Tra la Sacra e la Luna

Un’idea buttata a caso in un parcheggio. E raccolta. Subito. Come tutte le peggio boiate. E come tutte le peggio boiate va realizzata. Una ferrata in notturna con la luna piena.
E allora si aspetta, si aspetta la luna piena. Ma non una luna piena qualunque, una di quelle che i Maya ti raccomandano. Tanti “Io ci sono!”, entusiasti. Qualche “Non ce la faccio, passo.”
Un paio di macchine. Si chiacchiera. Si ride. Destinazione Caprie, ferrata di Rocca Bianca. “Dobbiam portare su il diario di vetta nuovo”. Eh già, che non lo gestisce la forestale, o il comune. No, va su base volontaria. Lo gestisce Franco. E lo scopri sul momento. Franco, che a Rocca Bianca ci sarà salito seicento volte. Franco, che la fa ad occhi chiusi, altro che in notturna. Franco, che conosce tutte le pietre per nome. E inauguriamo il quaderno nuovo, che tanto il peso, lo porta Franco!
Avigliana ovest.  Ma è presto. Alle otto e mezza è ancora chiaro.  Gli uomini veri vogliono la notturna vera. Le donne no. Quindi si parte, con il chiaro. Che il buio verrà. Pila frontale sul casco. Qualcuno la accende: “Distisa, badola! (spegni, badola!) che poi quando ti serve le batterie non le hai più”. Dopo pochi minuti i primi reclami:  “Oh, se andate veloci così, abbiam tempo a farla due volte prima che venga il buio!” Ma chi è in testa, se ne frega. E anche chi è in coda. Ognuno sale con il suo beato passo. Ridendo e scherzando. Ma sta luna dov’è? Non si vede. Poco importa. La Val di Susa ai tuoi piedi ti piace. La Sacra di San Michele si illumina, e se accende la luce lei, le accendete anche voi. Una fila di otto lumini che sale seguendo un ritmo tutto suo. Ma la luna? Superi il tratto dove qualche mese fa, alla tua prima ferrata, ti eri schiantata contro la roccia, “propri da piciu” pensi. E forse dici, ma nessuno rincara la dose. Son amici.
Ponte Tibetano. Lo attraversi con il volto verso la valle, che è là in basso. Tanto in basso. Senso di vuoto, chiappe strette, un passo dopo l’altro sul cavo. Sotto di te luci bianche e rosse marcano il disegno dell’autostrada che taglia la valle. C’è chi vorrebbe non vederle. La TAV non si vedrà. Forse non passerà neanche di là. C’è chi vorrebbe non averla. Ma no, a questo non pensi mentre sei lì.  La Sacra continua a far luminosa mostra di sè a destra.  A sinistra, spunta la luna tra le nuvole. Sembra un gioco di luci. Son et Lumieres. Guarda la Sacra, guarda la Luna, ma minchia non guardare giù o finisce che le previsioni maya con te ci azzeccano. Un passo. Un altro. Fatta. Niente male sta bassa Valle di Susa. Passano anche gli ultimi della fila, mentre il panorama è sempre più spettacolare.
Un po’ il ridere, un po’ la stanchezza, non riesci più a salire, e sbagli. Sbagli a dire, ridendo, “Non riesco, datemi una mano” . Perchè la mano te la danno, anzi due. Sul culo però. E sali. In punta ormai c’è uno studio fotografico: cavalletto, flash, non flash. “E spegnete quelle frontali che la foto non viene”. Le spegnete. “E accendete ste frontali e guardatevi tra di voi, o la foto non viene!” Allora, ci si decide? Acceso o Spento?” Uno scatto dopo l’altro, una frase sul libro di vetta, che riponiamo nell’apposita casetta di legno, sempre tutto “powered by” Franco. E poi tocca scendere. Parti in prima fila, che scendere è facile. All’urlo di “Aspetta che ti faccio vedere lo gnomo!” Franco passa in testa. Ah, si dice così adesso? Lo gnomo? Una volta era il cobra, il serpente. Ora è lo gnomo? Si vede che gli anni passano per tutti. E mentre scendete eccolo lì lo gnomo: il cappello, il naso, gli occhi. Quando Franco diceva di conoscere ogni singola pietra di rocca bianca non stava scherzando.

Randagia, che la luna piena è solo una volta al mese