Da Ceva ad Albenga in mountain bike

Sei abituata ad andare in giro tutte le settimane: a sciare in montagna, a camminare al mare, in canoa al lago. Conosci la procedura: lui pianifica la gita, lui controlla il meteo, tu prenoti alberghi, poi si parte e si spende il meno possibile. Questo nella vita a due.

Quando vai con un’amica è diverso:

  • Pianificate insieme la gita: vi messaggiate tutte le proposte per poi trovarvi una sera, con la cartina e i bicchierini di limoncello sul tavolo a decidere l’itinerario. La cartina ne esce un po’ appiccicosa, ma voi sembrate soddisfatte.
  • Controllate entrambe il meteo: su siti differenti che non concordano mai, messaggiandovi regolarmente per poi concordare che piove e forse è meglio rimandare di almeno un giorno. Fortuna che una è in pensione e l’altra in cassa integrazione, così ve lo potete permettere.
  • Prenoti tu perché sei quella che di internet ne capisce, peccato che fai un casino per cambiare la data che quasi paghi due volte. Per fortuna esistono gli albergatori di classe che non chiedono penali alle sbadate come te, grazie a Riccardo di Albergo Ponte di Nava!

Poi si parte e si spende il meno possibile, questo vale sempre.

L’amica ha ambizioni degne delle sue allenate gambe: da Torino a Albenga in due giorni. E’ disposta a ridurle per venire incontro alle tue: si parte da Ceva anziché da Torino, non sarà altrettanto epico ma non fa certo schifo.

Nello zaino il minimo indispensabile, nessun bauletto sulla bici e via. L’amica allenata ha dettato alla sua app le tappe che volete fare e ha creato un percorso di ciclo-escursionismo da seguire con il GPS.

Parcheggiate l’auto alla stazione, sperando non ve la aprano, e partite. Avete ancora l’emozione della partenza nel cuore e il freddo nelle gambe quando vi viene incontro una bella rampa con il suo deciso 16% di pendenza: non c’è via di fuga. Tu sei l’anello debole, ma non puoi cedere già all’inizio: stringi i denti e il manubrio, spingi con tutte le tue forze e intanto ti chiedi chi te l’abbia fatto fare. Superata la difficoltà la socia ha come un’illuminazione: “Sai che ci ha fatti passare di qua perché l’app ha l’impostazione CICLISTI ALLENATI?”. Che dire, ringraziarla per non aver impostato SFIDE IMPOSSIBILI?

Una foto ai cartelli per dare il via alla vacanza.

Una foto ai cartelli per prendere fiato e per iniziare ufficialmente la vacanza, perché questa ha tutto il sapore di una vacanza. Si pedala in salita, si chiacchiera in pianura, si respira a pieni polmoni in discesa. O meglio, lei chiacchiera anche in salita, tu meno. Ti spiace non aver fatto una foto a Mondovì che fa mostra di sé sul crinale, sarà per la prossima volta, ma almeno il castello di Battifollo riesci a immortalarlo. La primavera è la più bella delle stagioni, quando tutto è in fiore ogni posto ha una marcia in più, allergie a parte.

Castello di Battifollo
Un saluto alle amiche a casa: scagli la prima pietra quella che non ha una chat di amiche battezzata “le galline”…

La Ciclovia del Tanaro

E’ domenica ma le strade che percorrete sono poco trafficate e panoramiche, attraversate il piccolo centro di Bagnasco, dove ogni casa è affrescata e poi purtroppo sì, un tuffo sulla statale è obbligatorio, ma dura poco ed eccovi a Pievetta, dove inizia ufficialmente la Ciclovia del Tanaro.

Pievetta, Ciclovia del Tanaro, apparentemente una ciclabile per famiglie…

La famiglia ti ha mandata in avanscoperta, devi far sapere se è alla portata di tua madre, che vuole solo ciclabili pianeggianti e senza tornanti. “Esigente” direte voi, ma riparliamone quando e se anche voi avrete 80 anni come lei. Asfalto nuovo di zecca e recinzioni in legno che non hanno ancora visto una pioggia, promette bene!

Non si dimentica l’alluvione del 2016.

Dopo qualche chilometro l’asfalto si inasprisce, un po’ portato via dal tempo un po’ dall’alluvione, a tratti scompare trasformandosi in un passaggio più stretto, alternando sali scendi divertenti, asfaltati e non, fuori e dentro il bosco. Forse non esattamente il sogno di tua madre.

Ciclovia del Tanaro, dopo Garessio. Per famiglie tipo quella di Brumotti.

La prima giornata è andata: poco più di 50km, poco più di 1000 metri. Ma che bello essersela organizzata da sole, ascoltando i consigli degli amici ma adattandoli, e soprattutto azzeccandoci: sia con il meteo che con le strade da fare.

Ponte di Nava

Ora si seguono i consigli di chi dal Nava ci passa tutte le settimane: salsiccia stagionata e pane al grano saraceno nel negozio in piazza. Ingenuamente chiedi se hanno delle birre in frigo: “Ma la sente la temperatura qui? Le sembra che ci serva un frigo? “. In effetti…

Da fuori potrebbe non dire niente, ma al banco gastronomia la salsiccia stagionata parla da sola.

Per la notte non si poteva scegliere posto migliore: siamo state all’ Albergo Ponte di Nava. Riccardo è stato gentilissimo nel consentirci di spostare la prenotazione di un giorno per evitare di prenderci il diluvio. Abbiamo potuto apprezzare il loro comodissimo parcheggio bici, i gnocchi a cena e una Colazione con la C maiuscola. Consigliatissimo, se ti va prenotalo da questo link così anche io avrò un piccolo credito senza che tu debba spendere di più: Albergo Ponte di Nava.

Clicca qui per prenotare, è un modo per dire a booking.it che ti mando io.
La tariffa rimane invariata per te, ma una piccola percentuale viene a me: se ti sono stata utile è un buon modo per dirmelo.

Inutile parlare di parità, quando siete solo donne a organizzare una gita controllate tutto mille volte: “Che poi quelli sai quanto ci prendono in giro se sbagliamo qualcosa?”. Nel relax della giornata che sta per concludersi, iniziate a pensare al domani e vi accorgete di aver dimenticato un piccolo dettaglio: la quota. Al mattino presto dovrete salire a 1380 metri: potrebbe far freddino. Le previsioni danno 6 gradi e vento: “Te li hai i pantaloni lunghi? E i guanti? Nemmeno la giacca pesante, tanto si va al mare…”. Sì, ma al mare dovete ancora arrivarci. Da quando uno ti ha raccontato che i danesi in bici se fa freddo tirano su la cerniera della maglietta, se fa caldo la tirano giù e non stanno a mettere tante giacche ci provi anche tu, con il risultato che prendi delle grandi “giaccate” di freddo. Non siete troppo tranquille ma ormai è fatta: vi metterete addosso tutto quello che avete, cioè poco, e lascerete che la salita faccia il resto.

Ad alleviare le vostre preoccupazioni ecco che una simpatica coppia di ciclisti vi attacca bottone: lei vestita e agghindata da sera, ma come ha fatto? Eppure era in bici come voi, voi che anche di sera rimanete vestite da bici, se non peggio. Sono arrivati qui in e-bike facendo lo stesso percorso che farete voi domani “Oggi c’era la neve, fa ben freddo lassù. E poi da qui sale, ma è durissima, ma sicure di farla?” . Stai per svenire, mentre la socia ride: “Stai serena, lasciali parlare, tu domani prendi il tuo passo e sali finché c’è da salire. Se ci fosse neve a 1300 saremmo qui con gli sci, figurati. La neve sarà solo più nei fossi. ” Adori il suo ottimismo, o forse la sua incoscienza.

Valle di Caprauna

Dopo una colazione da re, mettete addosso tutto quello che avete e risalite in sella. Sulla strada solo voi e questo strano senso di libertà. Il freddo non è poi così pungente e il vento non è ancora arrivato. Il vento no, ma la salita sì: bastano due tornanti per riprendere l’abbigliamento del ciclista scandinavo.

Al Passo di Prale girano le pale

Al Passo di Prale, le pale eoliche ormai sono in movimento: vi ha raggiunte il famigerato vento. Due foto e si riparte, lente ma inesorabili arrivate al Colle di Caprauna, con i suoi benedetti 1380 metri di altitudine e la neve solo nei fossi, appunto. Da qui in poi è letteralmente “tutta in discesa”.

“Fai la foto, che poi quelli ci dicono che facciamo solo asfalto”

Incontriamo le prime anime a pedali, tutte in bici da corsa e “hallo”, di italiani neanche l’ombra. Quando il percorso si sposta su uno splendido sterrato “Facciamo qualche foto, che poi quelli ci dicono che facciamo solo asfalto”. Quelli, siam sempre lì con questa fissa di mostrare che ce l’abbiam fatta a fare qualcosa di bello da sole. Tu le foto le fai, ma a un certo punto lo sterrato si fa sentiero: complicato, mica siete capaci. Che si fa? Si torna indietro? Si prende la bici a spalle? No, si improvvisa una bella alternativa e con qualche chilometro in più si torna a sorridere e si arriva a Caprauna, il paese dove il postino parte ai 100 all’ora per fare 10 metri da una casa all’altra: la Panda è una piccola Ferrari. Rischiate dunque la vita per visitare il mosaico di Caprauna nell’ora di consegna della posta, ma ne uscite illese.

Caprauna, il mosaico.

La socia ha un’illuminazione di fronte ai cartelli stradali: ti propone di abbandonare il percorso concordato per scendere su Aquila d’Arroscia. Ieri avevate tutto il tempo che volevate e la socia non voleva cambiare una virgola di programma, oggi che invece dovete prendere un treno è piena di fantasia. Seguite il suo istinto ottimista e di fatto non rimanete deluse: la strada si snoda nel bosco con leggeri sali scendi, incontrate due caprioli e una tranquilla mandria di mucche, stavolta ti ricordi di scattare la foto al borgo arroccato.

“Ora andiamo là, Aquila d’Arroscia. O almeno credo.”

Pedalate in silenziosa libertà verso il mare, attraversate tutti i campi coltivati della piana di Albenga e sbucate al mare, una focaccia e due chiacchiere con l’amica che al mare ha deciso di viverci.

Qualcuna arriva da molto lontano, qualcuna è già qua. Isola di Gallinara.

Quando il sole non scalda più, un comodo treno vi riporta fino a Ceva: nessun bagaglio oltre la bici, solo due intense giornate di ricordi, ma quelle non pagano il biglietto.

Randagia, alla sua prima due giorni in bici

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