In fila indiana

Ci si sveglia all'alba, per prendere il treno che ci
toglierà dal casino di Delhi per portarci nell'atmosfera mistica di Agra. Agra
non ti dice niente? Già, però è lì che fa bella mostra di sè il Taj Mahal.
Treno prenotato dalla socia, albergo prenotato da me dietro consiglio di amico
viaggiatore "Io non ci sono stato, ma il taj resort l'ho visto passando,
sono entrato, merita." Peccato che passando non ti accorgi se l'acqua
calda c'è solo nelle ore pari.

In stazione con il dovuto anticipo: è il nostro primo
treno indiano, l'evento richiede scrupolo. Con noi in taxi dall'albergo una
ragazza neozelandese che viaggia sola, e in quanto tale paga il doppio del
dovuto perché dà retta a tassisti e simili. Però sorride, e molto. “Guarda,
siamo sul chart!!”
Dicesi chart un foglio tabulato, quelli che si usavano
vent'anni fa per stampare con il computer, quelli con righina bianca e righina
grigia. Qui ogni righina rappresenta un posto e il relativo passeggero: è il
foglio delle prenotazioni. Non riusciamo a trovarci e chiediamo aiuto: sappiamo
quali sono i posti, ma ci serve conferma. Il tizio ci ascolta, punta il dito
sul chart indicando una riga e chiede alla socia "Questo è il tuo
nome?". E che ne so, è scritto in hindi!! Proseguendo nella riga arriviamo
a dei caratteri comprensibili: siamo noi!!

Perfetto, allora vagone S1. Facile. Il nome del vagone è
su un diplay, c’è un diplay per ogni vagone. La fine del
treno? Non la si vede. Il capitolo del
chart relativo al nostro vagone è
anche appiccicato sul vagone stesso. Bello, sai i nomi dei tuoi vicini ancor
prima di salire.

Questa è una prima classe vera: sali e iniziano a
servirti la colazione. Meno male, perché il packet breakfast che ci ha dato
l’albergo consiste in due sandwich con dentro delle foglie di cavolo, no
prosciutto, no formaggio, solo della bella fresca verdura cruda, che decidiamo
di sprecare, giusto per scampare lo scagozzo del primo giorno. La colazione è
speziata, manco a dirlo, ma il tè si beve. Il servizio è esemplare, il viaggio
breve. Dopo due ore ci si alza, noi e i nostri zainoni, pronti a scendere: ma
su un viaggio di due ore, quanto vuoi avere di ritardo? Due ore, perfetto. Alla
prossima vediamo di starcene sedute fino all’ultimo.

Scese dal treno veniamo accerchiate da gente con
tesserini bianchi: il mini menù del tassista. Tutti gli autisti autorizzati
hanno questo libretto con le tariffe ufficiali che applicano: e te li mostrano
bene bene, come dire “vedi che sono autorizzato io?”. Sì, ma autorizzato a
cosa? A raddoppiare le cifre che ti hanno messo sul libretto perché questo è
quello che fanno: aggiungono parcheggi, benzina e probabilmente anche la
donazione a Visnù che ci protegga durante il viaggio. No no, lasciamo perdere.
Andiamo al Booth del Pre Paid Taxi And Autorickshaw: comunichiamo la
destinazione, ci chiedono importo ragionevole e danno la ricevuta, uno si
elegge a nostro autista e opplà andiamo. Ci fa scendere prima dell'albergo
perché la zona del Taj è bandita alle auto non ecologiche: solo auto
elettriche, rickshaw e cammelli possono avvicinarsi al Taj. Come mai? Perché
altrimenti quel marmo bianco diventa nero. Bravi.

Passiamo all'albergo a lasciare tutto e ci offrono il
Chai, il loro fantistico tè con latte e spezie. Ce lo offrono in tazze lerce,
ma l'ospitalità è sacra: io bevo. la socia, più smart, dichiara che a lei il tè
piace berlo con calma e chiede se lo può portare in stanza. Permesso accordato:
quando siamo dentro, il tè finisce nel cesso. Senza esitazione. Ecco, può
essere un'idea. Stasera è luna piena, e quando c'è luna piena, il taj si può
visitare la notte. Peccato che la cosa non sia prenotabile via internet,
peccato che al famoso Tourist Info di Delhi non ne sappiano niente, peccato che
nessuno ne sappia niente.Quindi andiamo al taj di giorno, dopo aver fatto la
nostra buona coda per comprare il biglietto che noi paghiamo 30 volte più caro
degli indiani: ma comunque solo 10 euro. E non pensare che i biglietti li
vendano vicini ai cancelli, no ci sono gli uffici apposta. Indicati malissimo:
uno, ad esempio, è indicato come ospedale. E facciamoci sti biglietti
all'ospedale.

Quando ci avviciniamo ai cancelli ci accorgiamo che la
coda è infinita. Un ragazzetto ci avvicina dicendoci che la coda durerà tre ore
ma lui ha un modo per farci entrare subito. Decliniamo l'invito e ci
avviciniamo ai cancelli ignorando la coda e sperando ingenuamente in una coda
speciale per gli occidentali: qui si usa. In India si usa, ma non al Taj. La
guardia armata ci consiglia l'ingresso sud dove c'è meno coda. E chiediamoci
perché lo consiglia solo a noi e non all'infinita umanità che è in coda.
Chiediamocelo, ma non pretendiamo una risposta. Vero, al sud ci mettiamo in
coda, probabilmente ce la caveremo in 20 minuti. Ma ecco una rissa, poco più
avanti . Toh guarda, il ragazzetto di prima! La rissa finisce e, davanti a noi,
non ci sono più le stesse persone di prima, ma due donne, indiane, madre e
figlia, che non guardano in faccia nessuno. Ecco, abbiamo lasciato più di 5
centimetri dai precedenti in coda e si sono infilati questi, grazie alla
scenetta del ragazzetto. Ma guarda te se con 100 rupie hai il servizio rissa
per tagliare la coda. Arrabbiarsi non serve, impara e basta: alla prossima
rissa mi abbraccio la sconosciuta davanti e voglio vedere chi si mette in
mezzo!! Si entra, lasciando alla cloack room gli zainetti: sono troppo grandi
non te li lasciano portare. Quindi se ci vai marsupietto o borsetta di egual
misura, niente zainetti, niente coltellini e via. Anche perché la cloack room
chiude alle 17, il Taj alle 19 e non è piacevole dover uscire prima per la
borsa.

Il palazzo è veramente bellissimo, da fuori: con la
nebbia che caratterizza la zona, con il suo effetto vedo non vedo. Bello,
piace. E dentro cosa c'è ? Un'altra coda, stavolta per entrare nel cuore del
Taj, nel palazzo bianco. E cosa c’è lì? Il niente. Due tombette del maraja e
sua signora e bon. Ma per scoprirlo, fai un’ora e mezza di coda. Un’ora e mezza
tanto per dire? No no, tanto per aspettare: 90 interminabili minuti. L'attesa
non è noiosa, se te la sai gestire: vedi le peggio performance. La coda va
stile serpentone a destra e sinistra per sfruttare gli spazi, e poi ti arriva
chi, con un sorriso da "come ti frego io nessuno" se la fa in
diagonale, tagliando qua e là, e nessuno dice niente. E non dici niente tu, che
ti senti pirla ma anche straniero: se non si lamentano loro che sono migliaia
in coda, devi lamentarti tu? Magari sì. Non oggi però, oggi non siamo ancora
ambientate.

 

Usciamo per cena e vediamo gente attraversare metal
detector semi seri, entra al Taj. ma non è chiuso? Sì, ma ieri si potevano
prendere i biglietti per entrare, oggi è luna piena. Ah. Lo sapevamo, siamo qui
con la luna piena, lo sapevamo e non abbiamo i biglietti? Dei geni. Siamo dei
geni. Solo 50 persone in tutto il Taj, per un'ora. E noi che l'abbiamo visto
con solo 50 migliaia di persone, che fare una foto senza altri individui era
impossibile. Di biglietti non ce ne è più, vanno presi il giorno prima.
Tentiamo la parte tristissima di chi deve partire il giorno dopo, ma sta gente
è irremovibile: non si entra. Pazienza. Sarebbe stato possibile prenotarlo su
internet? Temo di no, ma se interessa potete provarci, partite dal sito ufficiale
e cercate le agenzie

Ci facciamo una bella cena in terrazza: terrazza con Taj
View, come tutti i locali qui. Il cameriere, di una certa età, ci porta i menù
e ci spiega che è sua figlia la cuoca. al momento di ordinare, fa scrivere a
noi: lui scrivere non sa. Questo ci succederà un sacco di volte, altro che
ordinazioni dai computerini via wifi: scrivi il biglietto e lo scrivi tu, che
il cameriere non sa tenere una penna in mano.

 

Randagia, stranita dalla birra che costa più della cena.