Sorrisi e chai
Quelli che ne
sanno ti dicono che devi sempre prendere la prima classe, altrimenti ti
troverai in mezzo a tanta gente, furti, sporcizia, puzza ed escrementi di
animali: le prove generali di un viaggio verso l'inferno. La prima classe è
un'isola felice, con il tuo scompartimento da due, dove puoi stare sicuro che
non ti rubino niente. Peccato che non ci sia mai posto. Al primo spostamento
notturno trovi posto in classe “sleepers”: non la prima, non la seconda, non la
terza. Ancora dopo: la “sleepers”. Ecco il vagone “sleepers”. E' proprio il
tuo: all'esterno della carrozza fa bella mostra di sè un tabulato con il tuo
nome, e quello dei tuoi vicini. Non serviranno le presentazioni. Sali, appoggi
lo zaino su una cuccetta azzurra che ti sembra pulitissima. Di escrementi non
c'è traccia, e neanche di bottigliette, chewingum o cartacce all'occidentale.
Nello stesso vagone, un gruppo di indiani in gita. Giovani non sono. Uno di
loro viene a salutarmi, a darmi il benvenuto dietro i suoi fondi di bottiglia.
Inizia la conversazione con il classico “you from?” che non sai mai dove porti.
Prosegue con “You sweet face, pichur?
Pichur?”. E sorride, uno di quei sorrisi rari, che sanno di sincero. Mohit ci
tiene a presentarmi Champa, la moglie, dotata dello stesso sorriso, ma più
timido. Buttano la testa dentro una
borsa che non ha nulla da invidiare a quella di Mary Poppins e discutono
animatamente. Ne estraggono una cosa nera di plastica, grande quanto una
confezione di uova da dodici. Una macchina fotografica di altri tempi. O di
altri mondi. Mohit ci tiene a fare una foto con sua moglie e con me. Per
l’occasione un’altra gitante stampa sulla fronte di Champa un pallino rosso. È
il segno che le donne sposate devono avere, e mi chiedo perché solo in foto. Uno
scatto, due, dieci. Mi riempiono di ringraziamenti superflui. Confido a Mohit i
miei dubbi riguardo alla scelta: prima, seconda, sleepers. Mi dice “L'India
siamo noi, quelli che incontri in questi vagoni, quelli che ti salutano e si
fermano volentieri a parlare con te, per imparare qualcosa di te e per
insegnarti qualcosa di noi. In prima classe sei solo, non è un bel viaggiare.”
Vero. Mohit scende alla mia stessa fermata, si offre di svegliarmi. Grazie.
Passano i venditori di chai, con quelle teiere enormi che usava anche mia
nonna. “Hello Madam, Uanna Chai? Uanna try?” Sorridono, con un sorriso stanco,
di rito. Passano i venditori di catenelle e lucchetto. “Hello Madam, need
locks?” Chi mette i bagagli sul pavimento li lega di tutto punto, io sul mio zaino
ci dormo, me lo abbraccio ma non lo lego.
Ci si addormenta. Quasi a
destinazione, i fondi di bottiglia con il sorriso mi svegliano e indicano
all'omino del chai di darmi un bicchiere, precisandomi “Non pagare!”. Grazie, Mohit. Grazie del chai
e grazie di avermi insegnato qualcosa di voi.
Avevo una sola prenotazione in prima classe, ma l'ho cancellata: in
prima classe sei solo, non è un bel viaggiare.