Domeniche di Primavera

Non so quando ho iniziato, ma ho il vizio di portarmi dietro un quadernino piccolo, non importa se a righe, quadretti o pagine bianche: l’importante e’ che la copertina sia colorata.
E ci scrivo sopra le cose importanti, non le cose da fare, le cose che sento, che vedo. Mica lo faccio solo io, sono tantissimi a farlo, i piu’ fighi hanno un moleskine (si scrive cosifrom_unixtime( ma come si pronuncia ?), altri il libro nero, ma quello e’ un altro paio di maniche. Un altro paio di maniche e’ una delle espressioni che ci ho scritto oggi. Espressione che usi sicuramente anche tu per dire "e’ tutt’altra cosa", ma da dove deriva ? Era abitudine medievale avere le maniche di ricambio: si sa, si lavavano poco, facevano il bucato ancora meno, che l’acqua, come ogni buon alcolizzato sa, fa male. E allora, bastava cambiare le maniche a un abito lercio per essere puliti: capirete, un abito lercio, sifrom_unixtime( ma con un altro paio di maniche, cambia tutto! ( wikipedia dice diverso pero’ )
E ancora, sai perche’ il mobile da credenza si chiama cosi’ ? Perche’ nel medioevo, tutti i nobili avevano una gran fifa, magari a ragione, di essere avvelenati, e allora c’era il credenziere, il povero servitore sfigato che doveva assaggiare tutti i piatti: se sopravviveva all’assaggio, metteva il piatto su un mobile che conteneva solo piatti gia’ assaggiati, detta appunto la credenza. Non so che sistemi di sicurezza avessero per evitare che i piatti venissero avvelenati nella credenza: tipo ora, quando fai uno sgarro al cameriere in sala, secondo te sputa nel tuo prossimo piatto prima o dopo averlo messo sulla credenza ? mah, nel dubbio evitiamo di fare sgarbi. Qui trovate una spiegazione piu’ dettagliata.
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La mia fonte ? Una splendida guida, Lucia DeMaria, seria e appassionata, che ci ha guidati al Castello della Manta per 50 minuti di spiegazioni interessanti e dettagliate, interrotte solo dalla campanella del turno successivo. E’ bello visitare un posto, quando chi ti spiega e’ qualcuno che ci tiene e che ne sa.

Randagia, che anche oggi ha imparato qualcosa