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Ma la Cialma dov’è?

Posted on Gennaio 29, 2018 by randagia

Vallone degli Invincibili

Posted on Ottobre 13, 2017 by randagia

Punta Ramiere

Posted on Luglio 31, 2017 by randagia

Ti presento il mio rifugio….

Posted on Maggio 7, 2016 by randagia

E’ venerdì, hai sonno e andresti volentieri a dormire, però…

Però la vita del rifugista ti ha sempre affascinata, e se trent’anni fa il tuo film poteva essere “Volevo sposare Simon Le Bon”, adesso sarebbe “Volevo sposare un rifugista”. E allora prendi un caffè e vai, vai a sentire cosa hanno da dire due rifugisti della tua zona: Nino del Vaccarone e Andrea del Gastaldi.

La serata è nella nostra sede Cai, alla tesoriera. La sala è piena, qualcuno sta anche in piedi.

Nino è accompagnato da tre donne: una bellissima moglie, una bambina vivace ed una bambola di pezza.
Andrea, che fa egregiamente le veci del gestore ufficiale, è accompagnato da qualche amico e da una contagiosa passione per le vie di arrampicata.

Il presentatore della serata ci spiega “Il filo che lega i due rifugi è Antonio Tonini.”
Ah si, e chi è? Chi mi siede vicino mi guarda male, possibile che io non sappia chi sia questo Tonini? Poco male, tanto stasera me lo spiegano.

Tonini è il primo scalotore di quasi tutte le vette della Val d’Ala: nel 1857 l’ingegner Tonini viene spedito in Val d’Ala per prendere misure trigonometriche delle varie cime. Il suo aiutante, Ambrosini, sotto minaccia di licenziamento, si carica un leggero strumento di misura, saran stati si e no 40 chili, su queste “collinette” intorno al Gastaldi che superano i 3.000 metri, come la Bessanese e la Ciamarella, giusto per dirne due poco note. Nelle valli del Gastaldi, nasce la storia di Tonini come alpinista. Purtroppo nelle valli del Vaccarone questa storia di chiude: la caduta in un crepaccio nella valle dell’Ambin non gli lascia scampo. (Il vicino di sedia sostiene che sia stato Ambrosini a buttarlo giù). Pare che ci sia una targa a suo nome da qualche parte, vista dal nonno dello zio del cugino, ma non si sa dove sia esattamente, da qualche parte, sul terreno sfasciumoso del Ghiacciaio dell’Agnello.

Ah bon, capito il filo della serata andiamo al sodo.

Nino ci presenta le valli del Vaccarone con il suo accento non proprio autoctono e con le sue spettacolari foto: nubi in basso a Luglio, nubi in alto ad Agosto, albe rosa e notti di fulmini. La posizione interessante sul Tour d’Ambin: passando dal lago del Moncenisio, o attraversando il famoso Pertus di Romean, non importa che via si scelga, che direzione, quello che ci consiglia è la calma e l’osservazione. Evitiamo i panini mangiati in fretta sulla panchetta del rifugio per scendere, andiamo venti metri più in là, mangiamoceli guardando il lago, assaporando il panorama. I fortunati possono incontrare ermellini e pernici, gli stambecchi invece sono quasi una garanzia per tutti. Il momento più bello qui è l’alba, e ce lo mostra con una bella selezione di foto scattate dalla finestra della sua cucina. Una cucina con vista. Ci tiene anche a dirci che in quella cucina cercano di evitare il più possibile di aprire scatolette: cibo fresco, verdura fresca, questo vogliono dare ai loro ospiti, e se lo portano su a spalla, per 3 ore. Il vicino Rifugio d’Ambin ha adottato un’altra tecnica di trasporto: lascia una cassetta con quello che serve ad inizio sentiero ed un cartello “Grazie a chi ce lo vorrà portare al rifugio”. Pare che il rifugista così salga sempre scarico. Francesi, chissà se anche in Italia potrebbe funzionare.

Dalle parole di Nino e Andrea, si capisce che non tutti gli escursionisti sono poi così esperti: Andrea ti punta una zona in foto, dove tutti si confondono e “tocca andarli a riprendere”. Nino ti spiega che “Spesso la gente crede di andare a destra e poi va a sinistra. Allora anche se ci chiedono colazione nel cuore della notte, abbiamo preso l’abitudine di alzarci anche noi invece di lasciare tutto pronto: giusto per guardare che direzione prenderanno per poi sapere eventualmente dove andarli a cercare”.
Sia Nino che Andrea fanno parte del Soccorso Alpino, e meno male che ci sono!

Un bel video illustra il Tour della Bessanese, che unisce rifugi italiani e francesi. L’entusiasmo di Andrea ci racconta la storia di Tonini con questo gusto per l’alpinismo antico, e sfruttando la sua figura ci presenta tutte le vette della sua valle: la Ciamarella e il Collerin, raggiungibili con vie di alpinismo Facile (F) o Poco Difficile (PD), ma si vede che la passione sale quando ci racconta dello Spigolo Murari (AD+, più che Abbastanza Difficile) per salire alla Bessanese invece della via normale.

Una bella serata, due belle persone, tante belle escursioni.

Randagia, che non sa da quale valle iniziare…

La Traversata dei Re Magi

Posted on Aprile 2, 2015 by randagia

E’ una manifestazione storica, una roba turistica, una passeggiata. Con queste parole ti convince e ti iscrive alla decima edizione della “traversèe des rois mages”, una escursione scialpinistica che ogni anno, dall’olimpico 2006, il Cai di Bardonecchia e il Caf di Modane Valfrejùs organizzano, per commemorare una storica traversata alpinistica. Le prime edizioni sono state agonistiche, con tanto di pettorali, imbrago e salita alla vetta Thabor. Le ultime più turistiche, o per lo meno senza pettorali e imbraghi, dichiaratamente aperte a tutti.
Traversata dei Re Magi
Quest’anno si parte dalla Francia, da Valfrejus e si arriva a Bardonecchia. Tocca quindi a noi italiani svegliarci prima per andare in bus dagli amici d’oltralpe. L’appuntamento è a Pian del Colle alle 6:30, che poi sono le 5:30 con l’ora solare. E’ buio. Tu sai infilarti gli scarponi al buio? No, ma il furgone parcheggiato vicino ti ospita sotto il suo invidiabile impianto di illuminazione. Son già simpatici sti partecipanti.
Quando arriva il pullmann si accendono le luci e si iniziano a vedere le facce altrui: tutti alti, magri, fisicati e marchiati con teste di leopardo da testa a piedi. L’attrezzatura non fa lo scialpinista? Forse no, ma ti dà comunque un’idea.

In bus si arriva Valfrejus, e mentre si registrano le iscrizioni, si consuma una colazione a “pain de chocolate” che mette il buon umore. Qualche faccia è conosciuta, qualcuna lo diventerà. Si parte con le pelli? Si parte in discesa? Si parte all’insegna dell’arrangiarsi. Poche le raccomandazioni: “La traccia è segnata, ci sono bandierine verdi e rosse, seguitele e fate dei piccoli gruppi”. Parte il primo gruppetto, due o tre persone che ti sembrano sfocate tanto son veloci. Parte il secondo gruppetto e non è da meno. Partono tutti gli altri: un unico gruppetto da cinquanta persone, una mandria. E trascinata dalla mandria, fai la prima salita. Al cambio d’assetto, c’è chi si toglie le pelli senza neanche togliere gli sci e chi invece le infiocchetta e le ripone nello zaino. Opti per la via di mezzo: le stacchi e le infili sotto la giacca, quella sana sensazione di umido sullo stomaco, che tanto bene non fa. La discesa è caotica, nessuna difficoltà tecnica effettiva se non schivare gli altri, che scendono come meteore impazzite. Una passeggiata turistica? Questi corrono! Ma chi te l’ha fatto fare di buttarti in questo caos? Ma una bella gita tra pochi amici, no?
Si ripresenta la salita, per fortuna. Pian piano il gruppo si trasforma da mandria al pascolo in processionaria in fila, il sole splende, il vento tira, la calca non c’è più. Trovi la tua dimensione: ne hai parecchi davanti, parecchi dietro, puoi andar serena. Qualcuno ti sorpassa dichiarando “Il n’est pas froid”, “gnanca na frisa” rispondi tu, con la pelle d’oca sotto le maniche corte. Qualcuno, nonostante la testa di leopardo in fronte, ti si affianca e fa due chiacchiere “La prima volta? In questa direzione è bella, ma nell’altra come sciabilità è migliore, ci vediamo l’anno prossimo”. Certo, perchè oggi mica riesci a stargli dietro. Ma va bene così.

Il sole se la gioca con il vento per regalarti degli spendidi scorci: sei in un corridoio bellissimo, sulle alpi. Non importa se siete uno o cinquanta, adesso quel panorama è tutto tuo, e nonostante la fatica, o forse proprio per la fatica, lo trovi bellissimo. Il fascino della traversata è anche questo: gli occhi non puntano alla vetta, all’arrivo, non sono chiusi in una valle, galleggiano su una, poi due, tre valli.

Chissà se davvero devi passare i Re Magi: mica li riconosci, non sei fisionomista con le persone, figurati con le montagne. Riconosci il Rifugio del Thabor però, dove qualcuno ti urla: “Vai che c’è una torta buonissima!”. Beh, c’era: perchè quando arrivi tu è rimasto solo il te con la frutta secca. Poco importa, ora si scende. Via le pelli per l’ultima volta e giù, parlando italiano con i francesi, e francese con gli italiani, confondendo la fatica con il divertimento, vivendo una splendida esperienza.

Arrivi ai rifugi della Valle Stretta, dove ti attende l’ultima fatica: il pranzo. Nell’attesa, ecco una coppia di turisti, italiani. Lui urla a lei “Cosa vuoi che ci diano da mangiare qui, con sto branco di coglioni che fa casino!”. Il branco, siamo noi. Informiamo la malcapitata che c’è una manifestazione scialpinistica qui, e magari all’altro rifugio ci sono meno “coglioni”. Lei arrossisce e si scusa “scusatelo, è arrabbiato perchè l’ho fatto salire a piedi, a lui piace il mare, a me la montagna ma sapete in una coppia…”. Ma cara figliola, butta un occhio sul ben di dio di figlioli del branco, e lascia perdere l’uomo da mare. L’amour a l’è nen pulenta. Ma che buona che è la pulenta, ottima conclusione di una divertente esperienza.

Il prossimo anno? Si rifà, certo. Complimenti agli organizzatori: per l’agilità nei trasporti, la qualità dei ristori, la costanza che ci mettono tutti gli anni.

Randagia, che tiene d’occhio il sito ufficiale http://traverseedesroismages.hautetfort.com/

Alti e Bassi

Posted on Agosto 19, 2014 by randagia

Le Grigne. Vicine ma sconosciute. Fino all’altra settimana.

Grignetta. Grignone. Grigna Meridionale. Grigna Settentrionale. Oh, ma quante sono? Solo due, il resto è scena. La Meridionale, la più bassa di quota (2184 m.) è la Grignetta. Quindi per esclusione, ed anche per quota (2410 m.), la Settentrionale è il Grignone. Poi abbiamo il Resegone, che con i suoi nove dentoni, è stato protagonista, insieme al più popolare “Quel ramo del lago di Como”, dell’incipit dei Promessi Sposi: con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega.

La grandine di questo insolito ferragosto, ci consiglia di trasformare la già programmata traversata delle Grigne di due giorni, con pernotto al Rifugio Brioschi, in una di un giorno solo, con partenza dal Rifugio Carlo Porta. Ah no, l’itinerario non cambia, il dislivello rimane di 1800 metri, solo hai un giorno in meno per percorrerlo.

Al Porta oltre noi, solo altri due ospiti. Hanno attraversato il lago a nuoto stamattina, e salgono nel pomeriggio. Ma allora vedi che i NuotoEscursionisti esistono? Esistono, ma non arrivano. Nell’attesa Claudio, il simpatico gestore, ci da due dritte per la Traversata Alta. Le nostre domande per capire se si può alleggerire lo zaino di imbraghi e caschi lo fanno sorridere: “Io vado sempre con lo zaino pieno, perchè poi succede la volta che lo devi riempire e non ce la fai”. E lo so, caro Claudio, ma quella volta per me potrebbe essere domani. Avendoci ormai presi per delle mezze calzette, ci consiglia anche dove parcheggiare la macchina per evitare l’ultimo tratto di strada asfaltata al rientro. E noi mezze calzette ti ringraziamo, Claudio. Alle 22 arrivano gli altri ospiti, notevolmente provati dalla giornata. Tutti sani e salvi, si può andare a dormire.

Partiamo presto, che il sole c’è ma non scalda ancora. Saliamo alla Grignetta seguendo il sentiero 7. Dapprima nel bosco, poi all’aperto su un sentiero sassoso che dipinge i contorni della cresta nel verde, la Cresta Cermenati. Fonti d’acqua, niente. L’acqua qui è venuta, ha distrutto i sentieri, ed è andata via.
Un uomo porta sullo zaino due materassini, un ragazzino lo segue. Stanno scendendo dopo aver dormito al Bivacco Ferrario, in vetta alla Grignetta: a zero gradi, alla faccia del Ferragosto! Il ragazzino sembra voler far colazione al caldo dalla mamma, e forse anche il papà.
Superiamo un canalone, aiutandoci con le mani. Mancano venti metri alla vetta, e sto bivacco ancora non si vede. Ma possibile? Ancora qualche passo, un paio di comode catene aiutano quando si fa un po’ esposto, ed eccoci. Di fronte a noi, il modulo lunare del bivacco: un esagono essenziale, senza nulla dentro se non un diario di vetta, esaurito, e qualche candela. Sul diario qualcuno discute se siamo a 2177 o 2184 metri. A noi poco importa la quota esatta, siamo sulla Grignetta. Attorno a noi, il panorama è bellissimo: si vede il Rosa, il Bianco, il Grignone. Ma mentre per il Bianco ed il Rosa è tutta poesia, per il Grignone son cazzi: lo devi raggiungere in giornata ed è lontanissimo!

Proseguiamo la Traversata Alta scendendo il canalino Federazione, dietro il bivacco. Bolli e catene indicano bene la strada. “Randa, in fuori con quel culo! E vai serena che quelle braccia ti reggono”. Sì sì, la teoria è quella, ma nella pratica, non è facile persuadersi che le braccia attaccate ad una catena sappiano tenere su me e il mio impercettibile fondoschiena. Comunque, obiettivamente, è facile per chi ha un minimo di dimestichezza con la roccia.

Da qui si scende, si scende, si scende. Sempre in cresta, sempre panoramico, ma si scende, fino al Buco di Grigna (1803 m), dove inizia un’altra gita: per il Grignone, risalendo per sentiero distrutto, roccia bagnata e fango. Sbucati su una cresta erbosa, ci ritroviamo in mezzo ad un’infinità di pecore, belle, bianche. Fanno poco nella vita: mangiano e cagano. Mangiano nei prati, cagano sul sentiero. E non è bello, quando nei tratti successivi su roccia, tu devi mettere le manine dove il socio ha già messo i piedi. Non è bello.

Risalite verticali e traversi, sempre con l’aiuto di catene, sempre da prestare attenzione, ma mai difficili o tecnici. Non ci siamo assicurati. Il casco? Con tutti i corvacci che volavano e atterravano facendo cader pietre sarebbe stato meglio indossarlo. Dopo tanta roccia, un bel traverso in piano, e dal sentiero deserto arriviamo all’autostrada: alla bocchetta della Bassa incontrariamo la folla che sale da Plareial per il pranzo al rifugio Brioschi.
La stanchezza si sente, la foschia in parte aiuta: almeno non vedo quanto il rifugio sia ancora lontano. C’è chi sale leggero, chi scende in bici, due ragazzine salendo parlano del loro primo amore, ma camminano troppo piano: se rallento per sentire come va a finire la loro storia, arrivo talmente tardi che finisce anche la mia. Un piatto di polenta al Brioschi con il socio che commenta “Ma non starò diventando troppo merendero? Dai dai non rilassarti troppo che si riparte”. Il rifugio è un buco, ma ben tenuto. Quattro tavolate ben stipate, polenta servita subito. Qualunque sia il meteo, il gestore ti dirà che c’è il sole. Infatti così aveva fatto ieri con me quando gli avevo detto che annullavo la prenotazione per maltempo. “Qui c’è il sole”. Ora che lo vedo, non mi faccio più tante domande. Mezza altezza, massiccio, tatuato. Uno che non farei incazzare mai, e se dice che c’è il sole, mi metto la crema protettiva.

Si torna alla bocchetta della Bassa, e si scende verso Prareial. Inizia la traversata bassa. Ormai ci sono le nuvole, ed il panorama non è spettacolare come prima, nè ci sono passaggi su roccia. Si può scendere in relax, per quanto relax si sappia concedere su un sentiero che è tutto un sasso. Dopo Prareial, si addentra in un bosco e le ultime due ore di cammino sono più morbide. E’ stata lunga, non vedo l’ora di togliermi gli scarponi, ma quando il sentiero sbuca sullo sterrato cambio idea. Siamo a Pian delle Fontane. Un cartello “Vendita Formaggi” e qualche bel tavolo nel giardino di una cascina invitano ad una merenda sinoira. Non puoi non fermarti a comprare qualcosa. Quartirolo e caciotta da portar via e un formaggio fresco da consumare subito. E buoni che sono. Ora è tutta strada sterrata fino al pian dei resinelli, il socio scherzando ti dice “Da qui è legale fare l’autostop”. Tre minuti dopo ho già il culo poggiato sulla macchina di una simpatica coppia: se il socio vuol salire e sballare le statistiche del GPS bene, altrimenti lo aspetto alla macchina.

Randagia, che se vuoi le indicazioni serie leggi gulliver

I martedì sera – colle della portia

Posted on Maggio 15, 2013 by randagia

Un sole che spacca. E sei al lavoro. Due nuvole in cielo, le prime gocce. E sei fuori dal lavoro, al solito ritrovo con quelli del martedì sera. Il motociclista è venuto in macchina, di acqua ne ha presa abbastanza la scorsa settimana. Qualcuno si presenta, ma causa meteo si dilegua. Qualcuno ha una riunione improvvisa, qualcuno prepara cena per un compleanno che ha da venire, sì tra una settimana, qualcuno si era dimenticato di una commissione su marte. Le defezioni quando minaccia pioggia adducono motivazioni molto creative. “Ma si dai andiamo, al massimo ci prendiamo un aperitivo a val della torre”. Nella mail di convocazione compariva anche il nome del maratoneta, ed un altro paio nuovi. Sbirci su facebook: uno è di quelli che corrono in tutina, l’altra ha un fisico da ministra dello sport. Sarà dura. E infatti lo è. Ma chissene, Colle della Portia l’hai fatto un sacco di volte, anche se ti lasciano sola te la cavi. Si parte da borgata Ciaine, per accorciare un po’ il dislivello. Sentiero. Pietraia. Sentiero di pietre. Pietraia. L’ideale quando minaccia pioggia. L’apripista ha un passo niente male, che dopo poco non tieni più. “Randa, guarda che bei narcisi!” recita qualche speranzoso, pensando che ti servano solo distrazioni. No, è il fiato che ti serve, e nessuno te lo può prestare. “A sinistra!” c’è il passaparola dai primi agli ultimi, che se sbagli lì non ti passa più. Poi diventa mulattiera, e chi vuoi che si perda? Forse chi per recuperare il branco non alza neanche gli occhi dal terreno e parte per la tangente in una curva, finendo in un sentierino che presto si dimostra sbagliato? Già sei lenta, se ancora sbagli strada… Torna sui tuoi passi, datti dell’idiota, e continua per la mulattiera. Si vede solo più cielo, ci sei. Si vede solo più cielo e due sagome che stanno scendendo ma si fermano con un “Ah no, eccola!”. Gentiluomini, tra un’imprecazione e l’altra sarebbero anche venuti a cercarti. Al colle, il panorama non è dei meglio, tutto grigio. Ma intanto, mica hai il tempo di godertelo: gli altri son su da un pezzo, si scende! Eccerto, entra nel rifugetto a firmare il diario. C’è chi fa il solito disegnino, che non hai tempo di riguardare: quando ci passerai la prossima volta ti farai una risata. Il branco in discesa è più socievole, si riesce anche a raccontarsi pezzi di vita oltre al classico “come stai?!” del parcheggio.
Qualcuno deve scappare, ma qualcun altro si ferma per un boccone al pub, a concludere la serata.

Randagia, che macchinata bagnata, camminata fortunata

Trofeo Mezzalama: emozioni in Valle Stura

Posted on Maggio 5, 2013 by randagia

Sabato 4 Maggio.
Partenza alle 5 da Mirafiori per noi, direzione Valle Stura.
Partenza alle 5 da Breuil-Cervinia, per i nostri eroi che gareggiano nel Trofeo Mezzalama. C’è la squadra mista: Luca, Sara e Raffele. E te le ricordi le espressioni di Sara di qualche giorno fa: “Si ma quest’anno Luca non farà il tempo di due anni fa, ha me in squadra”. E lo dice con quel senso di colpa malcelato, misto affetto esagerato per il fratello, che a sentirla ti dispiace quasi di essere figlio unico. C’è la squadra maschile: Andrea, Giambe e Ricky. Gli occhi che brillavano d’emozione nel raccontarci dell’Adamello Ski Race, diventano quelli di bambini seduti di fianco ai loro eroi, Kilian Jornet e Jaquemode, nel briefing del venerdì.
Comunque vada sarà un successo, per tutti.

Una delegazione di fan attende gli atleti al cancelletto del Breithorn, scambiando continui aggiornamenti con il Diretur e altri della gita. Chi al tifo ha preferito la gita mette gli sci sullo zaino di fronte alle terme di Vinadio. Qualcuno chiede “Ma hanno passato il cancelletto?” certo che sì, avevi dubbi? L’han passato eccome, mica come noi che alle 9 siamo ancora lì a gabolare con gli attacchi degli sci.

Si sale, ognuno con il suo passo, noi.
Si sale e si scende, con ritmi che è difficile immaginare, figuriamoci descrivere, loro.

1900 metri di dislivello in meno di due ore, loro. 1300 in oltre tre ore, noi.
Alla piramide che porta in vetta, ammettiamolo per dovere di cronaca, ai nostri atleti non ci pensavamo più: chi è salito agile e veloce, chi ha rallentato il passo talmente che l’istrutture di turno si è offerto di prendersi nello zaino la roba più pesante, chi ha messo a dura prova i propri nervi su questa neve che non tiene, chi ad ogni gucia prometteva “il prossimo anno mi alleno di più”.

Il piede fermo e veloce su creste sottilissime sopra i 4000, loro.
Il culo a terra per una gucia sbagliata sulla piramidina della vetta, noi. Chi lo sa fare, disegna curve perfette nella discesa, su una neve bella e trasformata sotto il sole primaverile. Gli altri le disegnano un po’ meno perfette, ma sempre con il sorriso. Qualche canalino da stare attenti, qualche bella curva tra i pini, con la silenziosa soddisfazione del non averne centrato nemmeno uno.

Fatta eccezione per un ginocchio, tutti sani e salvi al parcheggio, noi.
Tutti al traguardo, loro? Non si sa. Le notizie non arrivano in tempo reale.
Ma alla cena all’osteria della pace, a Sambuco, dove pernotteremo, arriva l’aggiornamento del Diretur, e tutto ci è svelato. Luca e Raffaele hanno alleggerito il carico a Sara, dispensandole barrette ed energetici quando serviva purché salisse veloce. Ma quando c’era da scendere, starle dietro era tutt’altro che facile anche per due altleti come loro. Qualcuno ha avuto un momento di crisi (forse per solidarietà con Kilian?) ma l’affiatamento e lo spirito dei compagni lo hanno aiutato ad andare avanti e concludere l’impresa, in una gara in cui non conta il podio, conta arrivare, contano le emozioni e le sensazioni di ogni atleta alla partenza, sulla cresta del Castore, sul passo del Naso, sul ghiacciaio del Lys.

I calici si sono sollevati al merito per i nostri atleti, le forchette si sono abbassate sui cruset e sull’agnello sambucano, per i nostri stomaci.

Randagia, alla fine di un corso che ha mantenuto le sue promesse, e anche di più

Colle Tovetto, itinerario perfetto!

Posted on Aprile 21, 2013 by randagia

“Non è mai sensato mettersi contro la natura, a sto giro vince lei”, dice il saggio. Anzi la saggia, con le gambe sotto il tavolo. La neve scende calma e costante. Qualcuno da dietro le finestre aspetta ancora Babbo Natale, peccato che abbiamo già passato Pasqua. Siamo arrivati questa sera qui, al Rifugio Ciriè, Pian della Mussa.
La pioggia triste e grigia ha ridotto drasticamente il numero di partecipanti. Noi, per ottimismo o perché non avevamo di meglio da fare, abbiam messo gli sci ai piedi nel tardo pomeriggio all’ironico incitamento di “Sfruttiamo questa schiarita, ragazzi!”. Infatti partiamo con la schiarita e saliamo con la nevicata. Che poi quel bianco tra i pini, misto nebbia, in fondo piace pure. Dopo qualche minuto i colori delle giacche e degli zaini quasi non si distinguevano: tutti bianchi di neve. Saliti chiacchierando, o ascoltando le chiacchiere altrui, che risulta più comodo quando il fiato non abbonda. Chi conosceva la zona non aveva parole gentili per i sei chilometri di noiosa stradina per arrivare all’altro lato del Piano, dove c’è il rifugio. Chi non la conosce, oggi la apprezza, domani cambierà idea. Siamo arrivati in un’oretta, con qualche centimetro di neve accumulato sullo zaino, sui cappellini ed anche sui bastonicini. Sci accatastati all’ingresso e corsa alle stufe per asciugare l’asciugabile. Capi sintetici adagiati sui poutage a sfidare note leggi della fisica.
Se ne scende tanta così, domani mattina facciam colazione ad Ala. Il piano A, punta Adami, salta quando ci servono un fantastico risotto gamberetti e zucchine. Il piano B, Croce rossa della Sea, sfuma con lo strudel. “Non è mai sensato mettersi contro la natura, a sto giro vince lei”, dice il saggio. Il piano C inizia con “ubriacatevi ragazzi!”.
Al mattino, l’impavido di turno esce a fare i rilevamenti: oltre 60 centimetri di fresca. I canaloni non hanno ancora scaricato, e non saremo certo noi a farli scaricare. Non ci resta che la seconda parte del piano C: aspettiamo il Diretur e quelli che hanno puntato la sveglia alle 3 per raggiungerci da Torino, e con loro torniamo a valle, concedendoci però una deviazione collinare: la grande scalata al “Colle Tovetto”, 400 metri di dislivello, allenamento ideale per chi la prossima settimana parteciperà al Mezzalama, no? E’ tutta nel bosco, senza rischio quindi, o quasi. Un pendio un po’ più inclinato, senza alberi, ci fa mettere in pratica la “tecnica di alleggerimento”: uno per volta, che stiamo in sicurezza e diamo un po’ d’emozione. Al colle arriviamo tutti insieme, senza distacchi, roba che sulle gite serie degli ultimi tempi, dove accumulavamo ritardi di un’ora, ci sognavamo.
Si scende in un attimo, si toglie la neve delle macchine. La gita continua nella sua versione enogastronomica: acquisti di salame di Turgia e piola ad Ala.

Randagia, che ci si diverte anche quando ci si arrende.

Ferrata di Camoglieres – c’è processione e processionaria

Posted on Aprile 14, 2013 by randagia

Quattro donne, quattro uomini. Destinazione Ferrata di Camoglieres, Val Maira.
Tappa d’obbligo a Verzuolo, ma no, non alla pasticceria della piazza dove si ferman tutti. Al baretto poco più in là, dalla barista dagli occhi blu e dal bel sorriso, molto apprezzati soprattutto quando si gira a fare il caffè.
“Ragazze, non è colpa nostra, ste gite all’inizio eran di soli maschietti, e poi è diventata tradizione fermarsi qui…”. Nessuna obiezione: in fondo ci portano ovunque, ci fanno scegliere le destinazioni, c’è sempre una corda pronta, un cancelletto controllo nodi pre-partenza, e soprattutto, quell’atto da gentlemen che la macchina una donna non la prende mai: e non stiamo a menarla, su queste cose mica insistiamo per la parità.

Una giornata di sole pieno e nuvole in sciopero. All’attacco, tre ragazzi che stanno rinunciando. Troppo difficile per loro. Peccaro. L’uomo con la corda detta l’ordine di partenza e si parte, sento le risate isteriche della new entry qualche cambio più giù. Ohi, mi preoccupo? Chiedo notizie all’uomo con la corda che mi tranquillizza “No, no tutto bene. Come? Risate isteriche? Che ne so se erano isteriche, rideva, ho dedotto che andasse tutto bene…”. Guardo giù, e i tre ragazzi che sembravano aver rinunciato stanno salendo: ci han visti e han pensato “Se ce la fanno quelli!”. Grazie, la nostra buona azione per oggi è fatta.

La ferrata si articola in cinque segmenti distinti, dopo ogni tratto una via di fuga. Ma le vie di fuga, o vie di figa, come qualcuno si è premurato di correggere su qualche cartello, non sembrano servirci. Un pilastro, due. Il “cordino corto”, il più amato dalle donne, aiuta nei cambi più difficili. La bellezza del paesaggio, anche se qualcuno non osa guardare giù, accompagna in quelli semplici. Lunghissime cordate di processionaria, o “gatte” ci tagliano la strada: sembran millepiedi che van tutti avanti in fila, ma si tratta di un parassita dei pini urticante per gli umani. Un ponte tibetano da 50 metri, niente male: ma com’è che quando hai imparato a fare quelli con una fune sola per i piedi, qui te ne mettono due? E’ comunque facile, solo luuuuuungo. Qualcuna sculetta nell’attraversamento, qualcuno si limita a due paroline contro il vento, che fa ondeggiare più del dovuto. I più concentrati non hanno neanche sentito il potente odore di campagna che la valle emanava in quel tratto.

Ultimo segmento, il più difficile, il più strapiombante. Uno di noi rinuncia, l’uomo con la corda, un po’ preoccupato per la new entry le dice “Io non ti consiglerei di farlo, poi valuta tu”. Diciamo che se gli uomini non sanno leggere tra le righe, le donne non sanno leggere tra le rocce: “Ah beh se non me lo consigli, non mi dici di non farlo, quindi vengo!”. Nonostante la mia traduzione in tempo reale “Secondo lui è meglio che non la fai, solo che non si osa dirtelo”, l’entusiasmo della new entry è troppo alto e chi la ferma più? “Allora dai ci provo, se ho problemi… che succede?”. La solita voce tranquilla afferma “Al massimo c’è una corda, in qualche modo se ne esce”. L’ultimo pezzo è bellissimo, due tratti strapiombanti, ma con parecchi ferri, e anche chi ha gambe corte e culo grosso se la cava. La new entry, neanche un problema: gran donna, arriva su con un sorriso smagliante e festeggiata da tutti! Ancora quattro passi per arrivare in vetta, firma del libro (grazie a quel Gigi che l’ha portato su!), e giù a spaparanzarsi al sole.

Randagia, che è primavera svegliatevi cordini…

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