La M di Muller
8 Agosto 2021. Procediamo lenti e tranquilli con il nostro camper su queste strade di montagna e di colpo eccola, netta e imponente di fronte a noi: una montagna con il segno di una frana gigantesca a forma di M. Mi sembra di sentire la voce di Paolini: la M di Muller è lì sul Monte Toc ad accoglierci nella Valle del Vajont.
Parcheggiamo il camper nel primo parcheggio che troviamo, quello dei pullman, tutti i successivi sono pieni e a pagamento. Arriviamo alle 12 e riusciamo a prenotare la visita alla diga delle 14, non male! Il biglietto include uno sconto per l’ingresso del museo di Erto, un invito che non si può e non si deve rifiutare.
Molti passano di qui senza visitare perché “fa tristezza”. No, non “fa tristezza”, fa informazione, fa cultura, fa impressione, fa bene. Ascoltare la storia raccontata da gente del posto fa bene: a loro che la raccontano, a te che la ascolti. E non importa se non è divertente. Puoi aver guardato lo spettacolo teatrale di Paolini, aver visto il film, conoscere la storia, ma essere lì fa più male.
Le visite guidate conducono sul coronamento della diga: da un lato, verso il Veneto, sei a 300 metri da terra, dall’altro verso il Friuli solo cinquanta: la frana ha colmato il lago e adesso la gente ci cammina sopra, anche tu. La diga è rimasta tale e quale, scalfita solo da una crepa mentre Longarone laggiù è stata spazzata via da un’onda d’acqua di 200 metri nella notte del 9 Ottobre 1963. Era notte, sì, perché alle dieci di sera i contadini dormono.
Durante la visita la guida non si stanca di ricordare che di avvisaglie ce n’erano state, anche anni prima, che non è stata una disgrazia imprevedibile. Te lo dice in tutti i modi che il disastro che ha ucciso 1500 persone si poteva evitare. Ti racconta che il macellaio che portava il carico alla diga per la mensa degli operai un giorno non trova più la solita cuoca: si era licenziata, per paura che franasse tutto. Oggi la cuoca ha 94 anni e sta bene, lei.
Il macellaio che portava il carico alla diga per la mensa degli operai un giorno non trova più la solita cuoca: si era licenziata, per paura che franasse tutto. Oggi la cuoca ha 94 anni e sta bene, lei.
Per chiudere la visita con argomenti più leggeri, la nostra guida ci informa che Longarone è la capitale del gelato artigianale e ci suggerisce di salire a Casso e intrufolarci sul balcone della scuola: da lì si vede tutta la valle.
La frana che ha causato il disastro del Vajont si è staccata perché qualcuno ha deciso di rischiare per guadagnare di più, perché chi doveva controllare non ha controllato, lo stato che doveva controllare non ha controllato, che doveva fermare non ha fermato. Erano gli anni del boom dell’energia idroelettrica, era la seconda diga per dimensioni al mondo, vuoi mica ammettere un fallimento? No, no, il rapporto rischio beneficio è altamente a favore del beneficio, si va avanti. Non confondiamoci, non stiamo parlando del disastro del Ponte Morandi di Genova che crolla nel 2018 perché chi doveva controllare non ha controllato: 43 morti. Non stiamo parlando neanche della tragedia della Funivia Stresa-Mottarone che nel 2021, dopo mesi di chiusura per il lockdown, cade a terra perché chi non voleva perdere gli introiti del weekend ha tenuto aperto nonostante i freni di emergenza non funzionassero, chi doveva fermare non ha fermato: 14 morti.
La storia si ripete, sono passati 60 anni e non abbiamo imparato niente.
Tutti dovremmo sapere cosa è successo quel 9 Ottobre 1963 nel Vajont, lo dovrebbero insegnare a scuola: è storia moderna.
Con il cuore pesante prendiamo la bici per salire a Casso. Cogliamo il suggerimento e saliamo sulla terrazza della scuola, per guardare giù l’immensa frana. Qualche albero è riuscito a crescere ma la terra nuda fa ancora mostra di sé per farci ricordare, nell’inutile speranza di per non farci ripetere lo stesso errore.
Randagia, che non tutti i giorni di vacanza si passano a cuor leggero.