weekend in val maira
Quando i genitori non concedono il camper, si può sempre dormire in bivacco. Certo il carico sulle spalle aumenta, ma l’ambiente ripaga.
L’uomo prepara con cura il percorso: andiamo in Val Maira, salita all’Auto Vallonasso il sabato e giro ad anello la domenica, passando la notte al Bivacco Angelo Valmaggia.
Io preparo la cambusa: panini gourmet per il pranzo, tortellini disidratati (perché dire secchi suona male) per la cena e porridge per la colazione. Per il pranzo della domenica contiamo di arrivare alla macchina e farci fuori l’insalata di pollo nella borsa frigo.
Siamo a fine settembre, le temperature ormai sono scese anche se il sole splende. Si suda e si beve meno di un mese fa, ma non facciamo economia con le scorte d’acqua, non si sa mai: ne portiamo due litri e mezzo a testa.
salita all’Auto Vallonasso
La salito all’Auto Vallonasso é dichiarata EE/F su gulliver, e allora come mai insieme a noi ci stanno andando anche quei tre con il cane? Se ce la fa il cane, vuoi che abbia problemi io? Arriviamo veloci, io persa nei miei pensieri, mi fermo a metterli giù sul libro di vetta, mentre l’uomo mi urla da poco distante: “È qui la cima!”. La combriccola del cane ci corregge indicando ben più avanti: “È là!”. L’uomo ha già la mente all’inverno, si lascia attrarre dalle anti-cime scialpinistiche e si confonde. Proseguiamo fino alla vera vetta sulle classiche facili roccette. Sono facili solo se non hai un cane che ogni trenta secondi ti passa in mezzo alle gambe: non dici niente ostentando uno spirito animalista che non ti appartiene.
Dei tre con il cane, le donne rimangono ben coperte mentre l’uomo si toglie prima il gilet, poi la maglia maniche lunghe, poi quella maniche corte per fare le foto a torso nudo. Sali vestito come un palombaro e poi ti fai le foto a torso nudo? Contento lui. Forse lo farei anch’io avessi un fisico così.
Scendiamo al bivacco, svuotiamo gli zaini e scendiamo ancora qualche centinaio di metri a riprendere il resto del carico, che avevamo abbandonato in un sacco nero, per ridurre il peso sulle spalle. Ad ogni fischio di marmotta il terrore: e se ci rosicchiano i sacchi e pelo? E se hanno sentito l’odore dei viveri? Avremmo dovuto portarci tutto in spalla o almeno fino al bivacco. Scendiamo veloci e impauriti, ma siamo fortunati: tutto intonso.
notte al bivacco Valmaggia
Luce, gas e riscaldamento esterno a pietra. Niente male. L’illusione di avere il bivacco solo per noi termina quando arriva una coppia di liguri carica come l’esercito, carica di viveri però. Qualche ora dopo un’altra coppia, anzi un trio: la ragazza é al sesto mese.
Il bivacco é da 12 posti, stiamo comodi. Si chiacchiera e si scoprono nuovi giochi, come il gioco dei conigli (The mind). Altro che burraco o scala quaranta! Non lo porterei comunque nello zaino, ma ringrazio chi l’ha fatto per me (con 20 anni e 1000 metri di dislivello in meno, ndr): un gioco di gruppo, collaborativo, un’ottima idea per chi già pensa ai regali di natale.
Qui il video con le istruzioni.
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I liguri smentiscono ogni pregiudizio regionale, dimostrandosi generosissimi: offrono tutto quello che estraggono dal loro enorme zaino: patatine, the e dolci. Anche il sugo nel barattolo di vetro. La torta di riso purtroppo anche per loro é finita.
Quando cala il buio, piumino e berretto e tutti fuori a vedere le stelle: uno di loro ne capisce e elargisce una veloce lezione di astronomia. Saremmo potuti stare ore ad ascoltarlo, ma non a quella temperatura.
La domenica mattina i bravi geni vanno a fare il pieno alla fontana, a pochi metri dal bivacco. Quanta acqua scende da una fontana ghiacciata? Un po’ di dedizione per sciogliere il ghiaccio del rubinetto artigianale, altrettanta per portare il tubo al sole e alla fine l’acqua scende, torbida. Pensavamo di potercela bere così, ma anche stavolta meglio filtrarla (per come fare, vedi il post del Bivacco RAMA).
Anello dal Colle Feuillas
Una coppia rimane a dormicchiare, un’altra sale fino al bivio del Bivacco Mario e Enrico per poi scendere a Viviere. Noi allunghiamo fino al Colle Feuillas, dove la prima neve, bella gelata su pendio sostenuto, mi fa ricordare che é iniziata la stagione dei ramponcini: ad averli mi sarei sentita molto più sicura. L’uomo mi aspetta con le solite indicazioni per farmi coraggio “Tranquilla, punta i bastoncini che io ti faccio le peste”. Le peste me le fa, ma ad accorciare il passo non ci pensa, come se io avessi le gambe lunghe come le sue, quando si dice che basta il pensiero.
Di fronte alla prima neve, magari un po’ ghiacciata, i ramponcini mi danno sicurezza, una sicurezza che questo weekend non avevo.
Ho iniziato a usarli in un inverno in cui la neve sembrava non volesse arrivare, dopo che un amico era finto all’ospedale per essere scivolato sull’erba ghiacciata. Li ho fatti prendere a tutta la famiglia: anche i miei genitori ottantenni non vanno più senza, dall’autunno alla primavera.
Arriviamo al colle temendo che il lato a Nord possa essere peggio, invece no, da qui scendiamo tranquilli, su pietre ghiacciate ma tranquilli. Avrei voglia di mettermi i guanti, ma l’uomo va troppo veloce per il freddo e io cerco di stargli dietro. Al posto dei litri di acqua gelata preferirei di gran lunga un thermos di the caldo, non è ancora finito il mese ma è già cambiata la stagione.
Lo spettacolo che regalano i Laghi di Roburent, lo sfondo rosso che offrono le piante di mirtilli: altro che foliage! Continuiamo la nostra cavalcata lungo la traccia di gulliver, scendiamo cauti il tratto sfasciumoso ma non più ghiacciato della Croce Orientale per poi sbucare al Colletto Vittoria, dove immersi nel rosso che segna l’inizio dell’autunno, consumiamo qualche tarallo e via verso Prato Ciorliero e verso la chiusura di questo splendido weekend.
Randagia, che mette nello zaino termos e ramponcini