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Giordania Trekking: pronti, partenza, via!

Posted on Gennaio 24, 2012 by randagia

Dicembre.‭ ‬Voglia di deserto.‭ ‬Voglia di cambiare aria.‭ ‬Subito.‭ ‬Chissenefrega del Natale‭? ‬Parti subito che sfrutti meglio le ferie.‭ ‬Peccato che il resto d’Italia non la pensi come te,‭ ‬e fin a dopo Natale non c’è il numero di partecipanti sufficiente affinché un viaggio parta.‭ ‬E aspetti.‭ ‬Aspetti che passi Santo Stefano,‭ ‬e parti con il viaggio‭ Giordania Trekking‭ ‬di‭ Avventure nel Mondo‭.

Camminare ti piace,‭ ‬in montagna ci vai spesso,‭ ‬secondo la scheda del viaggio,‭ ‬si tratta di trekking di categoria‭ “facile”,‭ ‬vuoi non farcela‭? ‬Arrivano le prime mail del gruppo che si sta formando.‭ ‬Il viaggio è stato assegnato alla guida di un tizio di nome Donato ma di mail Renato,‭ ‬giusto per aver confusione già dall’inizio.‭ ‬La confusione però si limita al nome,‭ ‬perché le istruzioni di viaggio che vi propina sono nette:‭
1‎) ‏leggetevi la relazione che vi mando,‭ ‬scritta da chi prima di noi ha fatto lo stesso viaggio‭ (‬e vedete di non fare domande che lì hanno già una risposta‭).
2‎) ‏mettete l’indispensabile nel bagaglio a mano,‭ ‬che quello in stiva è probabile che ce lo perdano.
3‎) ‏portate qualcosa di tipico della vostra regione,‭ ‬meglio se alcolico.

Ecco diciamo che il decalogo del perfetto viaggiatore non serve,‭ ‬basta il trittico.

Iniziamo a leggere la relazione.‭ ‬Bello,‭ ‬ti dicono cosa ti devi portare.‭
Scarpe da trekking.‭ ‬Sì.‭
Vestiti comodi.‭ ‬Sì.‭
Una corda da‭ ‬20‭ ‬metri.‭ ‬Una corda da‭ ‬20‭ ‬metri‭? ‬Ma non era un viaggio di categoria‭ “‬facile‭”? ‬E scusa,‭ ‬fosse stato di categoria‭ “difficile” ‬serviva anche la corona del rosario da‭ ‬5‭? ‬No,‭ ‬la corda no.‭ ‬Tanto se la porti,‭ ‬mica la sai usare.‭ ‬La porteranno altri,‭ ‬ovvio.‭ ‬Altri sì,‭ ‬se solo non ragionassero come te.‭ ‬Però prendi il moschettone viola,‭ ‬che un moschettone serve sempre,‭ ‬dice tuo padre,‭ ‬ma mica è vero.
Di tipico cosa porti‭? ‬La bagna cauda‭? ‬E no,‭ ‬senza tapinambur no.‭ ‬I gianduiotti‭? ‬Si squagliano.‭ ‬Torrone,‭ ‬vai di torrone.‭ ‬E qualcuno ci provi a dire che non è tipico piemontese.
Sul bagaglio,‭ ‬già sai,‭ ‬non ti preoccupi:‭ ‬scarponi ai piedi,‭ ‬sacco a pelo nello zainetto,‭ ‬di tutto il resto,‭ ‬se va di sfiga,‭ ‬si può fare a meno,‭ ‬o quasi.

Il gruppo è di‭ dodici persone.‭ ‬Da Torino,‭ ‬siete in due a partire.‭ ‬I grandi accordi preliminari,‭ ‬presi circa tre ore prima della partenza,‭ ‬sono‭ “‬Ci si aspetta al check-in‭”‬.‭ ‬Beh,‭ ‬o siete entrambe immuni alla sindrome del‭ “‬ma tu cosa ti porti‭?” ‬o siete prese da altro,‭ ‬o non ve ne può fregare nulla di avere un’idea di con chi vi toccherà passare i prossimi giorni,‭ ‬l’importante è posare i piedi e l’anima in quel deserto.‭ ‬Probabilmente un mix delle tre.
Ci si riconosce facile,‭ ‬al check-in per Istanbul tante valigie,‭ ‬ed un solo zaino.‭ ‬Sarà lei,‭ ‬ma falle uno squillo che eviti figuracce.‭ ‬L’ultimo buon caffè prima del metal detector,‭ ‬con chi in aeroporto ti ci ha accompagnata e qualche amico che tra un check-in e un landed capita di lì.

L’incontro con tutto il gruppo è al gate del volo Istanbul-Amman.‭ ‬Scalo a tempi stretti,‭ ‬ma meglio i tuoi tempi stretti che le‭ ‬10‭ ‬ore di attesa di altri.‭ ‬Tra pochi metri incontri il‭ “‬gruppo‭”‬,‭ ‬e che Allah te la mandi buona. Anche qui riconoscerli è facile.‭ ‬Un cofanetto di Ferrero Rocher gira tra un gruppo eterogeneo di persone:‭ ‬matematico,‭ ‬sono loro.‭ ‬Un Terence Hill che non ha abusato di botulino si avvicina sorridente,‭ ‬con l’accento di Troisi:‭ ‬ecco è Renato/Donato‭! ‬Lui viaggia leggero,‭ ‬solo bagaglio a mano.‭ “‬Certo,‭ ‬perché la tenda te la sto portando io‭!” ‬dichiara sorridendo una voce con lo stesso accento,‭ ‬la sorella.‭ ‬I Ferrero Rocher hanno uno sponsor Emiliano,‭ ‬Tiziana e Franco,‭ ‬la coppia del gruppo.‭ ‬Il ruolo di cassiere,‭ ‬tanto odiato quanto indispensabile nei viaggi in cui è prevista una cassa comune‭ (‬sempre con Avventure nel Mondo‭)‬,‭ ‬è già stato assegnato in tua assenza a Ol,‭ ‬povera lei che si prende la rogna,‭ ‬ma contenta tu che l’hai scampata.‭ ‬Un Piero Pelù più in carne e con i capelli corti è arrivato da Milano per voi,‭ ‬sotto il falso nome di Ale.‭ ‬Il veneto è ben rappresentato dagli aitanti Wil e Henry.‭ ‬Ma belin,‭ ‬dove sono i genovesi‭?

I feel CUD

Posted on Gennaio 24, 2012 by randagia

Scrittorincittà. Cuneo. Non posso non fare un salto. Prenoto due biglietti per Michela Murgia. Non ho mai letto nulla di suo, ma mi è simpatica a pelle. E la pelle non sbaglia. Teatro Toselli. Le letture vanno. Belle. Che fanno pensare. Fino al bis. Che fa tremare. Michela ti informa, che Santa Romana Chiesa, per riprendersi dalla decimazione degli 8×1000, a seguito dei ben noti episodi di pedofilia, ha bandito un concorso a premi per le parrocchie. In palio un volo a Madrid, per le giornate della gioventù, per le parrocchie migliori. Ma migliori in che? Migliori nella raccolta CUD. I feel CUD. Così l’hanno chiamato. «Cosa hanno in comune giovani, anziani, l’8xmille e Madrid? È ifeelCUD.it, il concorso al quale possono partecipare i ragazzi e le ragazze delle parrocchie di tutta Italia.” Il logo? Un CUD piegato ad aeroplanino. Avete capito bene, il concorso invita i ragazzi delle parrocchie a raccogliere i CUD di coloro che, avendo solo redditi da lavoro dipendente o assimilati, non sono tenuti a consegnarli. Tipicamente anziani pensionati. Ma se non sono tenuti a consegnarli per lo stato, perché dovrebbero esserlo per la Chiesa? Caro ragazzino della parrocchia, non è che stai aiutando un vecchietto in qualcosa che gli serve veramente. No, lo stai aiutando in una cosa che se non servisse a te per andare a Madrid, o meglio alla Chiesa per tirar su soldi, lui non dovrebbe neanche fare. C’è quella fantastica letterina che accompagna il CUD, quella in cui firmi per l’assegnazione del tuo otto per mille tra sette confessioni religiose (cattolica, valdese, ebraica,…). Vero, anche l’otto per mille di chi non firma viene comunque redistribuito tra sei dei sette enti contendenti, le assemblee di Dio disdegnano, secondo le percentuali calcolate in base a chi ha espresso una scelta. Ma se tu una scelta riesci a farla fare, vai a aumentare anche la tua percentuale del fettone di chi la scelta non esprime . E questo tu non lo sapevi, ma Santa Romana sì. E quindi vai, bel chierichetto, prendi il CUD del nonno, fagli firmare la letterina e portala a Babbo Ratzy, come faceva il nonno quando prendeva la tua e la portava a Babbo Natale. Solo che con le tue letterine, Babbo Natale non s’è fatto i soldi. Va che devi essere un genio a pensarla questa, va che devi aver avuto un’illuminazione dall’alto per esserci arrivato. Perché ad un comune mortale senza ganci lassù, questa sembrerebbe una truffa. Tanto quanto i finti esattori del gas che vanno a casa dei vecchietti e chiedono di pagare le bollette in contanti. Uguali. Solo che questi non chiedono soldi, chiedono solo fogli. E non rubano al vecchietto. Rubano allo stato, alle altre religioni, e va beh che tra di loro se la giocano, ma…
Se scoprissi che un ragazzino dall’aria innocente, va a chiedere il CUD di mia nonna e lo porta al suo Don Matteo con una firma sotto la voce “Chiesa Cattolica”, andrei dal suo Don Matteo e gli toglierei la gonnella in piazza. Prenderei la sua scatola delle offerte e la porterei ai valdesi. Raccoglierei l’elemosina durante l’eucarestia e la consegnerei al comune. E gli tirerei un cartone nello stomaco da fargli mancare il fiato. Altro che volo a Madrid.
Comunque ormai è tardi, il concorso è terminato. Sul sito sono elencate le parrocchie vincitrici. Tutte del sud. Probabilmente perché al nord, il CUD di tua nonna lo prendi tu, e le fai firmare nella casella dei valdesi un anno, alle assemblee di Dio un altro anno, allo Stato un altro anno ancora.

Questo l’articolo con cui, a Marzo, la Murgia denunciava il concorso su Il fatto.

Randagia, che non si sente CUD per niente…

Mutazione augurale

Posted on Luglio 16, 2011 by randagia

8 Luglio 1982. Tua madre ti annuncia:“Bambin, una lettera per te”. La apri. Paperina soffia sulla sua torta. Caratteri cubitali e coloratissimi, scritti probabilmente con i Carioca. O le poste funzionano alla grande, o la tua compagna di scuola si è mossa in discreto anticipo.

16 Luglio 1990. Driin Driin. Ti precipiti al telefono e alzi la cornetta.
-Pronto?
-Auguri vecchiona!
-Chi parla?
-Sono Laura non mi riconosci?!
Chiacchierate a lungo, finchè tuo padre decide di salvare la famiglia della tua amica dal lastrico e ti chiede di mettere giù prima che arrivi il prossimo, di compleanno.

16 Luglio 1998. Tiritin. Il display si illumina, “mamma”. “Ciao Bambin, auguri!”. Non si capisce come, gli anni passano, ma sempre Bambin ti chiama. Tiritin. Il display si illumina, “Laura”. Il gioco del chi parla non si può più fare. Fate due chiacchiare, non vi sentivate da un po’. Tiritin “Luca”. Quel figo di Luca. Due battute, almeno stavolta ha la scusa buona per chiederti di uscire, vedi che esistono i ragazzi che si ricorda le date?

16 Luglio 2008. TocToc. TocToc. TocToc. I nomi si avvicendano di fianco alla bustina, sul display perennemente illuminato. Le telefonate, solo da tua madre e quel paio di amici veri.

16 Luglio 2010. TocToc. Il display si illumina con qualche SMS di auguri. Su Facebook, la bacheca è piena. E tutti gli uomini dell’era facebook hanno miracolosamente iniziato a ricordarsi le date. Le telefonate, solo da tua madre e quel paio di amici veri.

16 Luglio 2011. TocToc. Bacheca piena. Le telefonate, solo da quel paio di amici veri. Tua madre, pensionata in perenne vacanza, è all’estero, e telefonare “a custa”.

randagia, al giro di ruota

Signor Enrico

Posted on Luglio 3, 2011 by randagia

Già quando sei all’ASL non ti stai propriamente divertendo, ma quando esci e vedi quel foglietto che sa di multa sotto il tergi, ti vengono le espressioni meno femminili. Cosa avrai sbagliato, stavolta? Prendi e leggi:
“Non ho potuto fare a meno di notare la sua luce, il suo viso sfiorato da pallidi raggi di sole che mi incanta con la sua fragile tenera serità di fanciulla in fiore.
Sig. Enrico 3921234567”

Ti guardi intorno, niente. Uno spasimante. Uno spasimante che ti dà del lei? Meglio una multa. Rileggi: ma dove li avrà visti i pallidi raggi di sole? Ci son quaranta gradi e si schiatta… fanciulla in fiore? Io che intravedo i quaranta? Un bocciolo proprio. Ma Signor Enrico, che stronzate scrive? Guardi che ha sbagliato macchina. Adesso lo chiami, e glielo dici, che si ride un po’. Intanto rileggi. Riguardi. Ma questo è fatto in serie: è un biglietto fotocopiato! Che fa, Signor Enrico? Piglia per il culo? Piano piano inizi a capire: questo è un poverello che sta qui al parcheggio, e appena una donna da sola parcheggia, sia una 18enne in fiore, o una vecchia megera, lui PLAP! molla giù il biglietto sotto il tergi. Per la legge dei grandi numeri, vuoi che qualcuna non ci caschi? Magari qualcuna con qualche diottria in meno che non coglie il trucco della fotocopia …

Arrivi a casa, leggi i messaggi sulla chat:
Fabio, 21 anni:“Buongiorno! Mi chiamo Fabio, spero di non disturbarla!
..Sicuramente si starà chiedendo: “Chissà che diavolo vuole questo gagnetto da me!?!”

Più che altro ti chiedi che diavolo è quest’epidemia del Lei, che avrebbe fatto tanto piacere a tua nonna, che non c’è più. Come il Lei, appunto.

Randagia, che a volte ritornano

Eppure qualcuno nega

Posted on Giugno 18, 2011 by randagia

Un binario varca un arco e si insinua nel nulla. Termina in una stazione senza nome, una vasta banchina senza stazione. I passeggeri hanno regolarmente comprato il biglietto. Sulle loro valigie, riempite con una frettolosa ma accurata selezione di oggetti di valore, hanno scritto nome, cognome, e città di provenienza. Come i bambini che partono per la colonia, ma bambini non sono, non solo. Su quel treno non si contano le soste, non si contano le attese, non ci sono orari da rispettare, ma quel treno prima o poi arriva, come la morte. I vagoni di prima classe non sono né in testa, né in coda, neanche quelli di seconda. Esiste solo la terza, dolore e spavento. Capolinea. Tutti scendono su quella banchina senza stazione, dove non ci sono ragazze che aspettano trepidanti i fidanzati, non ci sono madri in appressione che aspettano i figli che tornano a casa, non ci sono amici in festa: ci sono sconosciuti mandati a rincuorare i nuovi arrivati “Non preoccupatevi, si deve lavorare ma si vive!”.
Fermi sulla banchina, donne a destra, uomini a sinistra. Gli abili al lavoro proseguono di qua, gli altri di là. Il lavoro rende liberi. Arbeit macht frei. Un padre di famiglia giovane e forte, di qua. La moglie magra e minuta, dai begli occhi tristi, di là, dove un vecchio silenzioso e solo con il bastone, un ragazzo storpio, e tanti altri, già attendono.
L’igiene è importante. Giusto. Prima di una doccia, ci si spoglia. Giusto. Prima di una doccia, ci si rasa i capelli. Non proprio giusto. Nella sala docce, non si vedono rubinetti. Due lucernai in alto. Da lì inizia a entrare il gas. Da lì iniziano a finire le vite di chi ha la colpa di essere ebreo, o magari zingaro, o solo di essere stato al posto sbagliato al momento sbagliato.
Tutto questo vedi quando entri a Auschwitz-Birkenau, mentri senti lo stomaco stringersi, che non sai bene cosa voglia dire, ma si stringe. Ti senti fuori luogo tu, con il tuo ridicolo zaino e la tua macchina foto. La ragazza spagnola invece sembra a suo agio mentre sorridente si fa scattare una foto su quel binario. Sullo sfondo le linee perfettamente ordinate dei resti di decine di baracche, quello che ancora rimane nostante il tentativo dei nazisti di cancellare tutto. Lei sorride e il fidanzato scatta la foto, per l’album del “io c’ero”. Tu ti chiedi quanta gente lì, proprio lì, dove lei sta poggiando il suo spavaldo sandalo Camper, abbia esalato l’ultimo respiro. Credi che un numero a tre cifre non basti. La guida te lo conferma. Circa un milione di vittime, inizialmente solo polacchi, poi da tutta Europa, anche italiani. Ma gli ebrei italiani qui erano pochi, perchè gli italiani “erano bravi e nascondevano gli ebrei”. Noi a fregare le leggi, siam sempre i primi, e non è detto poi che sia proprio sbagliato. La distesa è enorme, recintata da reti di filo spinato, ora senza corrente. E ti rifai la stessa domanda: chissà quanti hanno cercato e trovato la fine, buttandosi contro quei fili. A occhio adesso hai la risposta.
A Birkenau, delle baracche rimangono solo i camini, di cemento. In fila. Ad Auschwitz rimangono anche gli edifici, i block. Uffici dove tutto veniva meticolasemente registrato, dai biglietti del treno, ai nomi, alle date di morte.
Block 11, il blocco della morte: chi entrava qui, non usciva più. Non che gli altri edifici avessero statistica migliore. Il muro dell’esecuzione: una parete di legno e tessuto, per attutire il rumore dei colpi. Fiori e origami colorati a rendere memoria alle vittime. E il sessantenne con la pancetta si avvicina e si fa fare una foto dalla moglie, sorridendo. Un altro scatto che va a completare l’album del “io c’ero”. In un altro edificio hanno allestito una vetrina attorno a tutta una sala, dove fanno macabra esposizione di sé montagne di capelli. Molti scuri, pochi biondi. Tutti tagliati prima delle docce. Sono stati ordinatamente conservati, nei sacchi: servivano per fare tessuti. Sono molto resistenti, i capelli. Il tuo stomaco meno. Altre vetrine mostrano montagne di pettini, valanghe di scarpe, mucchi di occhiali. Tutto diviso, tutto ordinato, pettine con pettine, scarpe da donna con scarpe da donna, scarpe da uomo con scarpe da uomo: un gioco facile da insegnare ai bambini.
La visita guidata finisce e te ne esci, sai di non aver visto tutto, ma hai visto abbastanza.

Randagia, che c’è ancora chi nega.

Saluti

Posted on Maggio 28, 2011 by randagia

Entra, accende la luce e chiude la porta con due giri di chiave. Spalle alla porta, si sofferma con un lungo rilassato respiro. Nessun rumore. Toglie i mocassini, allenta la cintura mentre si dirige verso la camera. Via i jeans. Buttati sulla poltrona KIVIK in fondo al letto. A passi lenti e nudi raggiunge il bagno, dove su un ordinato GODMORGON si lava i denti, con cura, per i tre canonici minuti, chiudendo il rubinetto quando l’acqua non serve. Risciacqua lo spazzolino e lo ripone nel suo cappuccio ripara-polvere. Butta acqua fredda sul viso, per svegliarsi. Peccato che sia già passata mezzanotte. Non importa, c’è ancora tempo. Due occhi vispi e sereni lo guardano dallo specchio. Sorride. Gli sembra di sentire la voce di Barbara “Sotto questa barba non si vede quando sorridi!”. Si vede, si vede. Son vent’anni che si vede. Si guarda ancora, si sorride di più, si vuole bene. Si vuole bene un botto.

SMÖGEN, il divano, sembra chiamarlo. Accetta l’invito lasciandosi accogliere, in slip e T-shirt, dai morbidi cuscini, morbidi quanto morbido può essere un cuscino svedese. Ripensa alla serata appena trascorsa. Due amici storici davanti ad una pizza ed una birra. A parlare di lavoro e di vita. Più di vita che di lavoro. Due occhi vispi e sereni ascoltano i racconti degli altri occhi, quelli vispi ma provati, quelli che raccontano del tumore con cui stanno combattendo da un paio d’anni, della voglia di combatterlo, per vedere la figlia crescere, adesso ha solo 3 anni. “E io non crepo finché non s’è sposata… almeno tre volte!”. Luca dice sempre così, per sdrammatizzare la sua malattia. E giù due sorsate di birra su una gorgo e pere. Gli occhi sereni parlano invece dell’ultimo cliente conquistato, e di quell’altro perso. Di Barbara, che lo capisce al volo, da anni. Di Diana. La nuova vicina. Hanno cenato un paio di volte insieme. Da lei, da lui. Una tipa in gamba, non una maga in cucina, ma con delle buone bottiglie. Una di quelle con cui gli argomenti vengono. “E non solo gli argomenti” pensa Luca più incuriosito che stupito, senza interrompere. Ha una cucina ABSTRAKT rossa. I vini li tiene nel pensile in alto. Ieri hanno aperto un Morellino. Diana non è altissima, e per arrivarci si deve proprio allungare, si vede che fatica. Lui non l’aiuta, è troppo bello vederla da dietro. Con la maglietta che si alza sulla vita e il filo del tanga che si lascia vedere. Chissà se lei lo fa per provocare. “Matematico” pensa Luca, sempre senza interrompere. Di provocare non ha bisogno. E’ entrata nelle sue fantasie erotiche dalla seconda chiacchierata.

Un condominio interessante, si può dire. “E per quanto credi che rimanga solo nelle fantasie?”, chiede Luca, quando l’esposizione dell’argomento è terminata. Non ne ha idea, per ora gli va bene così. Una voce fuori dal coro con cui confrontarsi. Un desiderio, anche solo fisico, si sta facendo strada. E’ una bella sensazione, perché mettersi fretta? Già, perché? E giù due sorsate di birra sull’ultima fetta di una quattro stagioni. Luca ride. “Non mi far cazzate eh, Barbara è in gamba, non mi far casini per un tanga che si intravede! O almeno non farti beccare. Che poi, invece di chiuderla nell’armadio basta farle attraversare il pianerottolo ed è a casa sua… Certo che però, una trovata in chat, lontana centinaia di chilometri, no?” No, non sarebbe lo stesso. Non potrebbe scambiare il segnale per fare due chiacchiere, a notte fonda. Almeno non quel segnale. “Quale segnale? Guarda che gli SMS non sono a corto raggio!” Due giri nella toppa quando rientri, se hai voglia di chiacchierare. Se di là rispondono con due giri, viene l’altro e porta il vino. Se i giri sono quattro, buona notte. “E se non senti giri, vai a dormire? “ O aspetti. Potrebbe non essere in casa. “Sei forte tu… S’è fatta una certa, andiamo? E salutami Barbara. E pure Diana.” Ultimi sorsi di birra, due caffè, il conto. Oggi ha offerto Luca.

Rumore di tacchi sulle scale, è sicuramente Diana. Apre la porta e la richiude. Un giro. Due. Tre. Quattro. Game over. Stasera niente chiacchiere. Sorride. Prende il telefono e scrive: “Ti saluta Luca, sta alla grande. Ti bacio, buona notte!”. Il saluto a Diana lo porterà un’altra volta.

Basta

Posted on Aprile 13, 2011 by randagia

Meno dieci. Meno quindici. Vento. Buio. Neve. Triangoli di luce alle finestre, che si vedono solo là, là dove si festeggia Santa Lucia. Triangoli di luce che fanno sembrare tutte le case uguali, ma solo da fuori.

“E se non ti va bene, lasciami in pace!” Sonia sbatte la porta della camera. Le luci alla finestra tremano. Uno scatto d’ira solleva Giovanni dal divano e gli fa aprire violentemente la porta: “Nessuno mi ha mai sbattuto una porta in faccia!”. C’è sempre una prima volta. La porta gli si richiude in faccia. E la scena velocemente si ripete, ma stavolta senza parole: uno schiaffo violento lascia il segno sul viso di Sonia. Parte il cazzotto. Azione e reazione. Che quella storia del porgere l’altra guancia, Sonia non l’ha mai capita. La porta si richiude. Due maglioni, una gonna, un paio di jeans, un po’ di biancheria entrano in fretta in una valigia. Dormirà da un’amica. Esce senza ancora sapere quale amica, sceglie di fretta, sceglie Giorgia. E sceglie male. “Chissà cosa gli hai detto per provocarlo così, e come ti è venuto di fargli un occhio nero?”. Nessuna risposta. Come le è venuto? Legittima difesa? Debolezza di nervi? Non lo sa, sa che si è presa una sberla, ed è colpa sua che ha provocato. Sonia ha dato un pugno, ed è colpa sua che l’ha dato. Brutto sentire sulla propria persona la versione riadattata di “L’han violentata? Chissà che minigonna aveva!?”.

Le cinque dita sono svanite della guancia di Sonia, ma la tristezza di quel momento rimane, a distanza di anni. La tristezza rimane e si rinnova, ogni volta che Sonia condivide questo episodio e qualcuno commenta con il solito “Chissà quanto l’avrai provocato…”. E succede, spesso. Anche qui, anche adesso. Qui dove i triangoli di luce da mettere alle finestre non si trovano neanche all’Ikea e dove la valigia si riempie solo più con l’emozione di un lungo viaggio. Ma adesso le fa meno male. Adesso non lo racconta più.

Notte Tricolore

Posted on Marzo 17, 2011 by randagia

Diluvia. I tergicristalli non riescono a sintonizzarsi con la frequenze delle gocce, ma poco importa. Nel grigio della pioggia spiccano macchie di colore ai lati della strada. Sui balconi le tante bandiere bianconere e le poche granata si sono ritirate e al loro posto, proprio lì dove a Natale si arrampicavano i babbi, ecco sventolare il nostro tricolore. A pensarci bene, erano più i babbi a dicembre che le bandiere a marzo, ma Santa Claus è internazionale, Garibaldi no: anche se lo chiamavano l’eroe dei due mondi, ai rumeni della mia zona sembra fregargliene poco. Chissà se nel 2056, verso la fine di dicembre, inizieranno a pullulare sui nostri balconi bandiere blu con le stelline: no, non per la nuova campagna pubblicitaria dell’EuroSpin, ma per il cinquatesimo anniversario dell’ingresso della Romania nella comunità europea.
Nel 2056 forse non avrò voglia di scaricarmi il programma della notte blu, starò lì davanti alla tv, a fare la calza, o, più probabilmente, a perdere tempo su internet. Invece a sto giro, il programma della notte tricolore, me lo scarico, e non mi sembra niente male.
Mercoledì 16 Marzo, il Fibonacci di luce rossa non si sentirà più solo sulla mole, altre luci gli terranno compagnia, o lo offuscheranno. Qualche luce d’artista verrà rispolverata fuori stagione: eccerto a Torino il reciclo va alla grande, mica solo con i rifiuti!
Dalle 21 in poi, in piazza Vittorio, musica da tutta l’Italia : Roberto Vecchioni che ha vinto Sanremo, e quindi ci sta. Davide Van De Sfroos che tutto diresti tranne che sia italiano, ma ci sta. I Tazenda per la sardegna, Peppe Voltarelli per la il regno dell’anduja, Irene Fornaciari per il tortellino, Syria che dove sia finita negli ultimi anni non si sa, ma ci sta. Luigi Maieron
per il Friuli Venezia Giulia. I Buio Pesto, non è il caso di dire da che regione, casomai saltassero le luci d’artista. I Lou Dalfin e i Mau Mau, che giocano in casa e poi, i Tinturia e Nidi d’Arac: alla faccia dell’unità d’Italia, chi li hai mai sentiti questi? Dalla Sicilia e dalla Puglia, rispettivamente, ma alle mie orecchie non sono arrivati mai, come la mettiamo? Per fortuna non c’è solo San Remo con il tormentone di “uniti uniti”, ma anche youtube con i suoi “search”, e al concerto ci arrivo preparata.

Il programma completo.

Randagia, picchì pì ad ogni riccio ti caccia nu capriccio

Trilogia di un bancomat – capitolo 2

Posted on Marzo 17, 2011 by randagia

Voglio uno sportello bancomat anti-privacy


Carta bloccata, clonazione accertata. Serve denuncia per ottenere rimborso. Serve denuncia per denunciare la cosa. Già, ma avevo già denunciato. Pazienza, rifacciamo.
Atteggiamento impressionante. “Tranquilla signorina le ridanno tutto. Tranquilla signorina, tanto sono assicurati. Succede spessissimo, prima di più, proprio lì dove dice di aver prelevato lei”. Riporto i miei sospetti sul benedetto sportello e lui ti precisa che non serve a niente inserirli nella denuncia, tanto le banche sono assicurate. Ma caro omino in divisa, sei consapevole che qui i problemi sono due? Non è solo che io non ho più i miei soldi, è anche che là in giro c’è un truffatore e tu caro omino non ti stai sbattendo neanche un po’ a cercare di beccarlo “Tanto le assicurazioni pagano, tranquilla! “. Ah si? Tanto pagano? Allora perchè non fai che castrarti? Tanto tua moglie un figlio lo fa con un altro, tranquillo! Insisti, non su sua moglie, e anche i tuoi sospetti sono registrati nella denuncia. Aggiungendo tanto la segnalazione al numero verde della banca quanto al 113. E lo scrive, in un italiano tutto suo, ma te lo scrive. Penso alla faccia della mia prof di lettere, mentre firmi una lista di strafalcioni che inizia con “Io sottoscritta”.
Un amico che lavora in banca ti spiega un po’ di cose. Quegli sportelli bancomat che tanto ti danno sicurezza perché sono nelle loro belle stanzine, sono meno sicuri di quelli per strada. Anzi, sono i peggio. Hai sempre pensato che ci fossero le telecamere lì, invece no. Per motivi di privacy. Ma la privacy di chi? Quella del truffatore? Che così agisce bello tranquillo. Forse tu non ho una vita spericolata, una vita bruciata, una vita da urlo, una vita: ma io della privacy, che tanto sta a cuore a molti, me ne fotto. A sto giro questa privacy mi è costata 500 euro. Ma tranquilla, sono assicurati! Voglio uno sportello bancomat anti-privacy, per quelli che, come me, della privacy se ne fottono: filmatemi, prendetemi le impronte digitali come voleva fare Bossi con gli immigrati, leggetemi la retina mentre mi spremo sul monitor a pensare all’importo da scegliere. Prendetemi tutto, ma non i miei soldi. Sì uno sportello cosifrom_unixtime( con le telecamere sempre attive, che se entra il truffatore a metter la sua tesserina, sbooom 5 minuti e lo mettiamo su youtube. Alla faccia delle privacy.
L’unica telecamera che c’è agli sportelli, è quella messa dal truffatore per riprenderti mentre “digiti il pin avendo cura di non essere vista da nessuno”, solo ripresa da lui. Chissà se mi ha davvero ripresa mentre, con il mio faccione perplesso cercavo di scardinare la fessura di inserimento tessera, senza perlatro riuscirci. O quando, da vera fessa, ho digitato il pin senza coprirlo con le mano, o con il portafoglio come ti diceva la mamma? Non è che ci finisco io su youtube? Gli avrò strappato anche una risata, mentre loro ti hanno strappato 500 euro.

Vai al capitolo 3.

Trilogia di un bancomat – capitolo 1

Posted on Marzo 17, 2011 by randagia

Il dono dell’ubiquità? Il mio bancomat ce l’ha


Prelevo al bancomat, “Buongiorno NOME COGMONE!”, mi scrive lo sportello. Cosa che già di suo mi irrita: lo so come mi chiamo, che bisogno c’è di spararlo a lettere cubitali sul monitor? Per presentarmi al tizio dietro di me in coda?

“Digiti il codice avendo cura di non essere vista da nessuno”. Che tanto glielo leggono in altro modo, potrebbero aggiungere. Codice, importo, soldi, ricevuta. Ritiro tessera. E’ stranino questo sportello: appiccica di colla… vuoi vedere che? Ma ormai è fatta. C’è una tizia in coda, condivido con lei le mie perplessità, e lei giustamente non preleva più. E’ venerdì, sono le 19 passate, la banca è chiusa. Vorrei chiamare e segnalare la cosa. Ma l’unico numero verde che c’è è quello per il blocco carte. Chiamo loro. Spiego a situazione, e mi dicono “Ok, ma lei vuole bloccare la carta?” No, non la voglio bloccare voglio solo sapere se sono paranoica tu, come stai pensando tu, caro omino del numero verde, o se veramente lo sportello è stato manomesso. Tanto a me ormai, se dovevano ciularmi mi han ciulata, ma magari altri se lo evitano, eh? “Signora, la sua generosità è encomiabile, ma noi… ” La mia generosità forse non è encomiabile, ma la vostra coglionaggine è da premio nobel. Torno a casa, internet, numero verde Sanpaolo. Chiudevano alle 18, e non sbattiamoci a dare un’alternativa. Fanculo, 113. Segnalo. Controllano. Va bene. Mi abbiocco e non richiamo per sapere se hanno trovato qualcosa. Pirla io, lo so.
Il giorno dopo uso il bancomat per fare il pieno, o per lo meno ci provo. Transazione negata. E la ragazza alla cassa “Anche a me succede di spendere più di quello che credo”. Già a te, ma a me no, e quando anche tu avrai un mutuo, forse non ti succederà più. Chiamo la banca, recito codici fiscali e numeri di conto passando da un semaforo all’altro. Fermarsi mai. “No signorina tutto a posto, l’ultimo movimento è quello che le risulta, sarà stato un problema del benzinaio” . Chiamo, scusandomi, il 113 che verifica: la mia segnalazione dell’altro giorno si è rivelata un falso allarme. Coincidenze. Vabbe’ stai serena.

Pizzeria. 18 euro, per sfizio paghi col bancomat. Transazione negata. Minchia. Alle coincidenze ci credo una volta, non due. Non può essere un caso. Casa. Internet. Conto online. Due prelievi in Francia, il 5 e il 6 marzo, ieri e l’altro ieri. Fanculo il 113 e la banca. Blocco la carta. Poi chiamo il SanPaolo:
Io: “Buongiorno, ho già bloccato il bancomat al numero verde 800. Vorrei segnalarvi un problema con un vostro sportello bancomat da cui ho prelevato: mi hanno clonato la carta”
Bella signorina della banca: “Si può recare in filiale lunedì con la denuncia e compilare i moduli per riavere i soldi, perchè se li può riavere, perché rinunciarci ? ”
Io: “Guardi, rinunciarci non mi era neanche passato per l’anticamera del cervello. Il punto è che da qui a lunedì gli altri poveri che hanno prelevato a quello sportello e magari non hanno controllato… magari non l’hanno bloccata…”
Bella signorina della banca: “Lunedì, lei portì la denuncia..”
Io: “Signorina, ho il massimo rispetto per lei, e capisco che non le compete: posso parlare con un suo responsabile per cortesia ?” (Il tutto in tono gentile e calmo, che tanta fatica m’è costato.)
Bella signorina della banca: “No, non ci sono i responsabili adesso, siamo solo noi operatori.”
Io: “Ekkekazzo al sabato sera i responsabili se la spassano tutti ?” (mmh, forse sei stata meno calma qui..)
Bella signorina della banca: “Le cerco subito il mio responsabile…”
Responsabile: “Buongiorno. Vuole segnalarci un problema?”
E segnaliamo. A caratteri cubitali. Un’altra volta. Riracconto la solfa, chiedo che informino, come peraltro mi era già successo in un’altra occasione, tutti i clienti che hanno prelevato a quello sportello nel periodo incriminato. E dio solo sa se lo faranno. E ti chiedi perchè l’altra volta ti avevano chiamata subito, e adesso niente.
Ma dico, è possibile che son qui, in un benedetto sportello fuori orario banca e non ci sia nessun benedetto modo di segnalare all’ordine preposto, organo preposto, o insomma a chiunque ci possa fare qualcosa, che c’è qualcosa che non va? Non esiste il numero verde della banca? Forse esisteva un citofono che non ho visto? Forse il numero c’era su un adesivo che è sbiadito? Forse mentre mettevano lo sportello falso hanno tolto l’adesivo vero? E poi che denuncia faccio? Vai dai carabinieri a dire “Ho fatto segnalazione alla polizia ma loro mi hanno detto falso allarme?” Vado dalla polizia a dire “Falso allarmega: falso allarme una sega”? O vado semplicemente dichiarando che ci sono stati dei prelievi all’estero con il mio bancomat mentre come si può ben vedere io sono a Torino, accompagnata dal mio bancomat?
Mi fa rabbia. Primo, mi fa rabbia non aver saputo che numero chiamare, che cosa fare per capire se il bancomat fosse stato manomesso oppure no. Subito, non a distanza di giorni. Secondo, mi fa rabbia perché mi chiedo che razza di verifiche faccia la polizia per dirmi “falso allarme”? Siamo sicuri che considerino le nostre segnalazioni e non si limitino a fare un click sul pc, senza verificare mai niente, senza avvisare nessuno? Terzo, mi fa rabbia che potrebbe davvero essere stata una coincidenza, il bancomat potrebbe essere stato clonato in altro modo, ma non mi è dato sapere fino a lunedì, se va bene.

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