Voglia di tramonto
23 Settembre 2011. Voglia di tramonto. Come al solito decido in un attimo: si va! E poi quale sera meglio di questa? Da ieri sera tutto è cambiato, anche la teoria della relatività di Einstein sembra essere superata: dicono ci siano particelle maleducate che osino viaggiare più veloci della luce. E poi stasera sul Piemonte, forse, cadranno pezzi sparsi di satellite impazzito in rientro in atmosfera, non posso perdermi lo spettacolo delle eventuali scie luminose dei residui in frantumi al contatto con lʼatmosfera! Quindi, davvero, quale notte meglio di questa? Non controllo nemmeno in macchina, gli scarponi sono già lì, sicuro! Prendo zainetto, maglia di ricambio e luce frontale per la discesa. Si parte, direzione solita e conosciuta, Monte San Giorgio. Mentre guido, chisssà perché controllo negli specchietti: no, tutto a posto, dietro la piana e davanti Musinè e San Giorgio, direzione giusta. Parcheggio la macchina, infilo gli scarponcini, bacchette? No stanno bene lì dove sono, salita agile! Lascio lʻasfalto ed infilo lo sterrato che porta in cima, neanche duecento metri ed incrocio il solito simpaticone dai valenti consigli: “Varda che a ven nòit prima nè adess!”. Rispondo? No? Si! “Ti tʼlas mai vistlu ʻn tramunt a mesdì?”. Accelero il passo, se tramonto deve essere, devo arrivarci in tempo. Il sole in caduta lancia ombre lunghe tra i castagni e le querce, la salita mi par più agevole, aria frizzante e profumi conosciuti. Dalle narici escono sbuffi da animale in affanno e sugli occhi colano stille di sudore, fattori noti: mountain is my therapy!
Giungo alla piega di sentiero abbandonata la quale si volta a destra in ripida salita verso la radura, vado, cinque minuti e ci sono, il sole cʼè ancora, aspetta me prima di tuffarsi oltre i monti. Radura. Poso tutto e cambio maglia. Certo che se parti di fretta la macchina fotografica la lasci a casa! Io lo zaino di Mary Poppins non ce lʼho! Cellulare? Cʼè! Almeno quello.
Lʼattesa. Scende il sole ad ampie falcate, che silenzio! Qualche cane in lontananza e nulla più. Scende, scende, sorpassa la linea immaginarie delle montagne e, giù, se ne va! Lascia un cielo porpora meraviglioso, forse più bello perché ci sono salito apposta, e mica vorrai trovarlo così così! Attendo ed assaporo lʼaria, mi guardo intorno ed anche Torino in lontananza sembra essere piccola e da quassù persino simpatica.
Scatto una foto col telefono, lʼultima volta che ci ho provato stavo guidando: lasciamo perdere! Fisso negli occhi quel cielo, me lo devo ricordare! Ora si è fatto scuro, prime stelle ad est, ma di satellite impazzito nessuna traccia. La protezione civile recitava 21.25 – 22.15, aspetto ancora 5 minuti. Niente, solo aerei curvi verso Caselle in discesa.
Dai, è ora di andare. Infilo la frontale e la accendo. Quando le avrai cambiate le pile lʼultima volta? Vedrai che regge, in unʼora sei giù! Ultimo sguardo verso il Monviso e poi decido di andare. Lascio la radura, venti trenti passi poi mi fermo. Torno indietro, mi manca qualcosa. Eppure mi manca… radura, radura, lo dico senza pizzicare la “erre”. Già, ecco cosʼera quel senso di vuoto di prima: lei che avrei voluto fosse qui, ed invece è al mare con MaVco.
Comincio a scendere, con quella strana voglia di merenda sinoira.
W.