Come sta, signora?

Esci dall'ufficio un po' tardi, nessuna voglia di andare in palestra, ancor meno di andare a fare lo spesone da mega-supermercato di cui casa tua avrebbe tanto bisogno. Fai un salto veloce in uno di quei supermercatini bianchi e verdi che si stanno sostituendo a tutti i vari supermercatini che coloravano la città. Poca roba, e sei subito alla cassa. Appoggi sul rullo i tuoi due hamburger, le quattro uova, il pane. Alzi gli occhi. Dalla porta scorrevole entrano due armadi. Ma come son conciati? E perché si dirigono alle casse e non vanno di là dove c'è la freccia blu? Ma quella che uno ha in mano è una pistola, e non è per moda che hanno i collant sulla faccia! Minchia, questa è una rapina! Ma questo te lo sei dovuto dire da sola, perché non è come nei film, che quelli entrano, urlano “Questa è una rapina!” e spaventano tutti. No, questi entrano e non dicono un tubo e spaventano tutti. Il silenzio è meglio di mille parole. Lasci tutta la tua roba sul rullo e ti allontani, con il cuore che batte più forte di quando hai conosciuto Tomba, e questo non l'avresti pensato possibile. Prendi per un braccio una che sta andando alla cassa e la dirotti in fondo, al banco dei freschi con te. Questa ti crede mentecatta, ma poi ti crede. Chiami il 113. E quando riferisci “Sono al supermercato X di Via tal dei tali”, ti chiedono: “A che numero?” E che ne sai, non scrivi mai cartoline al tuo supermercatino. Devi lasciare numero di telefono, nome e cognome. Ma davvero? Il numero non si vede? Se chiami uno sconosciuto questo lo vede, ma se chiami la polizia no? Glielo devi ripetere? E pure nome e cognome? E allora perché devi lasciare un documento quando compri una SIM? La polizia tutte queste cose non dovrebbe saperle già? Alla fine della piacevole chiacchierata qualcuno lo manderanno, ringrazia. Intanto la gente arriva al banco del fresco, e quando voi mentecatti, perché da sola che eri ora siete tre o quattro, chiedete informazioni ai nuovi arrivati, dicono che all'ingresso e alle casse sembra tutto normale. Tornate alla cassa, dove la commessa sta passando dei pezzi. Non i tuoi che sono rimasti lì fermi. La ragazza ti guarda e preoccupata chiede “Signora, sta bene?” “Io sì, lei piuttosto?” “Ah, io sono abituata… arrivano, io pigio qui, parte il filmato, parte la chiamata alla polizia, consegno i soldi, se ne vanno. La polizia non arriva in tempo. Mi è già successo un paio di volte…” Ti sorride e ti dice l'importo. Paghi, ma stavolta non controlli il resto. La normalità è soggettiva. Mentre esci incontri la polizia. Il batticuore ti rimane per un'oretta ancora. L'effetto di quell'immagine, da cui hai distolto gli occhi appena ti sei resa conto della situazione ti fa pensare. Pensare alla tua reazione nei momenti di panico. Che è panico, appunto. Panico e Paura. Paura di lasciarci qualche pezzo di te. Ma non sono film, tu non sei la protagonista, nessuno ti ha puntato un'arma addosso. Sei una comparsa, che è scomparsa appena possibile. Puoi dire a tua madre di non preoccuparsi, che non morirai certo per un atto eroico.

 

Randagia, che l'hamburger era un po' indigesto.