle finestre, che si vedono solo là, là dove si festeggia Santa Lucia. Triangoli di luce che fanno sembrare tutte le case uguali, ma solo da fuori.

“E se non ti va bene, lasciami in pace!” Sonia sbatte la porta della camera. Le luci alla finestra tremano. Uno scatto d’ira solleva Giovanni dal divano e gli fa aprire violentemente la porta: “Nessuno mi ha mai sbattuto una porta in faccia!”. C’è sempre una prima volta. La porta gli si richiude in faccia. E la scena velocemente si ripete, ma stavolta senza parole: uno schiaffo violento lascia il segno sul viso di Sonia. Parte il cazzotto. Azione e reazione. Che quella storia del porgere l’altra guancia, Sonia non l’ha mai capita. La porta si richiude. Due maglioni, una gonna, un paio di jeans, un po’ di biancheria entrano in fretta in una valigia. Dormirà da un’amica. Esce senza ancora sapere quale amica, sceglie di fretta, sceglie Giorgia. E sceglie male. “Chissà cosa gli hai detto per provocarlo così, e come ti è venuto di fargli un occhio nero?”. Nessuna risposta. Come le è venuto? Legittima difesa? Debolezza di nervi? Non lo sa, sa che si è presa una sberla, ed è colpa sua che ha provocato. Sonia ha dato un pugno, ed è colpa sua che l’ha dato. Brutto sentire sulla propria persona la versione riadattata di “L’han violentata? Chissà che minigonna aveva!?”.

Le cinque dita sono svanite della guancia di Sonia, ma la tristezza di quel momento rimane, a distanza di anni. La tristezza rimane e si rinnova, ogni volta che Sonia condivide questo episodio e qualcuno commenta con il solito “Chissà quanto l’avrai provocato…”. E succede, spesso. Anche qui, anche adesso. Qui dove i triangoli di luce da mettere alle finestre non si trovano neanche all’Ikea e dove la valigia si riempie solo più con l’emozione di un lungo viaggio. Ma adesso le fa meno male. Adesso non lo racconta più.