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Non si accettano caramelle dagli sconosciuti, ma gli zuccherini …

Posted on Maggio 13, 2012 by randagia

Cielo promette pioggia, destinazione vicina e salita breve: Monte San Giorgio, da Piossasco. Lasciate la macchina alla sbarra. Controllate gli avvisi esposti, mica che vi sfugga una banalità come “Divieto di accesso al parco causa battuta di caccia al cinghiale”. L’esperienza insegna. Oggi il cartello parla di una salita in notturna pianificata per la sera stessa, luna piena. Quindi tutto tranquillo. E allora su, per la strada sterrata nel bosco, perché il sentiero, mica sei mai riuscita a trovarlo. Solo qualche scorciatoia. Due caprioli che vi tagliano la strada e si fermano a guardarvi vi fanno quasi sentire importanti. Il tempo che ancora regge mette di buon umore. In un’oretta siete su.
Quando la strada esce dal bosco, si affaccia su un bel prato inclinato, da cui si lanciano con il parapendio. Ora non c’è nessuno. Sorridi al cartello “Vietato Volare”. Ti fermi a guardare il panorama e senti un “Oh ma anlura a ie cheidun!”(Oh ma allora c’è qualcuno!). Ed ecco due simpatici pensionati, stupiti che sia salito qualcuno anche oggi che il sole non c’è. Dimentiche delle raccomandazioni della mamma, accettate uno zuccherino da uno sconosciuto, ma a questa età nessuno più pensa di fregarvi con uno zuccherino: o ha la Z4 o niente. I due si stuzzicano su chi è più vecchio e acciaccato, loro che vengono qui tre volte a settimana, perché le mogli li mandano fuori casa. E quando tornano a casa si sentono dire “Oh, ma sei già qui?!”. Un po’ di chiacchiere, poi iniziano a scendere, avvisandoci “C’è la chiesa più in là, bisogna andar a dire la preghierina, non che serva eh..” E con questo ottimismo, proseguite poco oltre verso la chiesa, che la preghierina non servirà, ma il panorama merita. Anche stavolta, valeva la pena di salire: Monviso, e tutte le altre intorno, che il nome non lo ricordi. Non ci fosse foschia, vedresti anche il Musinè, che sa di casa. Lasciate l’immancabile rima sul libro di vetta, scattate un paio di foto, e poi giù, si scende. Presto si raggiungono i due degli zuccherini, che allungano il passo e non vi mollano più. E la socia che doveva far pipì, e se la tiene. Uno è più spavaldo, chiacchiera a manetta e lascia indietro l’amico controllandolo ogni tanto “Luigin, anduma trop fort?(andiamo troppoo forte?) perché sapete, lui è vecchio” . Ti fa impelagare sul bordo strada per annusare il rododendro nano. Ti spiega che quella puntarella lì si chiama Rubatabo, perché una volta i buoi ci rubatavano, cadevano, tanto era ripida. “E poi ci siete mai andate alla Sacra di San Michele? E poi…”
E poi mai che un paio di bei quarantenni ci attacchino un bottone così? Eh ma questi son più motivati, han la moglie che li aspetta a casa da trent’anni, ritardano il rientro il più possibile…
“Ma poi Randa, non credi che saremo così anche noi da vecchie: tu davanti che parli anche con i muri e importuni i ragazzini, io che arranco paziente dietro? ” Che belle prospettive.
All’arrivo alla sbarra chiediamo se andranno a far la salita notturna citata nel cartello. “Mi? A m’antrapu già parei, figurte se a sa sciaira nen” (Io? Mi inciampo già così, figurati senza luce”)

Randagia, che si inciampa già così, e non ha ancora la pensione

Dritta come un’aquila!

Posted on Maggio 13, 2012 by randagia

SMS del venerdì “8:30 da Vicky, andiamo all’Aquila”. E andiamo. Passate Giaveno, proseguendo per Pontepietra, dove riconosci un’auto dagli inconfondibili adesivi: “Fermi!”, urli manco avessi riconosciuto l’auto di Brad Pitt. E sbucano a destra e manca facce CAI UGET. Qui? Sì, è l’uscita di esercitazione prima di imbarcarsi, nel vero senso dela parola, in Selvaggio Blu Integrale: un nome che è tutto un programma per una settimana in Sardegna, imbrago e corde, mica secchiello e paletta. Un paio di volti nuovi, che per te nuovi non sono, li hai già visti in tutt’altro contesto. A forza le socie ti strappano dalle chiacchiere e si riprende la strada. Parcheggi all’Alpe Colombino, dove una volta partiva la seggiovia. Segui uno stradone ex pista che non è che sia tutta sta figata, anzi brutto proprio. All’intermedio di quella che era una seggiovia, sembra di essere nelle scene di un film di zombi: skilift rotti, piloni coricati, casupole distrutte. Dopo scoprirai che stanno ripulendo tutto, ma quella sensazione di desolazione ti rimane, nonostante il panorama susciti tutt’altra emozione. Dopo va meglio, un quasi sentiero c’è. All’orizzonte un’altra faccia nota, Mario di Verticale ma non troppo, lui che mette sempre su Facebook la gita del giorno dopo. Tu che per una volta non apri Facebook, e proprio una bella figura non fai. “Randa, ma come fai a conoscere sempre tutti?” E’ un caso, un piacevole caso.
Arrivate alla chiesetta, ti viene un dubbio “Ma la punta sarà qui o sarà quella la’?” “Ma va Randa, è qui! Siediti e mangia!”. Fai ancora due passi per guardare dall’altra valle, bello il panorama, misto sole nuvole… “C’è il libro di vetta!” ti urlano le socie. Colpo basso. Subisci il fascino dei libri di vetta. E inizi a leggere. Monica si scusa di aver bruciato i libri degli altri anni, ma aveva freddo quella notte che è rimasta bloccata qui. E assumi sia poi tornata a scrivere giorni dopo, altrimenti avrebbe bruciato anche quello. Qualcuno si firma CAI Lingotto. Ah, c’è pure il CAI Lingotto? Se sfogli ancora un po’ trovi il CAI Gru Village? Mister qualcosa chiede “Ma qua niente figa?” Alice e Laura si presentano. Chissà se hanno concluso. C’è poi Andrea che sale qui quasi tutti i giorni, in corsa solitaria. Roba che qualcuno chiede se questo una casa ce l’ha. Una giovane alpinista, con calligrafia spiccatamente maschile, gli chiede il numero di cellulare. Ale e Maura erano qui in una notte di luna piena. Mauro era qui a festeggiare il compleanno scrivendo “Chissà se anche il prossimo anno avrò le forze di salire” e quando vedi l’età, capisci che il dubbio è legittimo.
Mentre leggi arriva una madama che vi chiede “Ma non siete andate in punta?” Punta? Ah, sì certo alla croce. Sì certo l’avevate vista che era più in alto, ma ci volevate andare dopo il caffè. Ti senti un’idiota, “drita cume n’aquila”, ma non stai a scriverlo sul libro di vetta. In piedi, e si continua.

Randagia, che “drita cume n’aquila” glielo diceva sempre la nonna, e non si sbagliava.

PS: l’itinerario.

Trenta metri fan la differenza?

Posted on Maggio 6, 2012 by randagia

Le vie ferrate ti piacciono, non c’è dubbio. Hai una scalata stile bradipo, i tuoi cambi di moschettone sembrano sponsorizzati da SlowFood, ma ti piace. Neve bassa ma sole caldo: è stagione di ferrate. Come quando piove è stagione di funghi. Già, ma sempre lì attaccata al cavo, quel poco di fiato che ti eri fatta camminando è andato via. E osi dirlo. Osi dirlo a chi ti ha appena proposto la ferrata per il giorno dopo, che tra lo stupito e lo sdegnato ti chiede “E non puoi andare a correre?” E certo, tutti possono. Servono solo un paio di scarpe da ginnastica. E la voglia. Hai solo le prime, ma ti rassegni: vai a correre alla Pellerina. Sei solo tu, qualche lampione e qualche spacciatore. Forse hai sbagliato orario: aspetta un po’ e gli spacciatori saranno di più.
Viene mattina, ritrovo 7:30. “Randa, se per te è troppo presto, possiamo fare 7:35.” E anche qui, non sta scherzando. Un uomo dalla camicia a quadri, non scherza su queste cose. Destinazione Ferrata di Rocca Candelera, sopra Usseglio. I commenti di chi già l’ha fatta lasciano intuire che non sarà facile trovare l’attacco: la ferrata non è ancora omologata, ed il sentiero non è ben segnalato, anzi non è segnalato proprio, fatta eccezione per una bacheca e due cartelli. Beh ma, volevi fare fiato? Eccoti accontentata: questa prima oretta di scarpinata su bosco in forte pendenza fa al caso tuo. Peccato che poi, parti già “scioppa”. Durante la vostra ricerca incrociate una coppia di pensionati con le stesse intenzioni, ma con tante energie da impiegare in imprecazioni e classiche discussioni moglie-marito. Tra una imprecazione loro e un sorriso vostro, l’attacco vero e proprio non lo trovate: salite all’intermedio come fosse una seggiovia. La pensionata parte come una fusetta, lui non ti sembra starle dietro. Intanto vanno più di te, sicuro. La ferrata sale, e sale bene, tanti scalini dove servono, ma anche tanta pietra, che fa più piacere. Passi corti, per non stancarti. “Occhio Randa, qui è un pelino strapiombante!”. Un pelino. Un pelino di Jeti!
In cima si scambiano due parole con la ritrovata coppia, che ci stava dando giù di vino:
“Vuiaiute steve si?” chiediamo (“Voi state qui?”).
“No, ades caluma giù” ci rispondono (“No, adesso scendiamo”).
Il vino doveva essere buono, visto che noi intendevamo solo chiedere se erano di queste parti…
Si scende insieme seguendo i bollini rossi da caccia al tesoro, mentre si cerca di mantenere l’equilibrio sull’erba viscida del pendio. Tu che i bastoncini non li hai portati perché nonostante la recensione lo consigliasse, hai pensato “meglio una culata in discesa che due stecche negli occhi in salita”. Ecco ogni tanto pensare non conviene.
Si finisce alla Furnasa, ad Usseglio, a mangiar carne cruda generosa di aglio, gnocchi che finalmente san di patata con toma che sa di toma, tracannando un buon dolcetto e chiacchierando. Gli occhi del pensionato prendono vita solo se si parla di montagna, qualunque deviazione di argomento lo vede assente. E anche la montagna, mica tutta.
“L’Eiger in Svizzera? Da giovane dicevo che l’avrei fatto da vecchio, e adesso son troppo vecchio per farlo.. Perché non l’ho mai fatto? Dai, non era neanche un 4000 non valeva la pena.” Ah già, come dargli torto era solo 3970 metri, pensa se han sbagliato a misurarlo. E poi scopri che questo “pensionato” è quel Franco Bianco che ha fondato il Club dei 4000, scalando 80 delle 82 vette censite. Brau, Franco! Tu che mai avresti detto. E ti vien da sorridere quando racconta che adesso che fa solo più cose facili, che si trova bene con il cordino corto, che voi non sapete la brutta sensazione di quando le braccia non ce la fanno più, che si cadrebbe giù “mol cume na merda”. Tu delle 82 ne hai fatte 0, ma quella brutta sensazione di quando le braccia non ce la fanno più la conosci benissimo. Non glielo dici però, o distoglierebbe lo sguardo.

Randagia, che trenta metri fan la differenza…

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