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Il tempo

Posted on Settembre 8, 2016 by randagia


Oggi gli ospiti sono cinque. Mentre accende il fuoco sotto la pentola del minestrone in una sera di luglio, Luca realizza che qualche anno fa cinque sarebbero stati i posti liberi, non quelli occupati.

Quando aveva vent’anni e con gli amici esplorava ogni valle finiva sempre per dormire sui tavoli o nell’ingresso. I rifugi non si prenotavano: chi arrivava presto aveva un letto, chi arrivava tardi si accontentavi di un tetto. Luca era troppo curioso per arrivare presto: con un occhio all’orizzonte, uno alla cartina ed il terzo al cielo valutava sul momento cosa era fattibile e cosa no. “Saliamo su quella, seguiamo in cresta e poi vediamo cosa c’è di là… dovrebbe esserci un lago e ci tuffiamo!”. Di solito era la forma di una montagna con le sue belle pareti verticali ad attirarlo più del nome o della fama della cima stessa. Non contava il dislivello, misurava la fatica e l’adrenalina tenendo d’occhio l’orologio per stare lontano dai guai. Che bello perdersi nel panorama immenso quando si è in vetta, sopra a tutto, e lasciare correre lo sguardo, magari anche per scegliere la prossima destinazione.

A fine giornata, stanco ma felice, ricordava con gli amici i momenti più belli della giornata per riviverli:
“Non male il diedro”,
“Giuda fauss! Il guado… ho ancora le mutande bagnate.”.

Socializzava in fretta con gli altri tra scambi di consigli, itinerari e genepy. Una settimana era in questa valle, un’altra in quella, anche fuori provincia, benzina permettendo. Corde e scarponi, esplorare e conoscere: questo importava. Se anche non fosse mai salito su un quattromila poco male, forse neanche sapeva contare fino a quattromila.

Un violento sbuffo del minestrone risveglia Luca dai suoi pensieri. Serve la cena ai suoi ospiti, ma quello che si vede dalla finestra diventa presto più interessante di quanto c’è nel piatto. Il cielo, il sole e le nuvole si sono vestiti di colori caldi e stanno danzando lenti: uno scenario che la natura regala volentieri a chi sa fermarsi a guardarla. Luca sorride compiaciuto, esce a guardare da vicino con un bicchiere di vino in mano.

Quando ormai lo spettacolo è finito, sfoglia il libro del rifugio per vedere se si sono aggiunte firme nuove:

20/07/2016 nonostante il caldo, saliti in 1h 58′. Pronti per Capanna Margherita, oltre 4.500!
20/07/2016. Giusy e Gio, sudatissimi in 1h 52′. Scendiamo subito che fa freddo.
HO VISTO TANTI STAMBECCHI E ACUILE, BELLO! SONIA 6 ANNI

Chiude il libro e spera nella generazione di Sonia, sembra essere l’unica a non dare i numeri.

Ti presento il mio rifugio….

Posted on Maggio 7, 2016 by randagia

E’ venerdì, hai sonno e andresti volentieri a dormire, però…

Però la vita del rifugista ti ha sempre affascinata, e se trent’anni fa il tuo film poteva essere “Volevo sposare Simon Le Bon”, adesso sarebbe “Volevo sposare un rifugista”. E allora prendi un caffè e vai, vai a sentire cosa hanno da dire due rifugisti della tua zona: Nino del Vaccarone e Andrea del Gastaldi.

La serata è nella nostra sede Cai, alla tesoriera. La sala è piena, qualcuno sta anche in piedi.

Nino è accompagnato da tre donne: una bellissima moglie, una bambina vivace ed una bambola di pezza.
Andrea, che fa egregiamente le veci del gestore ufficiale, è accompagnato da qualche amico e da una contagiosa passione per le vie di arrampicata.

Il presentatore della serata ci spiega “Il filo che lega i due rifugi è Antonio Tonini.”
Ah si, e chi è? Chi mi siede vicino mi guarda male, possibile che io non sappia chi sia questo Tonini? Poco male, tanto stasera me lo spiegano.

Tonini è il primo scalotore di quasi tutte le vette della Val d’Ala: nel 1857 l’ingegner Tonini viene spedito in Val d’Ala per prendere misure trigonometriche delle varie cime. Il suo aiutante, Ambrosini, sotto minaccia di licenziamento, si carica un leggero strumento di misura, saran stati si e no 40 chili, su queste “collinette” intorno al Gastaldi che superano i 3.000 metri, come la Bessanese e la Ciamarella, giusto per dirne due poco note. Nelle valli del Gastaldi, nasce la storia di Tonini come alpinista. Purtroppo nelle valli del Vaccarone questa storia di chiude: la caduta in un crepaccio nella valle dell’Ambin non gli lascia scampo. (Il vicino di sedia sostiene che sia stato Ambrosini a buttarlo giù). Pare che ci sia una targa a suo nome da qualche parte, vista dal nonno dello zio del cugino, ma non si sa dove sia esattamente, da qualche parte, sul terreno sfasciumoso del Ghiacciaio dell’Agnello.

Ah bon, capito il filo della serata andiamo al sodo.

Nino ci presenta le valli del Vaccarone con il suo accento non proprio autoctono e con le sue spettacolari foto: nubi in basso a Luglio, nubi in alto ad Agosto, albe rosa e notti di fulmini. La posizione interessante sul Tour d’Ambin: passando dal lago del Moncenisio, o attraversando il famoso Pertus di Romean, non importa che via si scelga, che direzione, quello che ci consiglia è la calma e l’osservazione. Evitiamo i panini mangiati in fretta sulla panchetta del rifugio per scendere, andiamo venti metri più in là, mangiamoceli guardando il lago, assaporando il panorama. I fortunati possono incontrare ermellini e pernici, gli stambecchi invece sono quasi una garanzia per tutti. Il momento più bello qui è l’alba, e ce lo mostra con una bella selezione di foto scattate dalla finestra della sua cucina. Una cucina con vista. Ci tiene anche a dirci che in quella cucina cercano di evitare il più possibile di aprire scatolette: cibo fresco, verdura fresca, questo vogliono dare ai loro ospiti, e se lo portano su a spalla, per 3 ore. Il vicino Rifugio d’Ambin ha adottato un’altra tecnica di trasporto: lascia una cassetta con quello che serve ad inizio sentiero ed un cartello “Grazie a chi ce lo vorrà portare al rifugio”. Pare che il rifugista così salga sempre scarico. Francesi, chissà se anche in Italia potrebbe funzionare.

Dalle parole di Nino e Andrea, si capisce che non tutti gli escursionisti sono poi così esperti: Andrea ti punta una zona in foto, dove tutti si confondono e “tocca andarli a riprendere”. Nino ti spiega che “Spesso la gente crede di andare a destra e poi va a sinistra. Allora anche se ci chiedono colazione nel cuore della notte, abbiamo preso l’abitudine di alzarci anche noi invece di lasciare tutto pronto: giusto per guardare che direzione prenderanno per poi sapere eventualmente dove andarli a cercare”.
Sia Nino che Andrea fanno parte del Soccorso Alpino, e meno male che ci sono!

Un bel video illustra il Tour della Bessanese, che unisce rifugi italiani e francesi. L’entusiasmo di Andrea ci racconta la storia di Tonini con questo gusto per l’alpinismo antico, e sfruttando la sua figura ci presenta tutte le vette della sua valle: la Ciamarella e il Collerin, raggiungibili con vie di alpinismo Facile (F) o Poco Difficile (PD), ma si vede che la passione sale quando ci racconta dello Spigolo Murari (AD+, più che Abbastanza Difficile) per salire alla Bessanese invece della via normale.

Una bella serata, due belle persone, tante belle escursioni.

Randagia, che non sa da quale valle iniziare…

Patagonia: El Calafate, dove si nascondono gli italiani

Posted on Dicembre 2, 2015 by randagia

Sono frequenti i bus che da Puerto Natales portano a El Calafate, in circa quattro ore si arriva.
Il pullmann sale sulla collina, e si ferma al terminal. Il bus terminal è il centro nevralgico del nostro mondo: qui c’è il cambio (più conveniente di quanto vi faranno in ostello o altrove, basta aspettare che qualcuno compaia al banco), Noi abbiamo già prenotato l’ostello, quindi ci concentriamo solo sull’organizzarci le escursioni: qui non bastano i piedi, servono quattro ruote: circa 60 km per andare al perito moreno, ed altrettanti per il lago roja, che ci hanno detto essere un posto spettacolare ma servito dai bus solo nel weekend. In meno di due minuti convinciamo Chloe e Ben, una coppia francese, che queste sono le due destinazioni fighe da vedere, e che la cosa migliore è dividere un taxi con noi. Concordiamo tariffe e orari con un certo Federico, di cui non vi scrivo i contatti perchè pur offrendoci un buon servizio, ha provato poi a fregarci sul prezzo, pur non riuscendoci, quindi tanto vale che ne proviate un altro. Noi alloggiamo all’Hostal de Los Pioneros, comodissimo per il bus terminal. Camere da quattro, docce calde, cucina enorme e sala da pranzo che sembra una birreria. Ma gli ostelli sono tutti belli così? Non tutti.

Lasciamo i bagagli, e via, uno yogurt al supermercato Anonima, e due passi su Avenida Libertador. Un salto al museo della città, che ci parla del Perito Moreno, della fauna, della flora… Toh guarda, queste sono le bacche di Calafate, blu e con le spine. Ma quelle che abbiam mangiato noi eran rosse e senza spine: ma cosa ci siamo mangiati? Meglio non sapere, guardiamo la foto e andiamo avanti.

Passiamo davanti alla Riserva Naturale Laguna Nimez, si vede qualche fenicottero, e continuiamo fino al Lago Argentino, dove l’acqua rispetta il nome che ha.

Il taxi ci lascia al Camping Lago Roca, da dove parte la salita al Cerro Cristal, senza zainone è una meraviglia salire. Dalla cima il panorama è bellissimo, e la sgambata ci ha divertiti. Quando scendiamo, attraversiamo il campo recintato e andiamo in riva al lago, ad aspettarci una miriade di uccelli di tutte le forme e colori, che piano piano si allontana appena ci avviciniamo, ma va bene così.

Già a El Calafate sentivamo parlare italiano, ma quando arriviamo al Perito Moreno, sembra di essere a Porta Palazzo. Eleganti passarelle di legno costeggiano questo ghiacciaio, che cresce ogni giorno di un paio di metri, che continuamente si sgretolano. Si sta ore a guardare i pezzi di ghiaccio cadere, aspettando la nascita dell’iceberg. Sei a pochi metri dal ghiaccio, ma praticamente stai passeggiando in città.

Le giornate di relax sono finite: mettiamo quello che è necessario nello zaino, e lasciamo vestiti sporchi guide e amenità varie in una sacca all’ostello, ce lo custodiranno fino al ritorno.

Patagonia: Torres del Paine

Posted on Novembre 26, 2015 by randagia

Patagonia: Penisola Valdés

Posted on Novembre 21, 2015 by randagia

21 Novembre 2015. E’ mattina presto quando, dopo un’ottima colazione e relativa scorta da Panaderia Valentina, lasciamo Puerto Madryn per dirigerci verso la Penisola Valdés. L’accesso alla penisola si paga (260 pesos a testa), ma ne vale veramente la pena. I più truffaldini entrano quando la “dogana” è chiusa ed il campeggio incustodito, così si fanno …

Continue reading “Patagonia: Penisola Valdés”

Patagonia: Puerto Madryn

Posted on Novembre 20, 2015 by randagia

20 Novembre, Penisola Valdes con auto a noleggio. Guidando sulla Costanera, il lungo mare, avvistiamo una forma grigia e grossa quasi a riva. Un relitto, lo diceva la guida. Si ma i relitti si muovono? Un po’ si vede, un po’ non si vede. Un po’ sbuffa: alla faccia del relitto, questa è una balena! In un attimo ci buttiamo verso la spiagga, quell’animale è enorme, e l’emozione nel vederla così di sorpresa pure, viene da trattenere il fiato. Emerge, poi scende, con un colpo di coda. E salta, fuori dall’acqua. Ancora nessuno si è spiegato perché le balene saltino: forse per mitigare la temperatura corporea, forse per sgranchirsi, o forse solo perché si divertono, un po’ come l’uomo ad arrampicare. Questa balena è la prima di una lunga serie, e ancora non siamo arrivati alla penisola, siamo a Puerto Madryn. Qui il lungo molo consente ottimi avvistamenti, tanto che eviteremo le affollatissime ed antieconomiche escursioni in barca che partono da Puerto Piramides. Certo, non avessimo dimenticato a casa il binocolo saremmo più felici e meno pirla, ma nessuno è perfetto.

Paghiamo il nostro accesso all’isola (260 pesos a testa) e capiamo ben presto che ne vale la pena. Sulle strade sterrate, di ghiaia, “ripio”, si incrociano più animali che automobili. I turisti procedono con cautela, rispettando il limite dei 60 chilometri all’ora, i minibus e i pullmann del loco, invece li raddoppiano: ma si sa, loro hanno più ruote.
Numerosi sono i guanachi, della famiglia degli alpaca, che si muovono soli o in branco. Più rari i choique, un emù, razza interessante, in cui il maschio cova le uova di tutte le femmine con cui si è divertito, ed infatti noi ne vediamo uno a spasso con i suoi sedici piccoli. I mara ci sembrano quasi creature mitologiche: mezzi cane e mezzi lepre. Anche se Wikipedia li definisce banalmente dei roditori noti come “lepre della patagonia”, lasciateci sognare.

Ci fermiamo ad ammirare le acque azzurre di Caleta Valdes e i leoni marini che giocano sulla spiaggia, non verrei più via “Ancora cinque minuti, quando ci ricapita una cosa così?”. “Spero domani”, mi risponde lui, ma mi regala ancora quei cinque minuti.

Proseguendo, qualcosa ci attraversa la strada. E’ lontano, è piccolo, è lento: è un pinguino di Magellano! Il primo pinguino non si scorda mai: mi catapulto giù dalla macchina e lo tempesto di foto, neanche fosse Brad Pitt. Lui non si scompone, attraversa e prosegue. In breve raggiungiamo la Pinguinera: una montagnola vicino all’acqua dove diverse coppie di pinguini, una delle poche razze monogame, ha bucherellato la terra per costruirsi casa, vista mare. Si vede che anche loro fanno i mutui perchè ogni coppia torna allo stesso nido ogni anno. Il vento tira forte, i più pigri si riparano nelle tane i più impavidi si asciugano al vento, gonfiando i polmoni per far sentire di tanto in tanto la loro voce.

E’ solo un assaggio perchè spostandoci di qualche centinaio di chilometri su una dritta e infinita strada di ripio, arriviamo a Punta Tombo: una colonia con 300.000 pinguini. A Punta Tombo, si cammina su quattro chilometri di passerelle, praticamente in mezzo a loro. Questo è il periodo di apertura delle uova: qualcuno è ancora chiuso, qualcuno è già  rotto. Si vedono le mamme che danno da mangiare ai piccoli, oppure sono i papà? Difficile distingure. Qualcuno va a lavarsi in mare, a giocare o a fare ginnastica e poi pian piano ripasseggia fino alla tana. E tu li segui, con lo sguardo e con le gambe.

Consigli Pratici – Penisola Valdés

Posted on Novembre 5, 2015 by randagia

Per girarla come si deve serve un’auto. Scordatevi mezzi pubblici, e sconsiglierei anche l’autostop, perché non c’è traffico, non vi caricherebbe nessuno.

Patagonia 2015: consigli pratici

Posted on Novembre 4, 2015 by randagia

Voli per la Patagonia Abbiamo prenotato il volo con 6 mesi di anticipo, in realtà 3-4 mesi sarebbero bastati per ottenere la stessa cifra.

La Traversata dei Re Magi

Posted on Aprile 2, 2015 by randagia

E’ una manifestazione storica, una roba turistica, una passeggiata. Con queste parole ti convince e ti iscrive alla decima edizione della “traversèe des rois mages”, una escursione scialpinistica che ogni anno, dall’olimpico 2006, il Cai di Bardonecchia e il Caf di Modane Valfrejùs organizzano, per commemorare una storica traversata alpinistica. Le prime edizioni sono state agonistiche, con tanto di pettorali, imbrago e salita alla vetta Thabor. Le ultime più turistiche, o per lo meno senza pettorali e imbraghi, dichiaratamente aperte a tutti.
Traversata dei Re Magi
Quest’anno si parte dalla Francia, da Valfrejus e si arriva a Bardonecchia. Tocca quindi a noi italiani svegliarci prima per andare in bus dagli amici d’oltralpe. L’appuntamento è a Pian del Colle alle 6:30, che poi sono le 5:30 con l’ora solare. E’ buio. Tu sai infilarti gli scarponi al buio? No, ma il furgone parcheggiato vicino ti ospita sotto il suo invidiabile impianto di illuminazione. Son già simpatici sti partecipanti.
Quando arriva il pullmann si accendono le luci e si iniziano a vedere le facce altrui: tutti alti, magri, fisicati e marchiati con teste di leopardo da testa a piedi. L’attrezzatura non fa lo scialpinista? Forse no, ma ti dà comunque un’idea.

In bus si arriva Valfrejus, e mentre si registrano le iscrizioni, si consuma una colazione a “pain de chocolate” che mette il buon umore. Qualche faccia è conosciuta, qualcuna lo diventerà. Si parte con le pelli? Si parte in discesa? Si parte all’insegna dell’arrangiarsi. Poche le raccomandazioni: “La traccia è segnata, ci sono bandierine verdi e rosse, seguitele e fate dei piccoli gruppi”. Parte il primo gruppetto, due o tre persone che ti sembrano sfocate tanto son veloci. Parte il secondo gruppetto e non è da meno. Partono tutti gli altri: un unico gruppetto da cinquanta persone, una mandria. E trascinata dalla mandria, fai la prima salita. Al cambio d’assetto, c’è chi si toglie le pelli senza neanche togliere gli sci e chi invece le infiocchetta e le ripone nello zaino. Opti per la via di mezzo: le stacchi e le infili sotto la giacca, quella sana sensazione di umido sullo stomaco, che tanto bene non fa. La discesa è caotica, nessuna difficoltà tecnica effettiva se non schivare gli altri, che scendono come meteore impazzite. Una passeggiata turistica? Questi corrono! Ma chi te l’ha fatto fare di buttarti in questo caos? Ma una bella gita tra pochi amici, no?
Si ripresenta la salita, per fortuna. Pian piano il gruppo si trasforma da mandria al pascolo in processionaria in fila, il sole splende, il vento tira, la calca non c’è più. Trovi la tua dimensione: ne hai parecchi davanti, parecchi dietro, puoi andar serena. Qualcuno ti sorpassa dichiarando “Il n’est pas froid”, “gnanca na frisa” rispondi tu, con la pelle d’oca sotto le maniche corte. Qualcuno, nonostante la testa di leopardo in fronte, ti si affianca e fa due chiacchiere “La prima volta? In questa direzione è bella, ma nell’altra come sciabilità è migliore, ci vediamo l’anno prossimo”. Certo, perchè oggi mica riesci a stargli dietro. Ma va bene così.

Il sole se la gioca con il vento per regalarti degli spendidi scorci: sei in un corridoio bellissimo, sulle alpi. Non importa se siete uno o cinquanta, adesso quel panorama è tutto tuo, e nonostante la fatica, o forse proprio per la fatica, lo trovi bellissimo. Il fascino della traversata è anche questo: gli occhi non puntano alla vetta, all’arrivo, non sono chiusi in una valle, galleggiano su una, poi due, tre valli.

Chissà se davvero devi passare i Re Magi: mica li riconosci, non sei fisionomista con le persone, figurati con le montagne. Riconosci il Rifugio del Thabor però, dove qualcuno ti urla: “Vai che c’è una torta buonissima!”. Beh, c’era: perchè quando arrivi tu è rimasto solo il te con la frutta secca. Poco importa, ora si scende. Via le pelli per l’ultima volta e giù, parlando italiano con i francesi, e francese con gli italiani, confondendo la fatica con il divertimento, vivendo una splendida esperienza.

Arrivi ai rifugi della Valle Stretta, dove ti attende l’ultima fatica: il pranzo. Nell’attesa, ecco una coppia di turisti, italiani. Lui urla a lei “Cosa vuoi che ci diano da mangiare qui, con sto branco di coglioni che fa casino!”. Il branco, siamo noi. Informiamo la malcapitata che c’è una manifestazione scialpinistica qui, e magari all’altro rifugio ci sono meno “coglioni”. Lei arrossisce e si scusa “scusatelo, è arrabbiato perchè l’ho fatto salire a piedi, a lui piace il mare, a me la montagna ma sapete in una coppia…”. Ma cara figliola, butta un occhio sul ben di dio di figlioli del branco, e lascia perdere l’uomo da mare. L’amour a l’è nen pulenta. Ma che buona che è la pulenta, ottima conclusione di una divertente esperienza.

Il prossimo anno? Si rifà, certo. Complimenti agli organizzatori: per l’agilità nei trasporti, la qualità dei ristori, la costanza che ci mettono tutti gli anni.

Randagia, che tiene d’occhio il sito ufficiale http://traverseedesroismages.hautetfort.com/

Hai sentito di quella guida?

Posted on Settembre 27, 2014 by randagia

Quante volte ci scambiamo questa domanda. Purtroppo le notizie di persone esperte che lasciano la loro vita tra le montagne non sono rare: valanghe d’inverno, crepacci d’estate.

Alla domanda “Hai sentito di quella guida?” mi viene solo da chiedere “dove?” non chiedi neanche “come?”. Chiedo solo “dove?”.
“In Algeria, decapitato”. Decapitato? Non può essere stata una valanga, e neanche un crepaccio. La montagna non ti decapita. I tuoi simili sì, però.
“Ma era un giornalista?!” No, non era un giornalista. E neanche un fotoreporter.
Era un turista che stava facendo una vacanza di trekking, come quelle che faccio io, forse un po’ più impegnative.
Herve Pierre Gourdel, 55 anni, era una guida del Parco del Marcantour, sulle Alpi-Marittime, che stava facendo una vacanza in Algeria. Non un volontario come Arrigoni, non un giornalista come Steven. Era un turista che amava la montagna, come te. Ma la montagna algerina adesso non ama i turisti. Herve è stato rapito, usato in un video per intimare alla Francia di cessare i bombardamenti entro 48 ore. La Francia non ha interrotto i bombardamenti, ma la vita di Hervè, che è stato decapitato poco dopo. Forse sarebbe stato decapitato comunque, ma non lo possiamo sapere.

Riposa in Pace Hervè, ti ricordiamo come un uomo che amava scoprire, insegnare e accompagnare, con il sorriso soddisfatto per essere riuscito a realizzare il proprio lavoro fuori da un ufficio, come ci ricorda tua moglie e come si legge dal tuo sito: http://www.hervegourdel.com.

Riposa in Pace Hervè, dopo averci insegnato che siamo in guerra, che da un po’ il premio Nobel per la pace Barack Obama ha iniziato a bombardare i paesi del “Califfato” e l’Europa lo sta seguendo. Insegnaci che se siamo noi ad attaccare, non saremo al sicuro da nessuna parte, neanche sulle nostre amate montagne.

Tour dei Ghiacciai della Vanoise

Posted on Agosto 27, 2014 by randagia

Alti e Bassi

Posted on Agosto 19, 2014 by randagia

Le Grigne. Vicine ma sconosciute. Fino all’altra settimana.

Grignetta. Grignone. Grigna Meridionale. Grigna Settentrionale. Oh, ma quante sono? Solo due, il resto è scena. La Meridionale, la più bassa di quota (2184 m.) è la Grignetta. Quindi per esclusione, ed anche per quota (2410 m.), la Settentrionale è il Grignone. Poi abbiamo il Resegone, che con i suoi nove dentoni, è stato protagonista, insieme al più popolare “Quel ramo del lago di Como”, dell’incipit dei Promessi Sposi: con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega.

La grandine di questo insolito ferragosto, ci consiglia di trasformare la già programmata traversata delle Grigne di due giorni, con pernotto al Rifugio Brioschi, in una di un giorno solo, con partenza dal Rifugio Carlo Porta. Ah no, l’itinerario non cambia, il dislivello rimane di 1800 metri, solo hai un giorno in meno per percorrerlo.

Al Porta oltre noi, solo altri due ospiti. Hanno attraversato il lago a nuoto stamattina, e salgono nel pomeriggio. Ma allora vedi che i NuotoEscursionisti esistono? Esistono, ma non arrivano. Nell’attesa Claudio, il simpatico gestore, ci da due dritte per la Traversata Alta. Le nostre domande per capire se si può alleggerire lo zaino di imbraghi e caschi lo fanno sorridere: “Io vado sempre con lo zaino pieno, perchè poi succede la volta che lo devi riempire e non ce la fai”. E lo so, caro Claudio, ma quella volta per me potrebbe essere domani. Avendoci ormai presi per delle mezze calzette, ci consiglia anche dove parcheggiare la macchina per evitare l’ultimo tratto di strada asfaltata al rientro. E noi mezze calzette ti ringraziamo, Claudio. Alle 22 arrivano gli altri ospiti, notevolmente provati dalla giornata. Tutti sani e salvi, si può andare a dormire.

Partiamo presto, che il sole c’è ma non scalda ancora. Saliamo alla Grignetta seguendo il sentiero 7. Dapprima nel bosco, poi all’aperto su un sentiero sassoso che dipinge i contorni della cresta nel verde, la Cresta Cermenati. Fonti d’acqua, niente. L’acqua qui è venuta, ha distrutto i sentieri, ed è andata via.
Un uomo porta sullo zaino due materassini, un ragazzino lo segue. Stanno scendendo dopo aver dormito al Bivacco Ferrario, in vetta alla Grignetta: a zero gradi, alla faccia del Ferragosto! Il ragazzino sembra voler far colazione al caldo dalla mamma, e forse anche il papà.
Superiamo un canalone, aiutandoci con le mani. Mancano venti metri alla vetta, e sto bivacco ancora non si vede. Ma possibile? Ancora qualche passo, un paio di comode catene aiutano quando si fa un po’ esposto, ed eccoci. Di fronte a noi, il modulo lunare del bivacco: un esagono essenziale, senza nulla dentro se non un diario di vetta, esaurito, e qualche candela. Sul diario qualcuno discute se siamo a 2177 o 2184 metri. A noi poco importa la quota esatta, siamo sulla Grignetta. Attorno a noi, il panorama è bellissimo: si vede il Rosa, il Bianco, il Grignone. Ma mentre per il Bianco ed il Rosa è tutta poesia, per il Grignone son cazzi: lo devi raggiungere in giornata ed è lontanissimo!

Proseguiamo la Traversata Alta scendendo il canalino Federazione, dietro il bivacco. Bolli e catene indicano bene la strada. “Randa, in fuori con quel culo! E vai serena che quelle braccia ti reggono”. Sì sì, la teoria è quella, ma nella pratica, non è facile persuadersi che le braccia attaccate ad una catena sappiano tenere su me e il mio impercettibile fondoschiena. Comunque, obiettivamente, è facile per chi ha un minimo di dimestichezza con la roccia.

Da qui si scende, si scende, si scende. Sempre in cresta, sempre panoramico, ma si scende, fino al Buco di Grigna (1803 m), dove inizia un’altra gita: per il Grignone, risalendo per sentiero distrutto, roccia bagnata e fango. Sbucati su una cresta erbosa, ci ritroviamo in mezzo ad un’infinità di pecore, belle, bianche. Fanno poco nella vita: mangiano e cagano. Mangiano nei prati, cagano sul sentiero. E non è bello, quando nei tratti successivi su roccia, tu devi mettere le manine dove il socio ha già messo i piedi. Non è bello.

Risalite verticali e traversi, sempre con l’aiuto di catene, sempre da prestare attenzione, ma mai difficili o tecnici. Non ci siamo assicurati. Il casco? Con tutti i corvacci che volavano e atterravano facendo cader pietre sarebbe stato meglio indossarlo. Dopo tanta roccia, un bel traverso in piano, e dal sentiero deserto arriviamo all’autostrada: alla bocchetta della Bassa incontrariamo la folla che sale da Plareial per il pranzo al rifugio Brioschi.
La stanchezza si sente, la foschia in parte aiuta: almeno non vedo quanto il rifugio sia ancora lontano. C’è chi sale leggero, chi scende in bici, due ragazzine salendo parlano del loro primo amore, ma camminano troppo piano: se rallento per sentire come va a finire la loro storia, arrivo talmente tardi che finisce anche la mia. Un piatto di polenta al Brioschi con il socio che commenta “Ma non starò diventando troppo merendero? Dai dai non rilassarti troppo che si riparte”. Il rifugio è un buco, ma ben tenuto. Quattro tavolate ben stipate, polenta servita subito. Qualunque sia il meteo, il gestore ti dirà che c’è il sole. Infatti così aveva fatto ieri con me quando gli avevo detto che annullavo la prenotazione per maltempo. “Qui c’è il sole”. Ora che lo vedo, non mi faccio più tante domande. Mezza altezza, massiccio, tatuato. Uno che non farei incazzare mai, e se dice che c’è il sole, mi metto la crema protettiva.

Si torna alla bocchetta della Bassa, e si scende verso Prareial. Inizia la traversata bassa. Ormai ci sono le nuvole, ed il panorama non è spettacolare come prima, nè ci sono passaggi su roccia. Si può scendere in relax, per quanto relax si sappia concedere su un sentiero che è tutto un sasso. Dopo Prareial, si addentra in un bosco e le ultime due ore di cammino sono più morbide. E’ stata lunga, non vedo l’ora di togliermi gli scarponi, ma quando il sentiero sbuca sullo sterrato cambio idea. Siamo a Pian delle Fontane. Un cartello “Vendita Formaggi” e qualche bel tavolo nel giardino di una cascina invitano ad una merenda sinoira. Non puoi non fermarti a comprare qualcosa. Quartirolo e caciotta da portar via e un formaggio fresco da consumare subito. E buoni che sono. Ora è tutta strada sterrata fino al pian dei resinelli, il socio scherzando ti dice “Da qui è legale fare l’autostop”. Tre minuti dopo ho già il culo poggiato sulla macchina di una simpatica coppia: se il socio vuol salire e sballare le statistiche del GPS bene, altrimenti lo aspetto alla macchina.

Randagia, che se vuoi le indicazioni serie leggi gulliver

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