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Colle Tovetto, itinerario perfetto!

Posted on Aprile 21, 2013 by randagia

“Non è mai sensato mettersi contro la natura, a sto giro vince lei”, dice il saggio. Anzi la saggia, con le gambe sotto il tavolo. La neve scende calma e costante. Qualcuno da dietro le finestre aspetta ancora Babbo Natale, peccato che abbiamo già passato Pasqua. Siamo arrivati questa sera qui, al Rifugio Ciriè, Pian della Mussa.
La pioggia triste e grigia ha ridotto drasticamente il numero di partecipanti. Noi, per ottimismo o perché non avevamo di meglio da fare, abbiam messo gli sci ai piedi nel tardo pomeriggio all’ironico incitamento di “Sfruttiamo questa schiarita, ragazzi!”. Infatti partiamo con la schiarita e saliamo con la nevicata. Che poi quel bianco tra i pini, misto nebbia, in fondo piace pure. Dopo qualche minuto i colori delle giacche e degli zaini quasi non si distinguevano: tutti bianchi di neve. Saliti chiacchierando, o ascoltando le chiacchiere altrui, che risulta più comodo quando il fiato non abbonda. Chi conosceva la zona non aveva parole gentili per i sei chilometri di noiosa stradina per arrivare all’altro lato del Piano, dove c’è il rifugio. Chi non la conosce, oggi la apprezza, domani cambierà idea. Siamo arrivati in un’oretta, con qualche centimetro di neve accumulato sullo zaino, sui cappellini ed anche sui bastonicini. Sci accatastati all’ingresso e corsa alle stufe per asciugare l’asciugabile. Capi sintetici adagiati sui poutage a sfidare note leggi della fisica.
Se ne scende tanta così, domani mattina facciam colazione ad Ala. Il piano A, punta Adami, salta quando ci servono un fantastico risotto gamberetti e zucchine. Il piano B, Croce rossa della Sea, sfuma con lo strudel. “Non è mai sensato mettersi contro la natura, a sto giro vince lei”, dice il saggio. Il piano C inizia con “ubriacatevi ragazzi!”.
Al mattino, l’impavido di turno esce a fare i rilevamenti: oltre 60 centimetri di fresca. I canaloni non hanno ancora scaricato, e non saremo certo noi a farli scaricare. Non ci resta che la seconda parte del piano C: aspettiamo il Diretur e quelli che hanno puntato la sveglia alle 3 per raggiungerci da Torino, e con loro torniamo a valle, concedendoci però una deviazione collinare: la grande scalata al “Colle Tovetto”, 400 metri di dislivello, allenamento ideale per chi la prossima settimana parteciperà al Mezzalama, no? E’ tutta nel bosco, senza rischio quindi, o quasi. Un pendio un po’ più inclinato, senza alberi, ci fa mettere in pratica la “tecnica di alleggerimento”: uno per volta, che stiamo in sicurezza e diamo un po’ d’emozione. Al colle arriviamo tutti insieme, senza distacchi, roba che sulle gite serie degli ultimi tempi, dove accumulavamo ritardi di un’ora, ci sognavamo.
Si scende in un attimo, si toglie la neve delle macchine. La gita continua nella sua versione enogastronomica: acquisti di salame di Turgia e piola ad Ala.

Randagia, che ci si diverte anche quando ci si arrende.

Ma che bello, torna il Carosello!

Posted on Aprile 19, 2013 by randagia

“Nonna, ma tu lo vedevi Carosello?” chiede Jessica, 15 anni. Con gli occhi illuminati di nostalgia, la nonna esulta: “Paulista, il baffo che conquista!”. Carosello. Carosello alla televisione. La televisione era solo in bianco e nero, i canali erano solo uno. Mike Bongiorno, era solo uno, ma era sempre. Le interruzioni pubblicitarie non esistevano: la pubblicità era Carosello, tutt’altro che un’interruzione, un programma a sè. Tutte le sere, dopo il TG. “Paulista?” chiede Jessica, risvegliando la nonna dal suo silenzioso amarcord. “Certo! Paulista e Carmencita, era la pubblicità del caffè Paulista.. della Lavazza? No no, della Paulista.” Paulista era, ed ancora è, una miscela di caffè della Lavazza, ma non è certo questo che importa alla nonna, che ormai naviga nel mare delle citazioni e continua “Olivella e le gite domenicali. Chi è Olivella? Ma sì, quella di Olivolì olivolà, olivolà olive Saclà.” Forse fa un po’ di confusione: Olivella era la protagonista del cartone dell’olio Bertolli, mentre il jingle della Saclà arrivava dagli sketch di Nino Manfredi, ma intere o spremute, sempre olive erano. Il nonno non si esime dalla sua dose di ricordi: “Con quella bocca può dire ciò che vuole… e c’era la Virna Lisi, era la pubblicità del dentifricio Durbans”. Vero, era un dentifricio, ma il Chlorodont non il Durbans. “E poi c’era l’ispettore Rock, un po’ come Colombo ma con gli occhi dritti, aveva pipa, soprabito e cappello. Beccava il colpevole, non commetteva mai un errore, ma alla fine un errore lo aveva commesso, lo stesso di Montalbano e del nonno: si toglieva il cappello, e mostrando la pelata ammetteva di non aver mai usato la Brillantina Linetti”. “E poi c’era Calimero ” continua Jessica ” quello lo conosco anche io, quello di “non sei sporco, sei solo nero”.

Calimero, Olivella, Carmencita e tanti jingle che sono entrati nelle case e nel cuore degli italiani, meno nei loro portafogli: si badava molto ai personaggi, meno alle marche. se la Miralanza ha guadagnato, deve ringraziare più la banale raccolta punti dei fustoni che il tenero Calimero. Con l’avvento dei canali Fininvest e delle interruzioni pubblicitarie, molto più mirate e, pare, efficaci, Carosello ha chiuso. Ma adesso torna. Carosello Reloaded, dal 6 Maggio su RAI 1. Chissà che in tempo di crisi, ci affezioniamo a qualcuno invece che a qualcosa.

Randagia, reloaded.

Ferrata di Camoglieres – c’è processione e processionaria

Posted on Aprile 14, 2013 by randagia

Quattro donne, quattro uomini. Destinazione Ferrata di Camoglieres, Val Maira.
Tappa d’obbligo a Verzuolo, ma no, non alla pasticceria della piazza dove si ferman tutti. Al baretto poco più in là, dalla barista dagli occhi blu e dal bel sorriso, molto apprezzati soprattutto quando si gira a fare il caffè.
“Ragazze, non è colpa nostra, ste gite all’inizio eran di soli maschietti, e poi è diventata tradizione fermarsi qui…”. Nessuna obiezione: in fondo ci portano ovunque, ci fanno scegliere le destinazioni, c’è sempre una corda pronta, un cancelletto controllo nodi pre-partenza, e soprattutto, quell’atto da gentlemen che la macchina una donna non la prende mai: e non stiamo a menarla, su queste cose mica insistiamo per la parità.

Una giornata di sole pieno e nuvole in sciopero. All’attacco, tre ragazzi che stanno rinunciando. Troppo difficile per loro. Peccaro. L’uomo con la corda detta l’ordine di partenza e si parte, sento le risate isteriche della new entry qualche cambio più giù. Ohi, mi preoccupo? Chiedo notizie all’uomo con la corda che mi tranquillizza “No, no tutto bene. Come? Risate isteriche? Che ne so se erano isteriche, rideva, ho dedotto che andasse tutto bene…”. Guardo giù, e i tre ragazzi che sembravano aver rinunciato stanno salendo: ci han visti e han pensato “Se ce la fanno quelli!”. Grazie, la nostra buona azione per oggi è fatta.

La ferrata si articola in cinque segmenti distinti, dopo ogni tratto una via di fuga. Ma le vie di fuga, o vie di figa, come qualcuno si è premurato di correggere su qualche cartello, non sembrano servirci. Un pilastro, due. Il “cordino corto”, il più amato dalle donne, aiuta nei cambi più difficili. La bellezza del paesaggio, anche se qualcuno non osa guardare giù, accompagna in quelli semplici. Lunghissime cordate di processionaria, o “gatte” ci tagliano la strada: sembran millepiedi che van tutti avanti in fila, ma si tratta di un parassita dei pini urticante per gli umani. Un ponte tibetano da 50 metri, niente male: ma com’è che quando hai imparato a fare quelli con una fune sola per i piedi, qui te ne mettono due? E’ comunque facile, solo luuuuuungo. Qualcuna sculetta nell’attraversamento, qualcuno si limita a due paroline contro il vento, che fa ondeggiare più del dovuto. I più concentrati non hanno neanche sentito il potente odore di campagna che la valle emanava in quel tratto.

Ultimo segmento, il più difficile, il più strapiombante. Uno di noi rinuncia, l’uomo con la corda, un po’ preoccupato per la new entry le dice “Io non ti consiglerei di farlo, poi valuta tu”. Diciamo che se gli uomini non sanno leggere tra le righe, le donne non sanno leggere tra le rocce: “Ah beh se non me lo consigli, non mi dici di non farlo, quindi vengo!”. Nonostante la mia traduzione in tempo reale “Secondo lui è meglio che non la fai, solo che non si osa dirtelo”, l’entusiasmo della new entry è troppo alto e chi la ferma più? “Allora dai ci provo, se ho problemi… che succede?”. La solita voce tranquilla afferma “Al massimo c’è una corda, in qualche modo se ne esce”. L’ultimo pezzo è bellissimo, due tratti strapiombanti, ma con parecchi ferri, e anche chi ha gambe corte e culo grosso se la cava. La new entry, neanche un problema: gran donna, arriva su con un sorriso smagliante e festeggiata da tutti! Ancora quattro passi per arrivare in vetta, firma del libro (grazie a quel Gigi che l’ha portato su!), e giù a spaparanzarsi al sole.

Randagia, che è primavera svegliatevi cordini…

365 giorni a metà

Posted on Aprile 8, 2013 by randagia

Capodanno. Il primo giorno di primavera. Il proprio compleanno. Il primo del mese. Ogni giorno, anche il più anonimo, è buono per iniziare qualcosa. 17 settembre 2012, un giorno anonimo: Fabrizio, come va di moda tra i personaggi del secolo, annuncia su Facebook il suo progetto “365 giorni di equilibrio”, uno scatto al giorno. “Ussignur. Ci vuole troppa costanza, non arriverà a Natale!” han pensato gli amici. Forse lo ha pensato anche lui. Ma a Natale è arrivato, ha anche passato Pasqua, e quindi eccolo qui a celebrare i sei mesi di “equilibrio” con una mostra.

Sei mesi di equilibrio sono invidiabili, quando tutti viviamo di alti e bassi, di precarietà e fortuna, di affetti e delusioni. E allora? Come ci spieghiamo “365 giorni di equilibrio”? Come ha scritto Fabrizio stesso in due righe di accompagnamento ad una foto:
“Equilibrio neanche a parlarne. Di quelle giornate dove esiste solo il caos!!
Comunque alla fine ho voluto rappresentare…” (30/09/2012)

Ah ecco, tutto spiegato. Non è che l’equilibrio ce l’ha, l’equilibrio lo cerca: forse trovarlo è solo una parte del gioco, il bello è il cercarlo. Dovremmo provarci tutti, e magari già ci stiamo provando.

A chi gli chiede come mai abbia scelto un progetto, per di più pubblico, di quelli che se li interrompi rischi una bella figuraccia, Fabrizio risponde “Lavorare per progetti mi aiuta a sviluppare meglio la mia fotografia, trovare un mio stile e non cercare di assomigliare a qualcuno. Intanto mi diverto e riesco ad esprimere ciò che ho dentro, per ora mi basta. Questo dei 365 poi, che mi “obbliga” ad esprimere questa sensazione di equilibrio tramite la fotografia, mi ha aiutato a guardare con più attenzione e cercare quello che veramente voglio”. Ma su 365 giorni, un giorno che sia uno, gli sarà successo di dimenticare la macchina foto a casa, no? E anche qui Fabrizio ci stupisce “No, mai. E’ diventata una mia appendice, e la cosa mi piace, mi piace vedere il mondo filtrato dal mio obiettivo, sapere che posso mettere un filtro fra me e il mondo mi aiuta molto, per un orso come me è l’ideale”.

Randagia, che ammira l’equilibrio altrui, ma ha qualche problema con il proprio.

Ma perché avrà scelto proprio l’equilibrio? Possiamo chiederglielo di persona, andando all’inaugurazione della mostra, che si terrà il 12 Aprile alle 19:00 nella sala “8e9 sotto” presso E-belf, C.so Regina Margherita 89.

La mostra è curata da Davide Giglio, Centro Visual
Sala “8e9 sotto” presso e-belf in C.so Regina Margherita 89 (To)
Orari: dal 12 al 27 Aprile),5.00-18.00 dal lunedì al sabato
Quotidianamente Online: http://fabriziobocchino.blogspot.it/

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