Il Darwin

Scrive un’amica.
Randagia, che banalmente riporta

Il Darwin di Rivoli, per noi che buona parte delle mattine affrontavamo
a piedi la salita che da Piazza Martiri andava su per Via Piol, è
sempre stato "il Seminario".

Piazzato lì, a dominare la valle, cento metri più in là di quel che una volta era ‘Il Castello’, col suo bel bar mefitico annesso e conneso, che qualche anno più tardi sarebbe poi diventato il Museo d’Arte Contemporanea.

Durante l’ora di ginnastica, quando si andava a correre nel parco
circostante che in autunno si tingeva di rosso e oro, lui se ne restava
lì, severo ed imponente, immobile, in attesa del nostro rientro.

Lì ho partecipato alle mie prime assemblee, con quelli della FGCI che ‘Compagni,
cioè vaffanculo, ma se invece di starvene lì a farvi i cavoli vostri,
veniste qui e portate il vostro contributo a ‘sto cazzo di dibattito?
from_unixtime( ho fatto ‘autocoscienza’ durante il  ‘monte-ore’, ho sopportato Anna che m’appestava le pagine del diario con il suoi "Fausto, Fausto, Fausto, Fausto… "  intervallati da altrettanti "Fausto, Fausto, Fausto, Fausto"  e Gabriella, sfinita anche lei, due righe più sotto, ci aggiungeva "ma sparati!".

E si scioperava, oh se si scioperava: perchè il riscaldamento non
funzionava, perchè i bagni non funzionavano, perchè al bar c’erano i
topi che scorrazzavano liberi e belli tra le pizzette, perchè la
palestra non era agibile, perchè allora come oggi non c’erano soldi per
le riparazioni.

Per cui (Caro Presidente, Ar-Razzâq – Colui che provvede), non parliamo di ‘tragica fatalità’.

Fatalità è un terremoto, una tromba d’aria, uno tsunami.
Non un controsoffitto che precipita in testa a dei ragazzini.

I quali – così era scritto su uno striscione  – con amaro sarcasmo, oggi si domandano"come possiamo crepare in fabbrica se ci ammazzate prima?"

Nut