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Posted on Aprile 22, 2019 by randagia

Sci sul Vulcano e Carnevale in città

Posted on Gennaio 23, 2019 by randagia

La Traversata dei Re Magi

Posted on Aprile 2, 2015 by randagia

E’ una manifestazione storica, una roba turistica, una passeggiata. Con queste parole ti convince e ti iscrive alla decima edizione della “traversèe des rois mages”, una escursione scialpinistica che ogni anno, dall’olimpico 2006, il Cai di Bardonecchia e il Caf di Modane Valfrejùs organizzano, per commemorare una storica traversata alpinistica. Le prime edizioni sono state agonistiche, con tanto di pettorali, imbrago e salita alla vetta Thabor. Le ultime più turistiche, o per lo meno senza pettorali e imbraghi, dichiaratamente aperte a tutti.
Traversata dei Re Magi
Quest’anno si parte dalla Francia, da Valfrejus e si arriva a Bardonecchia. Tocca quindi a noi italiani svegliarci prima per andare in bus dagli amici d’oltralpe. L’appuntamento è a Pian del Colle alle 6:30, che poi sono le 5:30 con l’ora solare. E’ buio. Tu sai infilarti gli scarponi al buio? No, ma il furgone parcheggiato vicino ti ospita sotto il suo invidiabile impianto di illuminazione. Son già simpatici sti partecipanti.
Quando arriva il pullmann si accendono le luci e si iniziano a vedere le facce altrui: tutti alti, magri, fisicati e marchiati con teste di leopardo da testa a piedi. L’attrezzatura non fa lo scialpinista? Forse no, ma ti dà comunque un’idea.

In bus si arriva Valfrejus, e mentre si registrano le iscrizioni, si consuma una colazione a “pain de chocolate” che mette il buon umore. Qualche faccia è conosciuta, qualcuna lo diventerà. Si parte con le pelli? Si parte in discesa? Si parte all’insegna dell’arrangiarsi. Poche le raccomandazioni: “La traccia è segnata, ci sono bandierine verdi e rosse, seguitele e fate dei piccoli gruppi”. Parte il primo gruppetto, due o tre persone che ti sembrano sfocate tanto son veloci. Parte il secondo gruppetto e non è da meno. Partono tutti gli altri: un unico gruppetto da cinquanta persone, una mandria. E trascinata dalla mandria, fai la prima salita. Al cambio d’assetto, c’è chi si toglie le pelli senza neanche togliere gli sci e chi invece le infiocchetta e le ripone nello zaino. Opti per la via di mezzo: le stacchi e le infili sotto la giacca, quella sana sensazione di umido sullo stomaco, che tanto bene non fa. La discesa è caotica, nessuna difficoltà tecnica effettiva se non schivare gli altri, che scendono come meteore impazzite. Una passeggiata turistica? Questi corrono! Ma chi te l’ha fatto fare di buttarti in questo caos? Ma una bella gita tra pochi amici, no?
Si ripresenta la salita, per fortuna. Pian piano il gruppo si trasforma da mandria al pascolo in processionaria in fila, il sole splende, il vento tira, la calca non c’è più. Trovi la tua dimensione: ne hai parecchi davanti, parecchi dietro, puoi andar serena. Qualcuno ti sorpassa dichiarando “Il n’est pas froid”, “gnanca na frisa” rispondi tu, con la pelle d’oca sotto le maniche corte. Qualcuno, nonostante la testa di leopardo in fronte, ti si affianca e fa due chiacchiere “La prima volta? In questa direzione è bella, ma nell’altra come sciabilità è migliore, ci vediamo l’anno prossimo”. Certo, perchè oggi mica riesci a stargli dietro. Ma va bene così.

Il sole se la gioca con il vento per regalarti degli spendidi scorci: sei in un corridoio bellissimo, sulle alpi. Non importa se siete uno o cinquanta, adesso quel panorama è tutto tuo, e nonostante la fatica, o forse proprio per la fatica, lo trovi bellissimo. Il fascino della traversata è anche questo: gli occhi non puntano alla vetta, all’arrivo, non sono chiusi in una valle, galleggiano su una, poi due, tre valli.

Chissà se davvero devi passare i Re Magi: mica li riconosci, non sei fisionomista con le persone, figurati con le montagne. Riconosci il Rifugio del Thabor però, dove qualcuno ti urla: “Vai che c’è una torta buonissima!”. Beh, c’era: perchè quando arrivi tu è rimasto solo il te con la frutta secca. Poco importa, ora si scende. Via le pelli per l’ultima volta e giù, parlando italiano con i francesi, e francese con gli italiani, confondendo la fatica con il divertimento, vivendo una splendida esperienza.

Arrivi ai rifugi della Valle Stretta, dove ti attende l’ultima fatica: il pranzo. Nell’attesa, ecco una coppia di turisti, italiani. Lui urla a lei “Cosa vuoi che ci diano da mangiare qui, con sto branco di coglioni che fa casino!”. Il branco, siamo noi. Informiamo la malcapitata che c’è una manifestazione scialpinistica qui, e magari all’altro rifugio ci sono meno “coglioni”. Lei arrossisce e si scusa “scusatelo, è arrabbiato perchè l’ho fatto salire a piedi, a lui piace il mare, a me la montagna ma sapete in una coppia…”. Ma cara figliola, butta un occhio sul ben di dio di figlioli del branco, e lascia perdere l’uomo da mare. L’amour a l’è nen pulenta. Ma che buona che è la pulenta, ottima conclusione di una divertente esperienza.

Il prossimo anno? Si rifà, certo. Complimenti agli organizzatori: per l’agilità nei trasporti, la qualità dei ristori, la costanza che ci mettono tutti gli anni.

Randagia, che tiene d’occhio il sito ufficiale http://traverseedesroismages.hautetfort.com/

Mary Poppins era una scialpinista

Posted on Dicembre 17, 2013 by randagia

Un passo dopo l’altro. Destro, sinistro. Gucia. Destro, sinistro. Destro. E basta. Lo sci sta giù, lo scarpone viene su. L’attacco non attacca, non allo sci, non più. Ti fermi come un’ebete, ti giri indietro e guardi i compagni che salgono dietro di te, con lo stesso sguardo di un bambino che si è fatto la pipì addosso. I compagni per fortuna sono meno ebeti di te. Uno prende lo sci, e come un chirurgo ordina “Cacciavite!” Stella o taglio? Se è tork, non c’è speranza. In pochi secondi compaiono cacciavite a taglio, a stella, pinze e bisturi. Scotch americano e fascette di plastica. La borsa di Mary Poppins è vuota in confronto allo zaino di uno scialpinista. Intanto gli altri passano, e se hanno qualcosa di utile lo lasciano al gruppo dei McGiver. Lo scotch americano fa spessore nei buchi, e le viti, con il dovuto sforzo, forse tengono di nuovo. Un giro di fil di ferro attorno, due buone fascette ben strette, un giro di scotch americano per decorare. Come nuovo. Provi a minimizzare, invitando gli altri rimasti a salire comunque in cima, tu li avresti aspettati lì. Ma non funziona così, ti ricordano che il giro è ad anello, di lì non ci ripasseranno. Vorresti sprofondare, e sprofondi, perchè la neve lì è ancora tanta, e senza sci non stai su. Gli artigiani del rattoppo ripartono all’inseguimento del gruppo, mentre, come da regolamento, uno dei capigita si ferma e scende con te. “Ora devi scendere leggera, lo zaino te lo porto io”. Eh già, ma il culo te lo devi portare tu, che di leggera hai forse la coscienza, di certo non la sciata. Neanche ti conosce, tanto tranquillo non sarà. “Senti, facciamo un bel traverso, e magari giri a papera, da ferma. Lo sai fare, vero?” Nei suoi occhi il terrore che la tua risposta sia “no”. Sì sì, almeno quello lo sai fare. Gli hai dimezzato la gita, ora vedi almeno di minimizzargli i problemi. Traverso, inversione. Traverso, inversione. Ma se l’attacco tiene, magari una curva la proviamo? Tiene. Tiene bene!

Arrivate alle macchine, senza le chiavi, ma poco importa: nessuno si è fatto male. Aspettate un po’ che anche gli altri scendano, e poi acciughe al verde, torte natalizie e allegria, come nella migliore tradizione GSA.

Randagia, che anche oggi ha portato a casa la pelle e le pelli

Gucia dopo gucia

Posted on Novembre 17, 2013 by randagia

Non si usa più far la danza della pioggia, ma un sacco di sciatori fanno quella della neve. I risultati però sono modesti, quindi per ora si può solo tentare di risalire le piste ed evitare le multe: Cervinia o Mongi? Cervinia, che si sale di più, dicono quelli che ne sanno. Ti fai coraggio e vai, poi sto corso l’anno scorso sarà pure servito a qualcosa no? Chissà quanta roba dimenticherai, o non saprai più usare, sei già pronta alle prese in giro. Ma in fondo tutti hanno un po’ paura di dimenticare qualcosa alla prima uscita. Tu hai dimenticato i calzettoni, ma un paio di calze del tuo numero sbucano da un altro zaino: la figura l’hai fatta, ma i piedi sono salvi. Chi ben inizia…
Mervagliosamente bianco, meravigliosamente sole. Dopo pochi passi: “Randa, ma le gucie al corso non te le hanno insegnate proprio o sei tu non le hai imparate? Vienimi dietro e fai uguale”. (La “gucia” è quello che sui manuali di scialpinismo è definito come “tecnica di inversione di marcia”, per noi è gucia). E quest’anima pia inizia a ricamare una gucia dopo l’altra, a destra e a sinistra, che neanche tua nonna a punto croce era precisa così. E tu segui, o almeno ci provi. C’è chi ammira le tracce in discesa, chi col fiatone guarda la gucie in salita. Ripasso fatto, ora vedi di ricordartelo, e di pagargli da bere.

Mentre salite, le “tutine” vi sorpassano, e non solo quelle. Si incrociano amici vari, i personaggi conosciuti tramite guilliver.it e poi, voilà, una selezione della scuola sci, con il Diretur in testa. Tutti alla prima gita, tutti a dire “sto faticando”, “son salito da bradipo”, sì sì, intanto sei salito. Quando arrivi a Plateau, il Diretur è già pronto per la discesa:”Randa, mi scrivi una relazione?” Eccerto, le relazioni ti son sempre venute meglio delle gucie.

E poi arriva la discesa anche per te, con le gambe che urlano alle prime curve, e la faccia che sorride a quelle dopo. C’è un sole che spacca le pietre, e ci sono le pietre che se non fai attenzione ti spaccano gli sci.
Qui si scende insieme, scialpinisti e pistaioli, c’è spazio per tutti. Ma tranquilli pistaioli, tra poco togliamo il disturbo, o almeno si spera 😉

Randagia, che ogni inizio è un’emozione

Colle Tovetto, itinerario perfetto!

Posted on Aprile 21, 2013 by randagia

“Non è mai sensato mettersi contro la natura, a sto giro vince lei”, dice il saggio. Anzi la saggia, con le gambe sotto il tavolo. La neve scende calma e costante. Qualcuno da dietro le finestre aspetta ancora Babbo Natale, peccato che abbiamo già passato Pasqua. Siamo arrivati questa sera qui, al Rifugio Ciriè, Pian della Mussa.
La pioggia triste e grigia ha ridotto drasticamente il numero di partecipanti. Noi, per ottimismo o perché non avevamo di meglio da fare, abbiam messo gli sci ai piedi nel tardo pomeriggio all’ironico incitamento di “Sfruttiamo questa schiarita, ragazzi!”. Infatti partiamo con la schiarita e saliamo con la nevicata. Che poi quel bianco tra i pini, misto nebbia, in fondo piace pure. Dopo qualche minuto i colori delle giacche e degli zaini quasi non si distinguevano: tutti bianchi di neve. Saliti chiacchierando, o ascoltando le chiacchiere altrui, che risulta più comodo quando il fiato non abbonda. Chi conosceva la zona non aveva parole gentili per i sei chilometri di noiosa stradina per arrivare all’altro lato del Piano, dove c’è il rifugio. Chi non la conosce, oggi la apprezza, domani cambierà idea. Siamo arrivati in un’oretta, con qualche centimetro di neve accumulato sullo zaino, sui cappellini ed anche sui bastonicini. Sci accatastati all’ingresso e corsa alle stufe per asciugare l’asciugabile. Capi sintetici adagiati sui poutage a sfidare note leggi della fisica.
Se ne scende tanta così, domani mattina facciam colazione ad Ala. Il piano A, punta Adami, salta quando ci servono un fantastico risotto gamberetti e zucchine. Il piano B, Croce rossa della Sea, sfuma con lo strudel. “Non è mai sensato mettersi contro la natura, a sto giro vince lei”, dice il saggio. Il piano C inizia con “ubriacatevi ragazzi!”.
Al mattino, l’impavido di turno esce a fare i rilevamenti: oltre 60 centimetri di fresca. I canaloni non hanno ancora scaricato, e non saremo certo noi a farli scaricare. Non ci resta che la seconda parte del piano C: aspettiamo il Diretur e quelli che hanno puntato la sveglia alle 3 per raggiungerci da Torino, e con loro torniamo a valle, concedendoci però una deviazione collinare: la grande scalata al “Colle Tovetto”, 400 metri di dislivello, allenamento ideale per chi la prossima settimana parteciperà al Mezzalama, no? E’ tutta nel bosco, senza rischio quindi, o quasi. Un pendio un po’ più inclinato, senza alberi, ci fa mettere in pratica la “tecnica di alleggerimento”: uno per volta, che stiamo in sicurezza e diamo un po’ d’emozione. Al colle arriviamo tutti insieme, senza distacchi, roba che sulle gite serie degli ultimi tempi, dove accumulavamo ritardi di un’ora, ci sognavamo.
Si scende in un attimo, si toglie la neve delle macchine. La gita continua nella sua versione enogastronomica: acquisti di salame di Turgia e piola ad Ala.

Randagia, che ci si diverte anche quando ci si arrende.

meteo miracolo

Posted on Febbraio 24, 2013 by randagia

Il tergicristallo va, a spazzare la neve mista a pioggia. Oggi saremo pochi, penso, con sto tempo. Pochi un corno, ci son tutti, o quasi. Mi addormento sul bus, con la neve che cade e tutto grigio intorno. Mi sveglio che siamo già fuori dall’autostrada. Non nevica più. Si parcheggia alla pista di fondo di Flassin (1370m), frazione di Saint Oyen. La sbisa non manca: partiamo su un ampio pendio, con il passo deciso di chi vuole scaldarsi. Dieci minuti e il parcheggio non si vede più. E’ la prima gita in cui le piste da sci non ci seguono: era ora! Sembra quasi facile, peccato che qualche insignificante cunetta mi ricordi che la fifa anche oggi è salita sugli sci con me. Ma come faccio ad avere fifa in un posto dove, se cado, mal che vada, mi rompo un’unghia? “Randa, un passo dopo l’altro, non ti fermare su ste…” E lo so che voleva dire “cazzate”, ma non lo dice. Un signore. Il cielo si fa azzurro, di quell’azzurro che è ancora più bello quando parti aspettandoti il peggio. Il livello di allegria aumenta, e si impenna pensando alla discesa. Tanti alberi. Tanto bianco. Tanto silenzio? Sì, prima che arrivassimo noi. Qualcuno chiacchiera di più, qualcuno di meno, quanto il fiato permette. Una valanga si è sfogata qualche tempo fa nel valloncello a sinistra, li vedi quegli alberi spezzati a destra? Quelli sono il risultato di una valanga di neve polverosa. Le vedi le cornici lassu’? Tutte portate dal vento, non devi starci sotto, e neanche sopra. Perchè tu pensi che sia rilassante camminare sulla neve: sì lo è, alla Pellerina, quando invece vieni da queste parti, un po’ all’occhio devi stare. Si arriva alle baite Tsa de Flassin, candidata meta in caso di maltempo: ma il sole splende, e quei pendii poco sopra ci stanno chiamando. Una bevuta di té, e si continua a marcè. Qualcuno allunga da Testa Cordella, qualcuno si dirige al colle, che basta e avanza. Chi ha fiato e gambe, lasciati gli sci sale sulla Cima Flassin. E poi giù. Giù! Neve da 5 stelle, dice chi ne sa. Il mio gruppetto, come tanti altri, va alla ricerca del pendio vergine, di quel tratto dove non è ancora passato nessuno, un foglio bianco su cui dipingere o scarabocchiare le nostre curve. “Randa, non è possibile che ti fermi dopo ogni curva, una di fila all’altra le devi fare. Adesso vienimi dietro!” E mi si apre un mondo. vero che a “chiuderle” le curve evito l’effetto accellerazione incontrollata, vero che a farne una dopo l’altra la fifa mi molla, ed il divertimento inizia. Mi si spalma un sorriso in volto, che tarderà a svanire.

A valle ritrovo volti soddisfatti quanto il mio, entusiasti dalla neve, increduli del meteo-miracolo, esaltati dal lardo e miele, frutto della collaborazione attiva di due allievi del corso.

Unico neo: barella di emergenza, un ginocchio non è arrivato a valle sano, e a lui vanno tutti i nostri “in bocca al lupo” per riaverlo con noi alla prossima gita.

Randagia, che non sa valutare le stelle, ma è sicuramente per una giornata così che si era iscritta !

Cuore e stomaco

Posted on Febbraio 5, 2013 by randagia

Pullman da Mirafiori, meta Monte Creusa, da Limonetto. La prima uscita pelli ai piedi. Ci dividono a gruppi: tre allievi due istruttori, che se uno si impappina almeno un istruttore con lui rimane. E ci fanno l’annuncio “Ragazzi, abbiamo sbagliato, oggi ci sono qui anche quelli della scuola Sucai, ma loro vanno su un colle, noi sull’altro”. In fondo la montagna è di tutti. Noi 40, loro forse 100. Tanti omini che salgono così, a linea continua, non li avevo mai visti. La montagna sarà anche di tutti, ma almeno si potrebbe fare a turni? Al confronto le piste sembrano deserte. Non pensiamoci, concentriamoci sulla salita che già darà i suoi problemi. In gruppo con me quelle che il Diretur chiama “le due toste del bosco”. E toste sono: attrezzatura “aggressive” e fisico longilineo. I miei chili di troppo invece, non mi lasciano sola neanche oggi. Come dicono gli amici NoTav “sarà dura”. Ed infatti lo è: io voglio andare avanti, gli sci scivolano indietro. Il mio angelo custode del giorno, che non ha le ali ma indossa quella giacca con scritto “istruttore”, mi spiega che se evito di grattare con il naso la punta degli sci, ma sto un po’ più perpendicolare al terreno, le pelli fanno il loro dovere. E mica conta balle. Si sale. Le longilinee partono con un passo invidiabile, che subito seguo, poi mi limito ad invidiare. Zig. Zag. E la spiegazione della curva in salita. Zig. Zag. Che se non l’hai capita la rispiegano. Zig. Zag. A fa caud. Zig Zag. Zig. Zag.”53!” urla l’angelo custode. Quando la fatica già si fa sentire, subentra il panico “53 Zig Zag ancora??!!” No, 53 sono le persone davanti. Tra le due cose, non so cosa sia peggio. Forse con 53 Zig Zag la tecnica della curva l’avrei capita! Poi la neve si fa più dura, qualcuno cade. Parola d’ordine “coltelli”, quelle lame in più da agganciare tra sci e attacco.
Quando arrivo alla cima, affollata come Rimini a Ferragosto, non distinguo più i nostri da quelli dell’altra scuola. Ma non dovevano andare sull’altro colle? O i colli son così vicini? Troppo vento per farsi tutte queste domande. Due passi senza sci alla cima. Troppo vento per mangiare qui. Togli le pelli, blocchi gli attacchi per la discesa. Il solito casino per azzeccare il punta, ma poi un colpo di tacco e son fissati. E intanto ammiro qualche “leggera” impegnatissima in forsennati colpi di gamba per chiudere l’attacco, che sta sprecando probabilmente le stesse energie che io ho speso fin qui per starle dietro. La soddisfazione di qualche chilo in più. Il pendio è largo, e non è ripido. Scendere non sarebbe difficile, se non ci fosse quest’orda di cristiani da far invidia al Sestriere sotto le feste di Natale. Aspettare dieci minuti che scendano gli altri? No, qui aspettare non si fa. E si scende, sulla famigerata e attesa neve fresca. Sperando che nessuno ti infili, perchè se in pista riesci ad evitare gli altri, qui puoi solo sperare che gli altri riescano ad evitare te. Peccato che lo stiamo sperando tutti.
Arrivati a valle, il sole ci scalda ancora mentre assistiamo alla “demo” della ricerca del travolto, pensando ognuno con il suo io “Se toccasse a me, avreste tempo a morire, e non ne serve tanto.”. Ma impareremo no? E’ solo questione di allenamento.
Qualcuno arranca verso il pullman chiedendosi chi gliel’ha fatto fare, qualcun altro sfoggia un sorriso estremamente goduto, qualcuno toglie gli scarponi con un sospiro di sollievo, ma la maggior parte dei volti dice “fame”. E dagli zaini, dalle sacche degli scarponi, da angoli reconditi escono quiche, salami, tome, paste di meliga, torte, casse di birra.

Randagia, che la montagna riempe il cuore, ma anche lo stomaco vuole la sua

Prova su Pista

Posted on Gennaio 31, 2013 by randagia

E’ da un paio di mesi che aspetto. Gli amici a novembre già andavano a sciare e giravano foto da fare invidia. Ma io no, mica son capace, devo aspettare il corso. E finalmente arriva, il tanto osannato “corso di sci alpinismo”. Attrezzatura nuova, che quella da gagna non son riuscita a recuperarla. Ed è tutto diverso. Già stare sotto i dieci minuti per infilare gli attacchi mi sembra un record.

Prima uscita: prova su pista. In quaranta si sale sul bus. Quattro chiacchiere a conoscere sconosciuti, e via. Si parte dal cancelletto. Nessuna gara, solo per vedere se due curve le sai fare: “discesa controllata”. E bravi. Peccato che per me gli sci siano divertimento tanto, ma controllo zero. C’è chi si spara una serpentina da nuvola bianca, chi mostra il suo miglior spazzaneve, sorridendo a denti stretti. Chi presenta la tecnica sci unitissimi quasi sovrapposti, che il carving l’ha comprato ma non l’ha mai conosciuto. Quando arrivi in fondo, i commenti: “Randa, ti han mai detto che si scia anche con le caviglie e non solo spostando il culo?” E poi l’incitamento “Dai ragazzi, provate la fresca, scendiamo fuori pista”. E quaranta pseudo-incapaci si buttano in fresca. Un’immagine inquietante. Una mandria tra i pini. Ora, le piante sono dure. ma almeno stanno ferme, almeno provi ad evitarle. La mandria no, si muove, più come decide la neve che come decide lei. Ti fai coraggio e vai, in fondo sei un componente della mandria anche tu, e ti ci trovi bene.
Secondo giro: finito l’effetto mandria, si scende a gruppetti di due o tre, seguendo un istruttore, che ti da un minimo di nozioni. Prima fra tutte: le piante non sono morbide. Seconda, il peso: non contano le lamine, conta come distribuisci il peso del corpo sugli sci. Se ti sbilanci, cappotti. E quale miglior lezione che l’esempio? Mentre si scende, il santo cui son toccata, si contorce per rispondere alla radio in curva, e opplà, si cappotta magistralmente e ci dimostra che anche se le piante son dure, la neve rimane morbida.

Randagia, che sarà divertente questo corso!

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