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Trilogia di un bancomat – capitolo 2

Posted on Marzo 17, 2011 by randagia

Voglio uno sportello bancomat anti-privacy


Carta bloccata, clonazione accertata. Serve denuncia per ottenere rimborso. Serve denuncia per denunciare la cosa. Già, ma avevo già denunciato. Pazienza, rifacciamo.
Atteggiamento impressionante. “Tranquilla signorina le ridanno tutto. Tranquilla signorina, tanto sono assicurati. Succede spessissimo, prima di più, proprio lì dove dice di aver prelevato lei”. Riporto i miei sospetti sul benedetto sportello e lui ti precisa che non serve a niente inserirli nella denuncia, tanto le banche sono assicurate. Ma caro omino in divisa, sei consapevole che qui i problemi sono due? Non è solo che io non ho più i miei soldi, è anche che là in giro c’è un truffatore e tu caro omino non ti stai sbattendo neanche un po’ a cercare di beccarlo “Tanto le assicurazioni pagano, tranquilla! “. Ah si? Tanto pagano? Allora perchè non fai che castrarti? Tanto tua moglie un figlio lo fa con un altro, tranquillo! Insisti, non su sua moglie, e anche i tuoi sospetti sono registrati nella denuncia. Aggiungendo tanto la segnalazione al numero verde della banca quanto al 113. E lo scrive, in un italiano tutto suo, ma te lo scrive. Penso alla faccia della mia prof di lettere, mentre firmi una lista di strafalcioni che inizia con “Io sottoscritta”.
Un amico che lavora in banca ti spiega un po’ di cose. Quegli sportelli bancomat che tanto ti danno sicurezza perché sono nelle loro belle stanzine, sono meno sicuri di quelli per strada. Anzi, sono i peggio. Hai sempre pensato che ci fossero le telecamere lì, invece no. Per motivi di privacy. Ma la privacy di chi? Quella del truffatore? Che così agisce bello tranquillo. Forse tu non ho una vita spericolata, una vita bruciata, una vita da urlo, una vita: ma io della privacy, che tanto sta a cuore a molti, me ne fotto. A sto giro questa privacy mi è costata 500 euro. Ma tranquilla, sono assicurati! Voglio uno sportello bancomat anti-privacy, per quelli che, come me, della privacy se ne fottono: filmatemi, prendetemi le impronte digitali come voleva fare Bossi con gli immigrati, leggetemi la retina mentre mi spremo sul monitor a pensare all’importo da scegliere. Prendetemi tutto, ma non i miei soldi. Sì uno sportello cosifrom_unixtime( con le telecamere sempre attive, che se entra il truffatore a metter la sua tesserina, sbooom 5 minuti e lo mettiamo su youtube. Alla faccia delle privacy.
L’unica telecamera che c’è agli sportelli, è quella messa dal truffatore per riprenderti mentre “digiti il pin avendo cura di non essere vista da nessuno”, solo ripresa da lui. Chissà se mi ha davvero ripresa mentre, con il mio faccione perplesso cercavo di scardinare la fessura di inserimento tessera, senza perlatro riuscirci. O quando, da vera fessa, ho digitato il pin senza coprirlo con le mano, o con il portafoglio come ti diceva la mamma? Non è che ci finisco io su youtube? Gli avrò strappato anche una risata, mentre loro ti hanno strappato 500 euro.

Vai al capitolo 3.

Trilogia di un bancomat – capitolo 1

Posted on Marzo 17, 2011 by randagia

Il dono dell’ubiquità? Il mio bancomat ce l’ha


Prelevo al bancomat, “Buongiorno NOME COGMONE!”, mi scrive lo sportello. Cosa che già di suo mi irrita: lo so come mi chiamo, che bisogno c’è di spararlo a lettere cubitali sul monitor? Per presentarmi al tizio dietro di me in coda?

“Digiti il codice avendo cura di non essere vista da nessuno”. Che tanto glielo leggono in altro modo, potrebbero aggiungere. Codice, importo, soldi, ricevuta. Ritiro tessera. E’ stranino questo sportello: appiccica di colla… vuoi vedere che? Ma ormai è fatta. C’è una tizia in coda, condivido con lei le mie perplessità, e lei giustamente non preleva più. E’ venerdì, sono le 19 passate, la banca è chiusa. Vorrei chiamare e segnalare la cosa. Ma l’unico numero verde che c’è è quello per il blocco carte. Chiamo loro. Spiego a situazione, e mi dicono “Ok, ma lei vuole bloccare la carta?” No, non la voglio bloccare voglio solo sapere se sono paranoica tu, come stai pensando tu, caro omino del numero verde, o se veramente lo sportello è stato manomesso. Tanto a me ormai, se dovevano ciularmi mi han ciulata, ma magari altri se lo evitano, eh? “Signora, la sua generosità è encomiabile, ma noi… ” La mia generosità forse non è encomiabile, ma la vostra coglionaggine è da premio nobel. Torno a casa, internet, numero verde Sanpaolo. Chiudevano alle 18, e non sbattiamoci a dare un’alternativa. Fanculo, 113. Segnalo. Controllano. Va bene. Mi abbiocco e non richiamo per sapere se hanno trovato qualcosa. Pirla io, lo so.
Il giorno dopo uso il bancomat per fare il pieno, o per lo meno ci provo. Transazione negata. E la ragazza alla cassa “Anche a me succede di spendere più di quello che credo”. Già a te, ma a me no, e quando anche tu avrai un mutuo, forse non ti succederà più. Chiamo la banca, recito codici fiscali e numeri di conto passando da un semaforo all’altro. Fermarsi mai. “No signorina tutto a posto, l’ultimo movimento è quello che le risulta, sarà stato un problema del benzinaio” . Chiamo, scusandomi, il 113 che verifica: la mia segnalazione dell’altro giorno si è rivelata un falso allarme. Coincidenze. Vabbe’ stai serena.

Pizzeria. 18 euro, per sfizio paghi col bancomat. Transazione negata. Minchia. Alle coincidenze ci credo una volta, non due. Non può essere un caso. Casa. Internet. Conto online. Due prelievi in Francia, il 5 e il 6 marzo, ieri e l’altro ieri. Fanculo il 113 e la banca. Blocco la carta. Poi chiamo il SanPaolo:
Io: “Buongiorno, ho già bloccato il bancomat al numero verde 800. Vorrei segnalarvi un problema con un vostro sportello bancomat da cui ho prelevato: mi hanno clonato la carta”
Bella signorina della banca: “Si può recare in filiale lunedì con la denuncia e compilare i moduli per riavere i soldi, perchè se li può riavere, perché rinunciarci ? ”
Io: “Guardi, rinunciarci non mi era neanche passato per l’anticamera del cervello. Il punto è che da qui a lunedì gli altri poveri che hanno prelevato a quello sportello e magari non hanno controllato… magari non l’hanno bloccata…”
Bella signorina della banca: “Lunedì, lei portì la denuncia..”
Io: “Signorina, ho il massimo rispetto per lei, e capisco che non le compete: posso parlare con un suo responsabile per cortesia ?” (Il tutto in tono gentile e calmo, che tanta fatica m’è costato.)
Bella signorina della banca: “No, non ci sono i responsabili adesso, siamo solo noi operatori.”
Io: “Ekkekazzo al sabato sera i responsabili se la spassano tutti ?” (mmh, forse sei stata meno calma qui..)
Bella signorina della banca: “Le cerco subito il mio responsabile…”
Responsabile: “Buongiorno. Vuole segnalarci un problema?”
E segnaliamo. A caratteri cubitali. Un’altra volta. Riracconto la solfa, chiedo che informino, come peraltro mi era già successo in un’altra occasione, tutti i clienti che hanno prelevato a quello sportello nel periodo incriminato. E dio solo sa se lo faranno. E ti chiedi perchè l’altra volta ti avevano chiamata subito, e adesso niente.
Ma dico, è possibile che son qui, in un benedetto sportello fuori orario banca e non ci sia nessun benedetto modo di segnalare all’ordine preposto, organo preposto, o insomma a chiunque ci possa fare qualcosa, che c’è qualcosa che non va? Non esiste il numero verde della banca? Forse esisteva un citofono che non ho visto? Forse il numero c’era su un adesivo che è sbiadito? Forse mentre mettevano lo sportello falso hanno tolto l’adesivo vero? E poi che denuncia faccio? Vai dai carabinieri a dire “Ho fatto segnalazione alla polizia ma loro mi hanno detto falso allarme?” Vado dalla polizia a dire “Falso allarmega: falso allarme una sega”? O vado semplicemente dichiarando che ci sono stati dei prelievi all’estero con il mio bancomat mentre come si può ben vedere io sono a Torino, accompagnata dal mio bancomat?
Mi fa rabbia. Primo, mi fa rabbia non aver saputo che numero chiamare, che cosa fare per capire se il bancomat fosse stato manomesso oppure no. Subito, non a distanza di giorni. Secondo, mi fa rabbia perché mi chiedo che razza di verifiche faccia la polizia per dirmi “falso allarme”? Siamo sicuri che considerino le nostre segnalazioni e non si limitino a fare un click sul pc, senza verificare mai niente, senza avvisare nessuno? Terzo, mi fa rabbia che potrebbe davvero essere stata una coincidenza, il bancomat potrebbe essere stato clonato in altro modo, ma non mi è dato sapere fino a lunedì, se va bene.

Vai al capitolo 2.

Trilogia di un bancomat – Errata Corrige

Posted on Marzo 17, 2011 by randagia

Errata Corrige

Fine settimana, accendo il cellulare personale che ormai non uso quasi più: non so andare in giro con due cellulari, ed ha vinto quello aziendale. Un messaggio in segreteria. Mi viene un dubbio. Il dubbio di essere pirla. Ascolto. Infatti. Non è più un dubbio, è una certezza. Quella voce calma che non si agita mai, che, odio ammetterlo, in fondo mi rassicura sempre, mi ha lasciato un messaggio: “Signorina, se ne sarà già accorta ma per precauzione la banca le ha bloccato il bancomat in quanto ha riscontrato movimenti anomali sul suo conto. Il rilascio di un nuovo bancomat avviene in automatico, mi chiami senza problemi se le serve aiuto.” Messaggio registrato il 07 Marzo. Il PraivatBencher! Chiamiamolo. Anche solo per aggiornare il numero di telefono. Allora ci siamo: l’informatica non è un’opinione: il bancomat l’hanno bloccato automaticamente dal momento che, mi confermano, il teletrasporto non è contemplato tra i servizi offerti. Il bancomat l’hanno bloccato con tanto di telefonata il giorno dopo al mio cellulare genialmente perennemente spento. Ma questi son dettagli. Questo rilevamento automatico però non è ancora ben integrato con numeri verdi e operatori da sportello, sui cui sistemi l’accaduto risulta con qualche giorni di ritardo. Intanto il bancomat nuovo è stato riemesso. Solo un dubbio: mica mo me ne escono 2 di bancomat Chiediamoglielo.
Io: “Adorato praivatBencher, io ho già fatto denuncia, richiesto disconoscimento operazione e richiesto nuovo bancomat allo sportello, probabilmente in quei giorni in cui allo sportello non risultava nulla, ora non è che mi arrivano 2 bancomat?”
Adorato PraivaBencher: “E certo che siì.. gliene arrivano due, sì. Ci penso io comunque a fermare una procedura, che già se lo fa clonare quando ne ha uno solo, figuriamoci con due!”

Trilogia di un bancomat – capitolo 3

Posted on Marzo 17, 2011 by randagia

L’informatica non è un’opinione

Spiegatemela. Spiegatemi perchè se un lurido lettore bancomat mi dice “transazione negata” la bella signorina che risponde al numero verde della banca non ha lumi su quella transazione. Spiegatemi perchè se il lurido bancomat del benzinaio è così intelligente da capire che non ci sono più soldi su quella tessera, la bella signorina che risponde al numero verde mi dice “Nessuna operazione oggi, tutto in regola”. Ma come? Almeno la “transazione fallita” deve risultare! Tu banca lo sai. Ora, perchè la tua bella signorina non lo sa e il lettore bancomat sì? Me lo chiedo, non trovo risposta. Finchè non vado in banca e mi trovo una di quelle signorine. Ho la mia bella denuncia e parto: “Voglio disconoscere i movimenti effettuati all’estero la scorsa settimana perchè non li ho fatti io, bancomat clonato”
Signorina : “si certo, vediamo: 180 euro il 10 Febbraio, 200 euro l’11 …”
No: “Quelli non li avevo visti: allora mi hanno preso pure di più! Ma no aspetti… 10 Febbraio ha detto, mo siamo a marzo: quella è una trasferta di lavoro, no no! Guardi il 5 e il 6 marzo”
Signorina: “Le stampo l’estratto conto che deve segnare quelli da disconoscere”
Va bene, scorro tutto l’estratto conto e nessun movimento strano, o meglio, quelli che avevo visto sul conto online non ci sono. Mi sono sognata tutto?
Io: “Scusi, ma qui non vedo i movimenti del 5 e 6 marzo…”
Signorina: “Se non li vede, significa che non ci sono”
Sì, come i bambini che credono di diventare invisibili chiudendo gli occhi!
Io: ” Sul conto online li vedevo come movimenti non contabilizzati.”
Signorina: “Ma se non sono ancora contabilizzati, come fa a dire che ci sono?”
Io: “Sono in fondo pagina segnati come “non contabilizzati”, tra un paio di giorni, salgono al ruolo di contabilizzati.” E intanto penso “Ma minchia, chi lavora in banca qui? Io o lei ?” ma mi trattiengo dal comunicarle i tuoi pensieri.
Signorina: “Eh già… sono qui… allora le stampo questi”
Adesso ho capito come mai il bancomat capiva che non avevo più soldi, e il numero verde no: alle richieste al bancomat risponde una macchina, alle domande al numero verde risponde un umano.
Avrei dovuto ricordarmi della bionda sportellista, sveglia, che mi aveva salvata in più occasioni. Oggi ho sbagliato sportello.
Prendo, firmo, giro, trigo e chiedo : “La tessera bancomat me lo rifate autiomaticamente?”
Signorina: “No”
Io: “Allora vorrei richiederlo” Se non le viene un’ernia a prendermi il modulo, penso.
Me lo porge, e toh guarda: c’è una casella: “Notifica via SMS – Servizio a pagamento”. Un SMS per ogni prelievo effettuato, sena controllo umano ma inviato dalle macchine. Ci sta. Crociamola sta casella. Sì, decisamente. Il cancello chiuso mentre i buoi son già in Francia.
Ora, lasciamo stare la signorina di cui sopra, ma, cara banca: difficile fare controlli incrociati tra un prelievo fatto all’estero e uno in italia a distanza di qualche ora? E poi il giorno dopo di nuovo uno all’estero e l’altro in italia? Il teletrasporto è richiedibile allo sportello, come il telepass? Controllare è facile, è banale, è fattibile: perché non lo fai? Rilevi le operaioni anomale, e uno squillo puoi anche farmelo. Se lo sportello bancomat è stato manomesso, e sai che ci sono passata, perchè lo sai, uno squillo me lo puoi fare no? Chiedimi, e io ti dico se blocchiamo o non blocchiamo sta carta. Non lasci che tutto scorra, che io magari prima o poi blocchi la carta oppure che qualcuno mi porti in rosso. Si può fare, eccome se si può fare: yes you can! Come si dice oltreoceano.
E cara banca, in questi giorni ti scrivo. E come te a tanti altri. E se non serve a niente, pace: scrivere è gratis, magari un pirla prima o poi si ferma a leggere e un’idea gli viene, di dare qualche strumento in più, a noi poveri pirla.

Vai all’errata corrige.

Trilogia di un bancomat

Posted on Marzo 17, 2011 by randagia

Un’avventura dei giorni moderni, delle persone moderne. Una botta di sfiga. Che sicuramente non è successa solo a me.

Capitolo 1: il dono dell’unbiquità, il mio bancomat ce l’ha.

Capitolo 2: voglio lo sportello bancomat anti-privacy.

Capitolo 3: l’informatica non è un’opinione.

Errata Corrige: la mia banca è differente.

Doppia Mattina

Posted on Marzo 13, 2011 by randagia

Rahul si alza tutte le mattine, quando ancora mattina non è. Qualcuno si sveglia prima di lui, e con quotidiana dedizione mette a bollire sull’unico fuoco di casa acqua, latte e la giusta dose di tè e spezie. Quando il Chai è pronto, ne riempe una teiera grande come uno sgabello, principale fonte di reddito della famiglia. Doccia, spazzolino e vestiti puliti. Rahul lancia uno sguardo ai bambini che dormono, e senza proferir parola esce, prendendo con sé la teiera, tutt’altro che leggera e ringraziando con lo sguardo chi l’ha preparata. La notte è ancora buia, inciampare è facile ma non concesso, tutto quel guadagno non può rovesciarsi sulla strada. Camminando lentamente, evitando le mucche ancora dormienti a terra, senza farsi spaventare dai cani che ringhiano agli angoli, si dirige alla stazione. Nonostante l’ora, la stazione brulica già di gente. Una famiglia seduta in cerchio sbocconcella la colazione. “Chai chai”. Rahul risponde alla richiesta, e versa caldo Chai in cinque bicchierini per tutta la famiglia. Gli sorridono, lo ringraziano augurandogli una buona giornata. Deve essere proprio una bella famiglia, pensa Rahul mentre si allontana camminando cautamente per non urtare le sagome di chi, sul pavimento, ancora dorme. Una bella famiglia. Una di quelle dove il padre c’è, chissà cosa si prova a sentirsi bambini. Rahul non lo ricorda più, forse non l’ha mai saputo. Le donne già in coda alla biglietteria ancora chiusa chiamano “Chai! Chai!”. Con un sorriso, vende un bicchiere di chai ad ognuna di loro. Le donne sole sono sempre le più gentili, anche se non scambiano neanche una parola con lui. Le donne sole, quelle indiane. Le occidentali invece non lo chiamano, bevono acqua dalle loro bottigliette sigillate, mangiano barrette, non bevono brodaglia calda portata in giro da uno sconosciuto in quella sporca teiera enorme. Che poi sporca non è, è solo vecchia. Gli occidentali non sanno quello che si perdono, pensa Rahul ogni volta che sente un paio di occhi posarsi su di lui con finta pena. Rahul è fiero del suo lavoro, porta il sorriso su molti volti, ancora intorpiditi dal sonno, prima che vengano provati dalla fatica della giornata, e se quelli non vogliono provare, peggio per loro. Potranno girare il mondo, ma non lo conosceranno mai, se bevono solo bottigliette sigillate. Rahul questo lo sa, e per questo non risparmia i suoi “Hello! Uanna Chai? Uanna trai?”. Qualcuno sorridendo accetta, e si ferma volentieri a far due chiacchiere con lui, sono pochi, pochi quanto basta: gli stranieri non conoscono il prezzo di un bicchiere, non si accorgono che pagano almeno cinque volte più dei locali, o forse se ne accorgono, ma fanno finta di niente e pagano. Sogna di andare in Europa un giorno, di mischiarsi con questa gente che vive di fretta, che non si fida di nessuno, ma che viene fregata da tutti. Sogna, ma solo per pochi istanti. Sa che il suo posto è qui, con la sua famiglia. Deve pensare al pane per la sua famiglia, di sogni si ciberà poi. Sale sul treno, e intona il solito “Chai! Chai!”. Viene fermato di tanto in tanto, e versa un bicchiere. Un vagone, due, dieci. Un bicchiere, dieci, cento. Un fischio. Rahul scende veloce. Il treno parte. Depone la teiera, ormai non più così pesante, sul binario, si siede a terra e le si appoggia contro, quel tiepido calore gli fa bene. Conta timidamente i soldi raccolti, non sono molti, dovrebbero bastare per il pranzo dei bambini, ma non per le cure del più piccolo. Albeggia. Rahul corre verso casa, deposita la teiera vuota, e corre al negozio. Deve iniziare a lavorare.

Strade Bianche

Posted on Marzo 13, 2011 by randagia

Da brava barotta, non attraversi spesso l’italia da nord a sud, in auto. L’hai fatto una volta, ad Agosto, e ti è bastato. Invece qui te lo fanno sembrare anche un viaggio affascinante. Senza le code ai caselli, senza le autostrade proprio. E d’inverno, forse sta lì la differenza. Forse no.
Tre amici, tre anime in pena per un motivo o per l’altro, si fanno un Torino-Bari su una punto sgarruppata. Che ti chiedi poi perchè l’attraversano su una punto, quando in copertina c’è una cinquecento. Licenza poetica.
Sparsi qua e là tra le pagine riferimenti a posti che hanno segnato la tua vita: l’estate a Senigallia, dove si è formata l’unica coppia di cui sei stata testimone all’altare, le affascinanti spiagge di Tulum, dove un’amaca è meglio di qualunque cinque stelle, il Gargano, una delle tue peggio vacanze, ma in uno dei meglio posti.
Il tutto intercalato con dialoghi non troppo intellettuali, che ti rubano un sorriso.
“Ti va un cocktail?”
“si, ma niente vodka, mi fa male alle gambe”
“oh, ti si gonfiano?”
“no, mi si allargano”

Perchè poi in fondo è così, cosa cerca una donna in un uomo? Un cocktail. Tre quarti di ragioniere, un quarto di sognatore. Per l’esecuzione passo passo, leggetevi il libro.

Randagia, persa sulle Strade Bianche di Enrico Remmert

Più negli occhi che sui fianchi

Posted on Marzo 13, 2011 by randagia

La socia avvisa “Volantino in buca: manicure a 5 euro e pedicure a 10 per tutto il mese”. Non me la perdo un'occasione così, telefono e prenoto. Entro in un locale bianco e viola: viola! Si scordi di me la mia vecchia este, questa già mi piace. Mi accoglie una testa corvina tutto pepe, non proprio una scolaretta, non proprio timida. Vado per la pedicure, e la pedicure mi fa. Senza propinarmi creme all'aloe che tanto fanno bene alla pelle, ma non a quella del mio portafogli. Senza propinarmi trattamenti anticellulite con sali del mar morto e acqua di Lourdes dai risultati miracolosi. Insomma una che si fa i fatti suoi, e lavora. Intanto però parla. Anche di sé. Così scopro che Patrizia è una cinquantenne (dove si deve firmare per arrivarci così?) che da poco con una socia ha aperto questo studio, prima lavorarava come istruttrice in palestra (ah, ecco spiegato). Come previsto, abbandono la vecchia este per la nuova, e sale la confidenza. Si parla di viaggi, di uomini, di tutto tranne che di cucina. E mi cazzia. Eccome se mi cazzia. “Randa, sono due mesi che mi dici che hai la borsa della palestra in macchina, e ancora non ti sei iscritta? Oggi ci vai, ti iscrivi e poi mi mandi un SMS: voglio le prove! Che ti resta poco tempo: prima dei quaranta una riesce a darsi una sistemata, dopo è finita, o vivi di rendita, o sei fottuta per sempre. E io lo so. Fallo finché sei in tempo!”. Quel giorno ti sei iscritta. Ma le cose non migliorano. “Randa, non ho voglia di cazziarti per tutto. Facciamo che oggi ti ripeto solo che non devi tagliare le unghie tanto così, il resto che ti dovrei dire lo ometto..”. Oh ma cosa ometti, in palestra ci vado quasi tutti i giorni, che hai da omettere? “Se in palestra ci vai, vuol dire che mangi come un porco, altrimenti non saresti gonfia così”. Che dolce, che tenera. Che lapalissiana. Cavoli, ci son rimasta male, non tanto per come l'ha detto, ma perché ha ragione. Che il tatto è importante sì, ma solo con chi non attiva il cervello. Torno a casa, mi guardo allo specchio. Dieta ferrea che ha ragione lei. Torno dopo una decina di giorni. Della dieta non ho detto niente, e lei “Ah, ci siamo messi a regime finalmente eh? ”. Ma come fa ad azzeccarci sempre? Forse a sto giro, la fame mi si leggeva negli occhi più che nei fianchi.

Muori dalla voglia di cambiare estetista anche tu?  www.naturaletre.it.

Randagia, che il viola non si mette a caso

 

Un bacio. Di Ivan Cotroneo

Posted on Marzo 6, 2011 by randagia

Un breve romanzo a tre voci, una lettura da taschino. Presa per caso sullo scaffale “novità” della biblioteca. In questo romanzo Cotroneo porta in luce una realtà spesso taciuta, sicuramente scomoda. Non pretende di far cambiare idea a nessuno, chiede di aprire gli occhi, a tutti. Le pagine sono spolverate di quella giusta dose di sorprese che rende la lettura interessante, come lo zucchero a velo sulla torta margherita, se ti piace lo zucchero a velo.
Quando sei lì, dubbiosa sulla credibilità di quel finale, scopri che ha preso spunto da una storia vera.

Randagia, che spesso la realtà supera la fantasia.

Certi Bambini

Posted on Marzo 6, 2011 by randagia

Sei stata a Napoli, hai notato quanti piccoli calciatori camminano allegri per le strade sotto il peso del loro borsone da calcio: vanno alla partita? agli allenamenti? Non sai. Ma son tanti, son belli. Ti prende un po’ il gelo nelle vene quando pensi che in quei borsoni possa esserci oltre alle scarpe con i tacchetti, anche una pistola. Quando pensi che forse non stanno andando a fare goal, ma a fare bang. E no, non è uno stereotipo, è un libro. Di Diego de Silva. Una lettura che prende, descrivendo realtà forse lontane dalla tua, ma incredibilmente reali. Non ti dice la città dove è ambientato, ma è inconfondibile: forse ha avuto ‘scuorno di dire Napoli, o forse semplicemente dire Napoli non è necessario. Quando leggi queste pagine, non hai bisogno dei cartelli stradali. E De Silvia riesce a farti amare il delinquente dal cuore tenero, e farti storcere il naso al santarellino bell’imbusto. Certe frasi le hai dovute rileggere due volte per capirle, e non era certo colpa del dialetto, nè della costruzione forbita: devi pensare, quando leggi. Non è un harmony.

Rosario guarda succedere le cose fino alla fine.
Rosario si prende quello che può finchè qualcuno non glielo toglie.
Rosario non vi riguarda.
Rosario vi piace.

Randagia, con il debole per i deliquenti

Brava in volo

Posted on Febbraio 20, 2011 by randagia

Non finisco di
leggere un libro da un po’. Uno perché è noioso, l’altro perché non è il mio
genere, l’altro ancora perché l’ho dimenticato nel bagno di una camera
d’albergo e anche volendo, diventa difficile finirlo. Mi si prospetta un volo
lunghetto e cerco un compagno di viaggio: una compagnia facile, alla buona ma
di un certo spessore, che non mi faccia pensare troppo, meglio se italiano.
Un’amica esordisce euforica con un “Ce l’ho io quello che fa per te!”. La
prossima volta mi ricorderò di precisare anche “con un titolo che non mi faccia
vergognare”, oggi invece mi imbarcherò con “Brava a letto”.  Attira l’attenzione più di una minigonna, o
almeno di una indossata da me.

La protagonista è
una ragazza che possiamo definire eufemisticamente grassa, che ha fatto dell’ironia
il suo punto forte, che adora scrivere. Alle prime pagine, pur divertendomi,
penso all’amica che me l’ha prestato, quella atletica taglia 42, dedicandole
una delle più note canzoni di Masini. Ma il libro prende, leggero a
sufficienza. Le classiche pagine da lettrice donna, con una copertina che
attrae il lettore uomo. La descrizione di un ambiente di lavoro principalmente
femminile, mi fa ringraziare di aver studiato per un “travai da omu”.  A pagina 30 capisci chi è quello che diventerà
il principe azzurro a pagina 368, e capisci anche che lo diventerà solo perché
stai sfogliando le pagine di un libro e non i giorni di una vita. Vedi
un’amicizia che nasce sui lettini di un salone di bellezza, e ti chiedi se
credi meno a questa storia o a quella del principe azzurro. A rendere il libro
meno banale del previsto ci pensano la spiccata ironia della protagonista, che
ci risparmia frasi melense da lettura Harmony, ed un personaggio ben
particolare: una madre che confonde l’invadenza con l’affetto, ma senza
raggiungere estremi che ho visto solo dal vero.

Il volo di ritorno
è più complicato del previsto e, causa maltempo e sfighe varie, viene
posticipato alla mattina successiva. Non so se per colpa della serata a fiumi
di birra con gli altri malcapitati o la levataccia in piena notte per prendere
l’aereo, ma piango a fontanella per almeno una ventina di pagine tra una
colazione servita in un cartone colorato e l’ennesimo bicchiere d’acqua.
Stupita, dalle premesse non me l’aspettavo proprio.

Il finale è alla
Walt Disney, avrei voluto smettere di leggere prima, ma non ero ancora
atterrata.

Potrei
consigliare la lettura a tutte le donne oversize perché si immedesimeranno
nella protagonista, a tutte quelle col fisico perfetto perché potrebbero capire
cosa succede dall’altra parte,
a tutti gli uomini
che abbiano mire su una donna abbondante per capire a cosa potrebbero andare
incontro e a tutti quelli che “la donna grassa no!” per capire cosa si stanno perdendo, ma in realtà lo leggeranno solo quelli
che sono stati ipnotizzati dal titolo. 

 

Randagia, brava
in volo

 
Brava

Se non domenica quando?

Posted on Febbraio 12, 2011 by randagia

Eccoci. Siam tutte lì a dire “Siamo donne, oltre le gambe c’è di più”, “Le italiane non fanno solo bunga bunga”, “Grandi donne non solo mignotte”. E “se non ora quando”? Abbiamo per ministri donne che fanno il bunga bunga, e per questo sono conosciute anche all’estero, mentre nessuno conosce l’esistenza di quelle che invece si danno da fare h24 per un risultato anonimo. Anonimo si, ma comunque un risultato.

Mi chiedo se Mina Welby manifesterà. Che sia una gran donna, lo si sa. Moglie di Piergiorgio Welby. Chissà perché una gran donna, deve sempre essere “la moglie di”. Non sempre, quasi. Mina è una donna che ha desiderato che suo marito morisse, ma non per l’eredità. Lo ha desiderato tanto quanto lo ha desiderato lui, forse di più. Il 20 dicembre 2006 il desiderio è stato esaudito: il respiratore artificiale che teneva in vita Piergiorgio è stato staccato, e sulle note di Bob Dylan, Mina ha visto il suo Piergiorgio andarsene. Finalmente. Eutanasia, l’ultimo gesto di amore. Triste vittoria di una lunga battaglia.

Domenica 13 Febbraio, ore 18:30 alla Casseta Popular di Grugliasco: Incontro con Mina Welby e Pino Giannini per la presentazione del libro L’Ultimo gesto d’amore, e se non domenica, quando? Ingresso gratuito, con tessera ARCI.

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