La tartaruga e lo Scimmione
E arriva la sera. La aspetti da un paio d’anni. Sei nella lista. Documento in mano. Niente cellulare, niente macchina foto. E ricordati di lasciare a casa il serramanico.
Ti presenti in orario. Con te un altro centinaio di persone. Aspettate per oltre un’ora davanti ai cancelli chiusi. Ognuno con i propri problemi, con i propri pensieri. Consegni il documento, ti danno un numero, varchi un piccolo passaggio aperto. I cancelli, quelli veri, sono ancora chiusi.
A piccoli gruppi potete entrare. Clack. Si apre un cancello. Prima nel cortile. Solo asfalto e palazzoni tristi. Case popolari, ma senza il colore dei panni stesi. Cammini in silenzio, guardandoti attorno. Entrate in una stanza. Un corridoio, ampio come le corsie di un ospedale, ti aspetta dopo l’ennesimo cancello chiuso. Clack. Il corridoio è di un verde accesso che ti ricorda un po’ l’asilo. Le finestre spalancate lasciano vedere un altro cortile di asfalto e cemento. Hanno le inferriate, quelle tipiche dei piani rialzati, ma qui sembrano al contrario. Sembra pulito, nuovo. Sta a vedere che non è poi così male sto posto. Clack. Il verde acceso lascia posto all’azzurro sporco. Le porte metalliche di quell’azzurro arruginito, tutte uguali, tutte alla stessa distanza. Un groppo sale in gola. Sta a vedere che è proprio così male questo posto. Forse il film l’han girato solo nel corridoio verde. Clack. Si prosegue con lo stesso panorama per una distanza che non sapresti quantificare. Né t’importa farlo. Clack. Una sala. Sedie di plastica, un centinaio. Un palco, che ricorda quello delle recite scolastiche. Un profumo di caffè inebriante. Te lo offrono con il sorriso. Prendi il tuo, e quello dell’amica che “Dopo le venti, solo dec”. Qui il dec non c’è, ma la torrefazione è di casa. Se di casa possiamo parlare.
Una simpatica presentazione precede lo spettacolo. Ti spiegano che gli attori non sono professionisti, alcuni di loro hanno partecipato dall’inizio a questa impresa, altri sono nel gruppo da poco, altri, le ragazze, sono arrivate da fuori. Si scusano che alcune parti “maschili” verranno recitate da donne, ma proprio nessuno degli attori ha accettato la parte del carabiniere. Una risata nasce spontanea. Questo è uno spettacolo in cui lo spettatore non si può alzare: vi chiedono di stare seduti, da adesso fino a dopo lo spettacolo, quando gli attori avranno lasciato la sala. Due ragazzi dalla faccia poco raccomandabile percorrono il passaggio centrale tra le sedie, puntati dagli occhi di tutti. Eccoli gli attori, chissà che crimine avranno commesso. Si siedono in prima fila e parlano del più e del meno. Beh, forse sono di quelli che non hanno ancora beccato. Solo dopo arrivano loro, i protagonisti della serata. Dal fondo della sala, entrano in fila, con lo sguardo di un bambino che cerca i genitori nel pubblico prima della recita scolastica. Ma bambini non sono.
Scenografia simpatica, personaggi particolari. Ad ogni battuta ti chiedi “Chissà cosa avrà fatto quello per essere qui. Chissà se ha ucciso qualcuno. No, con quella faccia avrà solo rubato le caramelle al supermercato”. E lo spettacolo continua, la musica, i tuoi pensieri, le loro battute.
Ah le tapas, Michele, ma non eri tu che volevi andare in Spagna?
Eh sì, ma mi hanno trattenuto qui a Torino…
Applausi, sorrisi. Qualche occhio lucido, di là e di qua del palco.
Poi tutto finisce, e sul palco salgono gli attori per i meritati applausi, gli organizzatori e i registi, che con poche parole ti ringraziano di esserci. Poi sale lui, l’uomo in divisa. Il Catarella delle Vallette, che ringrazia tutto lo “staffe”. Applaudi più forte, sperando che smetta di parlare.
Quando gli attori scendono dal palco e, in fila, escono dalla sala, sai che stanno tornando nelle loro celle, e li accompagni con il più caloroso dei tuoi applausi.
Ripercorri tutti quei corridoi, l’ansia ancora nello stomaco. Poi il cortile, i cancelli. Riprendi il tuo documento, e sei fuori, tu.
11 Aprile 2011
La tartaruga e lo Scimmione
casa Circondariale Lorusso Cutugno