Sala Gonin, la sala dei Savoia a porta nuova

Fino alla scorsa settimana, non sapevi che l’enorme Porta Nuova custodisse al suo interno un’aristocratica sala d’attesa di fine ottocento. Sala Gonin: la sala vip dei Savoia, per capirsi. Aperta al pubblico Sabato 1 e domenica 2 Marzo, “poi pru”. Qualcuno l’ha visitata nelle giornate FAI, altri una ventina di anni fa: rara come l’ostensione della sindone. E tu, torinese di nascita, non l’hai mai sentita nominare.

Ingresso libero. Ti prepari psicologicamente e scegli la meglio compagnia per affrontare quella che sarà una lunga coda: le amiche. Con loro puoi trovare argomenti per far passare un giorno intero, figuriamoci un paio d’ore. Provaci a fare la coda con marito, fidanzato o qualunque forma di essere maschile: dopo dieci minuti le parole lasciano il posto a sbuffi e sospiri, dopo mezz’ora arrivano le madonne e andate via voi.

Le amiche invece sanno valorizzare tutto. “Strano, oggi sei venuta vestita sobria, con i colori in tinta, gli stivali non distrutti, stai pure bene con sto piumino…” . Non t’incazzi perchè appunto è un’amica, aggiungi solo un “Sei come mia madre, dice che mi vesto come la Tataranni”. “Anche quello è uno stile” si sente di commentare il tizio in coda dietro di noi trovando il disappunto delle altre, ma la tua più completa ammirazione. Una macchia sul suddetto piumino scatena il dilemma tintoria sì, tintoria no, “si salva tutto con il sapone di marsiglia nero”. E intanto si avanza di qualche mattonella…

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Attesa sotto i portici…

Una è venuta in bus, grande fonte di intrattenimento. Il controllore e un attempato passeggero tampinano una bella ragazza dicendole che assomiglia a Dalida, quell’attrice bellissima che stava con Luigi Tenco. Ma la ragazza è troppo giovane per conoscerli. “Effettivamente, chissà se è viva o morta… Hej google, Dalida è viva o morta?” e il passeggero mostra la foto di Dalida dalllo schermo “Non leggo, ma sarà viva se no me lo avrebbero detto…” E intanto la coda guadagna qualche altra mattonella.

Una si è data alla panificazione e incassa i complimenti delle altre cui pochi giorni prima ha distribuito gli assaggi in quelle spettacolari scatole di latta che hanno il sapore della festa. Vecchie, riutilizzate, graffiate, bollate, ma basta aprirle per leccarsi i baffi. Protagonista del momento è un pan brioche da urlo, gustato e approvato da tutte nonché dalle rispettive famiglie. Niente da fare, secondo l’autrice “si può migliorare”. E intanto un’ora abbondante è passata e si stanno per lasciare le mattonelle del portico per quelle della stazione, son progressi.

“Parlano anche con le mattonelle!”

Una volta che si è dentro la stazione il gioco è fatto, questione di minuti. Nella saletta si entra a gruppi di 50 e si resta 10 minuti. Già, dieci minuti in cui una guida specializzata ci aiuta a capire dove siamo. Sarà anche una sala di attesa, ma la vera attesa la fai prima! Si tratta di una stanza piccolina ed elegante, che due grandi specchi provano ad ampliare, e ci riescono. Progettata poco dopo l’unità d’Italia, quando Torino era capitale, ma completata quando ormai non lo era già più. Si respira storia e orgoglio sabaudo in questa sala vip dell’ottocento. Non diciamo di più, andatela a vedere.

Randagia, che la compagnia è metà dell’avventura

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